Cultura | Dal blog di Gustavo Corni

Il 2 giugno fra passato e presente

Ripensare al 2 giugno, festa di fondazione della nostra repubblica democratica, è un dovere nella crisi attuale.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
kuh5.jpg
Foto: Pixabay/Pexels bearbeitet

Il 2 giugno 1946 iniziava il percorso della repubblica democratica in Italia, dopo vent’anni di dittatura e una guerra che aveva lasciato una scia di sangue e di tensioni. In quel giorno la popolazione maggiorenne, donne comprese (che votavano per la prima volta), espresse la propria volontà su due aspetti cruciali del futuro della nazione. In primo luogo, quale doveva essere l’assetto istituzionale dell’Italia: doveva rimanere la monarchia, profondamente compromesso nei suoi rapporti con il fascismo, nonostante l’abdicazione del re Vittorio Emanuele III in favore del figlio, Luogotenente Umberto? O doveva diventare una repubblica? Non era una scelta scontata – come può sembrarci oggi. In fondo da secoli gli stati della penisola, e poi quello unitario dopo il 1861, avevano conosciuto solo la monarchia come istituzione. In effetti i voti a favore della repubblica furono in tutto 12 718 641 (54,3%), superando quelli espressi a favore della monarchia (45,7%) di appena due milioni. Nel Sud e nelle isole maggiori prevalse nettamente la scelta monarchica, con una percentuale di voto del 63,8%.

La seconda scelta che i cittadini/elettori (ricordiamo: non si votava più dal 1924) presero fu di eleggere i rappresentanti all’Assemblea costituente, che doveva stilare il testo della nuova costituzione. Nei mesi seguenti gli eletti, che appartenevano ai principali partiti antifascisti, ma anche a partiti di destra come “L’Uomo qualunque”, diedero vita, con un dibattito intenso ma improntato a uno spirito costruttivo nonostante le profonde differenze ideologiche, a un testo costituzionale che ancora oggi determina le linee principali della nostra vita collettiva, nonostante le critiche ricorrenti, e ora ancora più forti.

Per questi motivi, importanti credo, il 2 giugno è festa nazionale. E’ il momento di fondazione della nostra vita repubblicana e democratica. La domanda che dobbiamo porci è cosa significhi oggi questa ricorrenza per i giovani, che magari considerano la storia una materia noiosa e che sicuramente soffrono gravi problemi di lavoro e non vedono prospettive per il proprio futuro. Ma potremmo anche chiederci quale sia la visione che del 2 giugno hanno gli abitanti della provincia di Bolzano. Sono passati molti anni da quando i conflitti etnici in Alto Adige/Sudtirolo avevano suscitato profonde tensioni, fino alle “bombe”. Da allora la situazione nella provincia si è stabilizzata grazie a uno statuto di autonomia esemplare su scala europea. Ma mi chiedo sinceramente (non ho una risposta, per cui la domanda non è retorica!) quanto in profondità l’idea della repubblica democratica sia entrata nelle generazioni più giovani, nei ragazzi e nelle ragazze di madrelingua italiana, tedesca e ladina. Cosa pensano della repubblica? Cosa sanno della democrazia, del difficile percorso che il 2 giugno 1946 è sfociato nella duplice scelta della repubblica e della sua costituzione? Credono in essa? Ci sono differenze, nella percezione del significato di questa data commemorativa fra Bolzano e - che so – Viterbo? In altre parole, la questione altoatesina/sudtirolese rappresenta oggi ancora, come venti o trenta anni fa, una discriminante? Pongo il quesito a chi insegna, a chi ha a che fare tutti i giovani con i nostri ragazzi, perché mi sembra un quesito tutt’altro che inutile, in considerazione soprattutto dell’attuale profonda crisi delle istituzioni. Sono anche consapevole che spetta a noi, più grandi e vecchi, assumerci la responsabilità di rimettere al centro della formazione, dell’educazione dei futuri cittadini, qualunque sia la loro lingua materna, i valori che a partire dal 2 giugno 1946 sono entrati nella nostra carta costituzionale.