Società | internazionale 2023

Colonialismo

La Palestina e il tradimento del mondo. Nel trentesimo anniversario degli accordi di Oslo la giornalista israeliana Amira Hass al Festival di Internazionale a Ferrara.
Palestine war
Foto: PRC
  • È un’edizione particolarmente attesa, quella del Festival di Internazionale a Ferrara di quest’anno. La celebre rivista diretta da Giovanni De Mauro compie infatti 30 anni dalla sua fondazione. 

    A questo proposito, 30 parole per 30 anni di notizie da tutto il mondo, rappresenta il nuovo format che ha caratterizzato la diciassettesima edizione della kermesse.

    Ma a compiere trent’anni è anche la storica stretta di mano tra Rabin e Arafat che ha sancito la nascita degli accordi di Oslo, che avrebbero dovuto, sulla carta, avviare un processo per mettere la parola fine al conflitto tra israeliani e palestinesi.

    Sebbene in queste tre decadi, Israele ha continuamente sostenuto di favorire il processo di pace, le azioni dello stato ebraico hanno dimostrato che quello in corso non è un conflitto tra due popoli o tra due religioni, bensì un’autentica impresa coloniale. 

  • La riduzione del territorio palestinese negli anni:: Tutte le aree di pertinenza palestinese sono sottoposte a una dura occupazione militare Foto: SALTO
  • Colonialismo è proprio la parola scelta dalla giornalista israeliana Amira Hass per l’incontro che ha aperto la prima giornata del Festival. Penna storica di Internazionale, Hass è  conosciuta principalmente per aver raccontato negli ultimi decenni, oggi dalle pagine del quotidiano israeliano Haaretz, le violenze contro i palestinesi nei territori occupati.

  • Amira Hass sugli accordi di Oslo:: Un successo israeliano pianificato per portare avanti la propria impresa coloniale Foto: Amira Hass
  • “All’inizio della seconda Intifada era chiaro che le speranze che avevano accompagnato gli accordi di Oslo si erano arenate definitivamente. Da un punto di vista israeliano quegli accordi sono stati tuttavia un successo. Tutto è stato pianificato per portare alla situazione attuale”.

    Per la giornalista, l’unica israeliana di religione ebraica a vivere nei territori palestinesi, la creazione di enclavi palestinesi è stata un compromesso interno israeliano allo scopo di far sparire i palestinesi senza espellerli, traendone nel frattempo grandi profitti, soprattutto in campo militare, trasformando la Cisgiordania e Gaza in un laboratorio di sperimentazione umana.

  • Invisibilizzati

    L’analisi di Hass parte dal villaggio in cui vive, quello di Al Bireh, alle porte di Ramallah, sede dell’Autorità Palestinese.

    Da oltre un anno la strada che attraversa il suo villaggio sta molti lavori per allargarla, al fine di far fronte al traffico. Ogni giorno quella strada viene usata da decine di migliaia di palestinesi e da qualche migliaia di israeliani che vivono nella colonia vicina, illegale per il diritto internazionale, costruita sulle terre confiscata alla popolazione palestinese, oltre che dai militari che prestano servizio nei territori occupati.

    Ormai non si sforzano nemmeno più di nascondere quella che è una realtà riconosciuta

    “Pochi giorni fa ho notato che il cartello lungo la strada dove che avvertiva gli automobilisti della fine del cantiere era scritto solo in ebraico. È una cosa che mi ha fatto arrabbiare ma non mi ha sorpreso perchè rispecchia quanto sta accadendo in Cisgiordania”. 
    C’è un dipartimento del Ministro dei trasporti israeliani responsabile per la gestione dei cartelli nei territori occupati. Ognuno di essi indica il nome delle colonie, comprese quelle non autorizzate e quindi illegali per lo stesso governo israeliano, mentre i villaggi palestinesi non sono mai menzionati, nemmeno quello in cui vive Hass nonostante ci abitino oltre 50 mila persone.

    “Ormai non si sforzano nemmeno più di nascondere quella che è una realtà riconosciuta. Questi cartelli israeliani vogliono dimostrare che i palestinesi sono superflui e pertanto non devono essere contati”, dice la giornalista.

  • Colonialismo:: Secondo i dati nelle Nazioni Unite, durante il primo trimestre del 2023, 290 edifici palestinesi sono stati demoliti o sequestrati nei territori occupati, lasciando senza casa 413 persone Foto: SALTO
  • Emblematici sono i report prodotti dall’Ufficio centrale di statistica israeliano. 
    L’ultimo di questi afferma che in Israele vivano 9 milioni di israeliani. Una cifra che include anche i 700 mila coloni israeliani, 200 mila dei quali solo nella Gerusalemme Est, che vivono nei territori occupati.

    “Questa statistica  prende in considerazione tutto il territorio della Palestina storica, sia i territori di Israele che della Cisgiordania, ma i palestinesi che vivono in Cisgiordania e i Palestinesi di Gaza non vengono inclusi nel conteggio. Stiamo parlando di 5 milioni di persone fatte sparire dai calcoli dell'ufficio statistico israeliano. Le attività economiche vengono invece incluse, comprese le esportazioni redditizie e le tecnologie militari sperimentate su cavie umane”. 

  • (c) Amnesty International

  • Hass cita un caso di un’anziana coppia che segue da molti anni, proprietaria di un piccolo appezzamento di terra coltivata. A seconda della giornata le autorità israeliane decidono se questo territorio si trova a nord o a sud della Cisgiordania, a est o a ovest del muro. A seconda della decisione, le autorità decidono di concedere o meno il permesso per raggiungere il terreno. “Un terreno – specifica Hass – che esiste prima dell'occupazione israeliana della Cisgiordania del 1967 e del muro illegale del 2002. Queste due persone non sono comprese nei calcoli israeliani. Diventano visibili solo quando i funzionari e burocrati israeliani decidono di torturarli, per poi tornare nuovamente eliminabili”.

  • Il colonialismo dei coloni

    Il tipo di colonialismo che sta interessando i territori palestinesi occupati, secondo Hass deve essere contestualizzato: “Non si tratta di una semplice migrazione di persone che vanno a confondersi all’interno di una popolazione. Si parla di determinati gruppi, e sempre più europei, che hanno deciso di insediarsi in un area geografia lontana cacciando la popolazione esistente e creando una struttura politica istituzionale per escludere la popolazione originaria, sia fisica, attraverso stragi di massa, sia attraverso lo scalzamento di queste persone dalle loro terre”

    Ai tempi di Oslo, anche grazie a un forte movimento di pace israeliano, c'era la speranza che Israele fosse pronto a sganciarsi dal colonialismo degli insediamenti, almeno nelle aree occupate dal ‘67. Per tutti era chiaro, ricorda Hass, che la via d'uscita fosse la creazione di uno stato palestinese, sebbene lasciasse irrisolta la questione legata ai profughi del ‘48, i discendenti delle oltre 700 mila persone sfollate o trucidate dalle milizie ebraiche, che reclamavano, e reclamano tuttora, il diritto al ritorno nelle proprie terre.

    In qualsiasi momento i soldati possono arrivare e chiudere bloccare la mobilità di villaggi e di intere enclavi

    “Quello che è successo è stato il contrario. Il colonialismo degli insediamenti, i muri di separazione e il controllo della popolazione hanno creato sacche di territori palestinesi scollegate l’una dall’altra. In qualsiasi momento i soldati possono arrivare e chiudere bloccare la mobilità di villaggi e di intere enclavi”. L’esempio più emblematico è quello della striscia di Gaza, con oltre 2 milioni di persone sotto assedio dal 2007.

    Per Hass si tratta di una strategia pianificata da parte delle autorità israeliane e di una parte crescente di coloni: “Sapevano come usare Oslo per ampliare il controllo sui territori occupati. I coloni avevano creato più di 100 insediamenti negli ultimi 15 anni utilizzando la violenza diretta contro i palestinesi. Una violenza mirata per bandirli dal loro territorio dove le autorità non sono riusciti”.

  • Per la giornalista è troppo riduttivo parlare di “apartheid”. Se confrontata al caso sudafricano emergono delle differenze sostanziali: “In un regime di apartheid gli indigeni hanno un ruolo, nonostante siano considerati inferiori. Nel colonialismo degli insediamenti si eliminano le persone. Il colonialismo israeliano è pericoloso e il partito dominante sta parlando di una soluzione finale. Il tradimento del mondo è inimmaginabile e questo – conclude Hass – non lo possiamo più ignorare”.

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Peter Gasser Sab, 11/11/2023 - 10:39

Das Foto „La riduzione del territorio palestinese negli anni“ entspricht NICHT der historischen Wirklichkeit und erscheint in seiner bildlichen Aussage in hohem Maße manipulativ.
Stammt die Aussage „... quello in corso non è un conflitto tra due popoli o tra due religioni, bensì un’autentica impresa coloniale“ als Werturteil von der Autorin oder von der Veranstaltung?
Das erschliesst sich dem Leser nicht, ist aber von elementarer Bedeutung.
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(2008 war Amira Hass nach Todesdrohungen, die sie von Hamas-Funktionären erhalten hatte, aus dem Gazastreifen geflüchtet)

Sab, 11/11/2023 - 10:39 Collegamento permanente
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Salto User
Manfred Gasser Sab, 11/11/2023 - 12:57

"Das Foto „La riduzione del territorio palestinese negli anni“ entspricht NICHT der historischen Wirklichkeit und erscheint in seiner bildlichen Aussage in hohem Maße manipulativ" Ist das Ihre Einschätzung, oder können Sie diese Aussage auch belegen?
Und die Kolonialisierung läuft schon seit gut 70 Jahren, egal von wem die Aussage stammt.

Sab, 11/11/2023 - 12:57 Collegamento permanente
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Peter Gasser Sab, 11/11/2023 - 15:05

In risposta a di Manfred Gasser

1. Satz: man muss da konkret zwischen Palästina als Gebiet und Palästina als Staat unterscheiden, und in diesem Sinne sind die abgebildeten Karten faktisch falsch.
2. Satz: wenn Sie von „Kolonialisierung“ in diesem gesamten Gebiet seit der Gründung Israels sprechen, lehnen Sie dann das Existenzrecht des Staates Israels ab?

Sab, 11/11/2023 - 15:05 Collegamento permanente