Cultura | Musica Contemporanea

"...come un grido nella notte."

Il Quartetto Alma Chordae presenta un programma dedicato interamente a compositrici. SALTO intervista il primo violino, Silvia Mandolini.
silvia mandolini, violinista
Foto: Fondazione Gioventù Musicale d'Italia
  • SALTO: Dal 2008 lei è violinista stabile al Teatro Comunale di Bologna. Oltre che in orchestra suona da solista e in formazioni cameristiche in prestigiosi Festival internazionali. Il suo repertorio spazia dal dal barocco al contemporaneo. Ha suonato anche per la colonna sonora di Pane e Tulipani di Silvio Soldini. La musica le piace tutta? 


    Silvia Mandolini: Mi sono avvicinata già nell'adolescenza alla musica contemporanea, suonando la musica degli allievi di composizione del conservatorio, fino ad essere a mio agio con i linguaggi contemporanei, senza frontiere con il mondo classico ma una semplice estensione del repertorio tradizionalmente studiato nelle classi di violino. Ho sempre cercato il volto espressivo di ogni effetto, ogni frase tratta dalla musica d'avanguardia esattamente come abborderei qualsiasi pagina di musica romantica . Negli stessi anni, l'amicizia con un clavicembalista del conservatorio mi ha fatto navigare sulle onde dello splendore del barocco, approfondendone lo stile, l'articolazione, l'abbandono agli ori del fraseggio. Parallelamente, i primi lavori da giovani studenti ci portavano negli studi di registrazione, per la pubblicità, musiche da film, musica pop, e semplicemente cambiare atmosfera era molto eccitante, l'atmosfera degli studi, il clima così diverso da quello delle prove d'orchestra.

     

    Oltre alla musica cercavo la vita attraverso il lavoro.

     

    La mia amicizia con i compositori mi ha fatto scoprire l'elettroacustica, che ho studiato per un anno, con Yves Daoust. Ero anche molto attratta dal teatro: nello stesso edificio del conservatorio di musica si trovavano anche i locali del Conservatoire d'Art dramatique, e sognando, sbirciavo dagli oblò per vederne le prove. Stringendo amicizia con alcuni allievi di arte drammatica, mio fratello ed io siamo stati chiamati a suonare dal vivo per un intero spettacolo di fine anno, truccati e costumati, un'avventura esaltante, profondamente bella ed entusiasmante, facendoci provare l'ebbrezza dell'universo della scena, con un repertorio a cavallo fra il classico e il pop. Senza avere le conoscenze teoriche sufficienti per eseguire veramente il jazz, nel filo degli incontri ho potuto suonare con degli strumentisti alcuni standard, improvvisando, cominciando i primi lavori nei ristoranti per i brunch dominicali, proseguendo come musicista di strada, conoscendo così una panoplia di persone e un pubblico divertito ma sempre attento. Oltre alla musica cercavo la vita attraverso il lavoro, la musica in tutte le sue forme per vivere emozioni con altri artisti di molteplici ambienti, e così potermi esprimere, con il violino e con tutti i linguaggi e con un pubblico diverso.

     

    Ogni esperienza musicale è come la pagina di una diario.

     

    Ricordo una sera in cui fu magico per me eseguire brani contemporanei per violino solo, molto seri, in un bar affumicato di Montreal, nei primi anni '90, per un pubblico con birra in mano e che gridava "yeah" invece del classico applauso. Infine, la mia casa è il golfo mistico: da ragazza mi faceva sognare la musica per il balletto, una musica bella, sognante e decadente, e recandomi ad ammirare Les Gands Ballets Canadiens, da lassù nel loggione sognavo di tuffarmi nella buca, sognavo questo mestiere. Ogni esperienza musicale è come la pagina di una diario, del nostro romanzo, ed avvicinarsi al tango, al pop, al teatro è il puro sprigionamento espressivo, che è necessario e vitale, donare. La collaborazione con alcune coreografe mi ha permessa di esplorare il palcoscenico fondendomi con il linguaggio della danza contemporanea, un prolungamento del violino, e vice versa. Come interprete mi piace sperimentare tutte le esigenze richieste, offrendo una tavolozza di possibilità attraverso tecniche e linguaggi, per poi tornare alla mia formazione di violinista classica all'interno dell'orchestra, il mio mondo. Si, la musica mi piace tutta! E tutti i palcoscenici mi piacciono: è stato anche molto divertente suonare nella metropolitana con mio fratello, negli anni della gioventù!

  • Franco Donatoni: 9 giugno 1927 - 17 agosto 2000. Insieme a Berio, è considerato il compositore italiano più importante della sua generazione. E' stato anche docente di talento che ha ispirato nuove generazioni di musicisti. Foto: Schott Music International
  • In una bella intervista per Sentire/Ascoltare dopo una sua performance solistica per il Festival Angelica, a chi le chiedeva quali fossero i compositori del 900 che prediligeva, termina la sua risposta così: “Donatoni, invece, ha un posto davvero speciale nella vita di molti musicisti, forte, essenziale, ludico… Universale”. Ci può offrire un suo ricordo di questo grande compositore e didatta, scomparso nel 2000?

    Ero a Milano da pochi mesi, nel 1995. Stavo studiando Argot, per violino solo. Il mio maestro Daniele Gay mi suggerì di incontrare Franco Donatoni. Non mi sembrava vero, incontrare il grande Donatoni! Mi sembrava un sogno, potere vedere una leggenda, che aveva fatto la storia della musica contemporanea, una personalità così intrigante, così aneddotica, il compositore di una musica così autentica.  Mi reco in piazza Piola, dove si trovava lo studio del Maestro. Ero terrorizzata. Suono il campanello, mi apre un gigante. Mi parve  burbero e severo. Mi pento di essere lì. "Come farò a suonare" pensavo. "Sarà delusissimo, perché sono venuta quì!" 

     

    Argot due pezzi per violino solo mi ha accompagnata tutta la vita.

     

    Mi fa entrare. Subito il mio sguardo si pone sulla collezione di cappelli, tutti appesi ai muri di ogni stanza, che riempivano totalmente le pareti, dal pavimento al soffitto, anche in cucina. "Ti piacciono i cappelli?" mi chiede. Me ne mostra uno, immerso fra un'infinità di altri esemplari: " Questo l'ho trovato in Canada", disse molto soddisfatto. All'ingresso un'eccezione: una piccola collezioni di armi. "Vuoi un caffè?" Per guadagnare tempo acconsento. Riempie la tazzina fino al bordo, debordante, bollente. "Vuoi una sigaretta?" E così poco a poco mi tranquillizzo. Era Donatoni, del quale si parlava così tanto quando ero a Montreal, terribile e dolce allo stesso tempo. Ho finalmente suonato per lui, ero tesissima ed impaurita. Eseguo per lui il suo pezzo, Argot. Di quel pomeriggio memorabile ricordo la sua contentezza, la sua personalità, le sue conversazioni amabili, buffe, tinte di una tenera follia. Una fortuna averlo conosciuto, anche così brevemente. L'ho poi rivisto diverse volte, anche per avere suonato la sua musica con il Tactus Ensemble al Musikverein per il festival Wien Modern, successivamente a Siena. Ho continuato ad approfondire il suo pensiero e linguaggio attraverso l'amicizia con il compositore Giorgio Magnanensi, che fu suo allievo e suo assistente, nonché prezioso messaggero dell' universo donatoniano. Argot due pezzi per violino solo mi ha accompagnata tutta la vita.

  • Jessie Montgomery: “Una delle voci più originali e comunicative degli Stati Uniti, sia come interprete che come creatore.” BBC. Foto: Jiyang Chen
  • Per il Festival di Bolzano suonerete musiche di alcune tra le più affermate compositrici dei nostri tempi, Jessie Montgomery, Ana Sokolovic, Kayja Saariaho, Sofia Gubaidulina e Carolin Shaw. Quale progetto / proposito è all’origine di questo programma? Vi è un filo rosso che collega queste musiche, o piuttosto sono composizioni esemplari di una pluralità di poetiche?

    Il bellissimo programma del nostro concerto è stato suggerito, quasi interamente, da Hubert Stuppner, per un concerto che ha voluto dedicare alla creazione femminile. Pur avendo la libertà di scelta, il direttore del festival ha avuto l'acutezza di individuare creatrici che rappresentano il nostro tempo e il linguaggio di oggi, e con naturalezza le compositrici statunitense Caroline Shaw et Jessie Montgomery si sono distinte nella fasi della scelta. Non solo per rendere loro omaggio sono presenti opere di Gubaidulina e Saariaho ma bensì per il profondo piacere, da un lato, di immergersi nel delicato e segreto mondo onirico di Neiges, uno scrigno dove si evolvono le caratteristiche stilistiche della compositrice finlandese, in una breve pagina, quasi un cameo, mentre indispensabile  s'impone l'opera di Sofia Gubaidulina, una voce di grande intensità che rappresenta il nostro grande mondo classico. Il suo canto vibrante, intimo ed espressivo, parla di ieri, di oggi. Le sue frasi sono silenzi che si strappano come un grido nella notte, sussurri e preghiera. Abbiamo infine scelto Ana Sokolovic, a completare il programma. La compositrice serba, nata a Belgrado nel 1968, immigrata a Montreal negli anni della guerra dei Balcani e naturalizzata canadese si sta diffondendo sempre di più in Europa e nel mondo, motivo per il quale abbiamo proposto di inserire le sue musiche per questo concerto. Anche in questo caso, si tratta di un linguaggio fortemente originale, concreto e sensibile, che trae il suo materiale dalla cultura slava la cui cornice è rigorosamente contemporanea. Mio fratello Marco Mandolini ed io eseguimmo a Bolzano nel 2002,  il suo duo Ambient V per il festival, che valse alla Sokolovic elogi dalla stampa, considerando la sua forza creatrice alla pari di quella di Sofia Gubaidulina. 

    Senza avere seguito un filo conduttore a priori, abbandonandosi semplicemente alla bellezza delle partiture alla base della scelta, il programma si delinea fra delicatezza, poesia, radici. Ogni opera ha la sua voce, il suo messaggio, la sua malinconia, la sua risoluzione. Un vero viaggio dentro di sé, guardando il cielo.

     

    E’ annunciato anche una composizione, in prima assoluta, di una affermata compositrice sudtirolese, Helga Plankensteiner…

    A malincuore non potremo eseguire la creazione di Helga Plankensteiner, ma alla prima possibile occasione sarà un grande piacere e un onore riprogrammare la sua musica, che presenta sfide per i musicisti classici, allargando gli orizzonti agli interpreti, fra stile, ritmo, improvvisazione. Un'occasione di superarsi, abbattendo le frontiere,  in un nuovo incontro musicale, presto spero!

  • Alma Chordae: quattro musicisti di valore internazionale, nell’aula magna della UNIbz propongono pagine della più bella musica contemporanea. Foto: Archivio Silvia Mandolini
  • Entr’acte di Carolin Shaw è stata eseguita in aprile a Bolzano da Danish String Quartet, nella versione orchestrale sarà prossimamente interpretata dall’orchestra Haydn. Alma Chordae propone una sua composizione del 2016, Forst Essay-Nimrod. Una pluralità di esecuzioni rara. Ci propone 4 aggettivi per la musica di Carolin Shaw?


    Caroline Shaw... ancora grazie a Hubert Stuppner per il suo suggerimento, per questa musica che in quattro parole vorrei definire così: luminosità, leggiadria, redenzione, intelligenza. Un bell'incontro con la pura bellezza, con la chiarezza, musica cristallina, di un ottimismo intimo.
     

    Suo fratello Marco è primo violino della Haydn. Avete iniziato gli studi nella vostra città natale, Montreal. Avete solo un paio d’anni di differenza. In casa lo studio dello stesso strumento aveva i toni della sfida o piuttosto della complicità tra fratelli?

    Nessuna sfida! Supporto fraterno per tutti i lunghi anni di studio, stesse scuole, stessi amici, stessi maestri... abbiamo suonato tanto, tantissimo insieme, pure cantando canzoni dei Beatles intorno ai focolari, e sempre suonando senza protestare per i parenti o amici dei parenti quando ci chiedevano di suonare qualcosa...  In pochi istanti potevamo improvvisare un concerto, conoscendo anche a memoria diversi brani. I duetti di Bartòk ci hanno accompagnato tutta la vita. 

     

    Avevo molti interessi, ero appassionata di cinema, letteratura, teatro, amavo scrivere, non volevo veramente essere musicista, mi disperdevo in una miriade di desideri.

     

    Era giocare e suonare. Non c'era veramente competizione in quanto Marco è sempre stato molto serio e concentrato, aveva sin da piccolo la vocazione per la musica, mentre per me, la passione per lo studio è arrivata poco a poco, strada facendo, avevo molti interessi, ero appassionata di cinema, letteratura, teatro, amavo scrivere, non volevo veramente essere musicista, mi disperdevo in una miriade di desideri, e quindi credo di non essere stata competitiva, neppure lo sono stata, se la memoria non m'inganna, con i compagni di classe. Anzi, mio fratello era una sicurezza, una forza, un aiuto costante in quegli anni difficili del conservatorio. Ero spesso scoraggiata e lui mi consolava, Era un'ispirazione! Eravamo tutti sempre fieri di lui. 

    Marco mi ha insegnato molto, e, ripeto, fonte d'ispirazione che ancora oggi si manifesta. E quanti, quanti concerti fatti insieme, quanti aneddoti oltre a due bellissimi anni in quartetto in cui abbiamo suonato il quartetto di Debussy, fra le altre cose, vivendo giornate indimenticabili, fra risate e duro lavoro. I nostri fitti ricordi di una vita intensa ci hanno fatto fratelli complici. Abbiamo un fratello maggiore, Carlo, che aveva suonato violoncello nell'infanzia e successivamente la chitarra, cosa che rese possibile nostre esibizioni per la famiglia durante le vacanze italiane a Roma e negli Abbruzzi. In un pomeriggio romano abbiamo suonato in piazza del Pantheon, una folla contenta si riunì intorno a noi. Ma poi, un poliziotto sorridente ci costrinse a smettere, provocando fischi e disapprovazione che provenivano dall'alto, dalle finestre sopra alla piazza, da dove ci guardavano ed applaudivano cittadini allegri. Un magico ricordo nella dolce aria d'estate. 

    La complicità ha trovato le sue radici in un contesto veramente unico, singolare, il Conservatorio, le stesse esperienze musicali sin dall'nfanzia, il coro nelle Scuole medie con il quale abbiamo cantato per molti anni, la nostra famiglia tanto amata, lontana, in Italia... La musica era come un quarto fratello di famiglia, e tutto si è svolto con disinvoltura. E molte risate!

     

    Pensa con Dostoevskij che “la bellezza salverà il mondo?”

    Ho pensato molte volte alla pace che porta un'opera d'arte in un ambiente, in una situazione. L'arte, o bellezza, unisce, riunisce, cambia tutto. Che sia il perfetto dialogo di un film, che possiamo ricordare e ripeterci per il puro piacere, come i versi di una poesia, o la presenza della musica quando appare improvvisamente inondando il nostro stato d'animo. Invadendolo d'amore universale. Tutto questo ci trasforma. La bellezza ci invita all'abbandono, come la profondità dello sguardo immerso nel kaleidoscopio, mentre la realtà si confonde con le rive del sogno. 

     

    La bellezza salverà il mondo, e più volte siamo già stati salvati.

     

    Nella nostalgia che provoca la bellezza, ritorniamo alla nostra coscienza, alle parole non dette, o dette male, all'amore che vorremmo dare infinitamente ma che spesso l'impotenza riempie di silenzi. Qualche volta invece riusciamo, e nell'intimo dello stato di grazia tutto si sprigiona in una chiarezza nuova, e fresca, dove capiamo, una volta ancora, che non c'è altro motivo durante questa nostra vita che dare amore, amare. La bellezza salverà il mondo, e più volte siamo già stati salvati, forse, riuniti da una canzone, da un quadro di Caravaggio, uniti nello stupore e dalle emozioni. E incontrando il bello, lo vorremmo sempre rapire per un istante d'eternità, come dice Prévert, per donarlo a chi amiamo. A volte non è possibile, o non ancora possibile, e la speranza diventa creazione.

  • sabato 4.10 ore 18.00 - Festival di musica contemporanea

     

    Quartetto Alma Chordae

    Silvia Mandolini, violino

    Alessandro Bonetti, violino

    Corrado Carnevali, viola

    Matteo Tabbia, violoncello

    musiche di Jessie Montgomery, Ana Sokolovic, Kayja Saariaho, Sofia Gubaidulina e Carolin Shaw.

     

    Bolzano, Aula magna dell’Università