L’esito del voto del 4 marzo, le trattative per la formazione del governo, l’impasse tra i partiti della nascente coalizione tra M5S e Lega da un lato e il Capo dello Stato dall’altro e la soluzione della crisi con la nascita del governo Conte rappresentano il punto di caduta più basso della storia d’Italia dal 1948 a oggi. Come ci si è arrivati?
Dopo essersi ferocemente insultati per anni, e dopo che per anni il M5S aveva ripetuto fino allo sfinimento che mai e poi mai sarebbe entrato in una coalizione con chicchessia, i due partiti usciti vincitori dalla tornata elettorale hanno deposto la clava di guerra per contrattare un programma di legislatura che prevede, per citare i punti più dirimenti, l’abolizione della legge Fornero, il reddito di cittadinanza, la “pace fiscale” (cioè un maxi-condono) e la flat tax (l’intesa prevede anche l’affidamento del Ministero dell’Interno a Matteo Salvini e dobbiamo dedurre che per i dirigenti grillini la xenofobia sia una pianta grassa del Borneo orientale). Anche volendo sorvolare sulla grottesca incongruenza di indirizzo politico generale dell’accordo (le prime due misure citate sono a sostegno dei ceti più deboli, mentre le ultime due rappresentano un regalo ai ceti più ricchi e agli evasori fiscali così sfacciato che Margaret Thatcher al confronto era Robin Hood), le stime dei costi complessivi dell’operazione raggiungono i 125 miliardi di Euro. Da finanziare come? Battendo i pugni sul tavolo dei negoziati con i partner europei. Rinegoziando le soglie massime di deficit di bilancio. Dilatando le scadenze dei titoli di stato. E nel caso non funzionasse: alabarda spaziale!
Stiamo parlando, né più né meno, di una rivoluzione globale del modo di produzione capitalistico
È innegabile che l’intero meccanismo di finanziamento degli Stati mediante emissione di buoni del tesoro, i cui interessi salgono e scendono a seconda che le politiche dei governi eletti a suffragio universale trovino o meno l’apprezzamento degli investitori privati, favorisca la speculazione finanziaria a scapito degli interessi della collettività. Ma è altrettanto evidente che si tratta di uno dei capisaldi del libero mercato i cui meccanismi basilari non si possono superare se non superando il libero mercato in sé. Stiamo parlando, né più né meno, di una rivoluzione globale del modo di produzione capitalistico. Poiché a eccezione dei pochi pensatori marxisti sopravvissuti alle purghe ideologiche del pensiero unico liberale e liberista nessuno, e tantomeno l’intellighenzia paleolitica pentastellata e leghista, considera questa prospettiva anche solo degna di essere discussa, e poiché la nascita di un modo di produzione post-capitalistico non sembra francamente alle porte, la realizzazione delle misure del programma di coalizione M5S-Lega non avrebbe altro effetto che portare l’Italia al default. Infatti, il famigerato spread (cioè il differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi) che Di Maio e Salvini vorrebbero semplicemente ignorare come se gli interessi che lo Stato deve rimborsare ai suoi creditori li pagassero loro con i soldi del Monopoli, ha ricominciato a volare.
E qui veniamo al ruolo del Presidente della Repubblica. Domenica 27 maggio Sergio Mattarella ha motivato il suo rifiuto di nominare Paolo Savona, indicato dalla nascente coalizione di governo come nuovo Ministro dell’Economia, con il timore che quel nome (nel suo ultimo libro il professor Savona esprime giudizi sferzanti sulla moneta unica, sulla funzione della BCE e sul ruolo della Germania) avrebbe provocato il panico sui mercati mettendo così a rischio i risparmi degli italiani e la disponibilità degli investitori a comprare i nostri titoli di stato. La sua preoccupazione era più che fondata. Ma gli indirizzi di politica economica non rientrano nelle competenze del Capo dello Stato, bensì in quelle del governo e della maggioranza che lo sostiene. Si dà il caso che M5S e Lega, piaccia o meno, dispongano della maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. E per quanto il potere di nomina dei ministri spetti formalmente al Capo dello Stato, la decisione di rifiutare il nome proposto dalla coalizione di governo e dal Presidente del Consiglio incaricato non poteva che apparire a larga parte dell’opinione pubblica come veto e censura delle tesi e dei punti programmatici della coalizione stessa e della figura chiave che avrebbe dovuto realizzarli. Così facendo, Sergio Mattarella ha fornito a M5S e Lega l’arma propagandistica più efficace e dirompente: abbiamo la maggioranza ma ci impediscono di governare, il voto degli elettori non conta più niente, i poteri forti sono contro il popolo, l’Italia è schiava delle potenze straniere. Un autogol da metà campo.
Quando la Sinistra esce di scena, la scena se la prendono le destre. Nelle loro forme più addomesticate, quando va bene. Quando va male, in quelle più feroci
Dopodiché, nei quattro giorni successivi una densa nube fosforescente di mescalina allo stato gassoso cala sulla Città Eterna. Luigi Di Maio annuncia la richiesta di impeachment del Presidente della Repubblica per attentato alla Costituzione, che presuppone un reato penale e prevede, in caso di condanna, l’arresto. Mattarella dà l’incarico a Carlo Cottarelli, che in Parlamento non ha l’appoggio nemmeno dei lampadari. Al che Di Maio, e dopo di lui Salvini, tornano dal Capo dello Stato (che il primo voleva in galera solo 48 ore prima) per sottoporgli una nuova proposta di composizione del governo senza Paolo Savona al Ministero dell’Economia. Mattarella approva, baci e abbracci, giuramento dei ministri, parte la legislatura. I pusher di Amsterdam traslocano in massa a Roma.
E la Sinistra? Scomparsa. Dispersa. Non pervenuta. Il PD di Renzi, dopo aver inseguito le destre sul loro terreno per tutta la legislatura ed essersi ridotto a un ammasso di macerie, sta preparando il congresso per eleggere il nuovo segretario e riflettere sulle ragioni della sconfitta. Con calma. A sinistra del PD, Liberi e Uguali (con il suo glorioso 3,3 % ottenuto alle politiche di marzo) è presente nel dibattito pubblico con la stessa autorevolezza di San Marino nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Potere al Popolo ha portato il popolo al potere, si attende un comunicato.
Ma c’è poco da scherzare. Quando la Sinistra esce di scena, la scena se la prendono le destre. Nelle loro forme più addomesticate, quando va bene. Quando va male, in quelle più feroci.