Politica | nel nome del decoro

Si chiama Alì

Quando il nemico numero uno della città lo diventa una persona colpevole di disturbarne il salotto buono: “Le difficoltà non si superano con l’intervento giudiziario".
Bolzano, piazza Walther, centro, capoluogo
Foto: Salto.bz

Invisibili ma solo fino a quando non disturbano il salotto più chic della città, quello dei turisti o di chiunque possa permettersi di spendere pecunia seduto comodamente al tavolo. È così che le evidenti difficoltà di un uomo - secondo alcuni quotidiani locali finito da poco disoccupato, di cittadinanza tedesca e originario dal Marocco - hanno fatto capolino e scosso il torpore (ma non in senso solidaristico) di una Bolzano assolata e affollata dal turismo estivo. La fotografia che immortala l'uomo più chiacchierato del momento dentro la fontana di Piazza Walther (che per rispetto della persona in questione non vedrete pubblicata su questo sito) ha fatto convulsamente il giro del web, grazie soprattutto agli stessi quotidiani che ne hanno dato lo “scoop”, facendosi da megafono dell’assessore alle politiche sociali e dal pugno di ferro Juri Andriollo che, dalle fila del Partito Democratico dove siede, ha sottolineato al fine di evitare fastidiose polemiche - così come le definisce lui - che “è bene che tutti sappiano che qui non siamo di fronte ad una situazione di disagio evidenziata da una persona in difficoltà” e che anche se ci fossero delle motivazioni sussistenti “sono labili, e ci sono casi che si manifestano per un'indole e a tratti per una propensione alla provocazione fine a se stessa”.

Come ha dichiarato Andriollo stesso a salto.bz, non ci sono disagi e fragilità che tengano: se non sei collaborativo e rifiuti un certo tipo di assistenza diventi un’offesa all’intera città, partendo con l'oramai consueto rimbalzo di responsabilità che pretende sia “responsabilità del paese d'origine riaccogliere la persona e trovare gli strumenti adeguati per poterlo aiutare a superare un momento difficile della propria vita”.

 A farsi spazio, tra urla di indignazione e richieste di intervento poliziesco, c’è anche la voce chi non confonde le difficoltà momentanee di una persona con dello sporco da nascondere sotto il tappeto o nei capannoni delle periferie. Si è appreso, da un dibattito altro nato e sviluppatosi soprattutto sui social network, che la persona in questione - riconoscibile nello spazio pubblico ma non per questo violenta - si chiama Alì. Un fatto non scontato per chi, negli ultimi giorni, si è visto privare della propria identità venendo classificato esclusivamente come “il marocchino”, “il senzatetto”, “il delinquente”, “l’incivile”, “lo straniero”, “l’ubriacone” etichette finite a completare un corredo terminologico altrettanto poco lusinghiero. Alì lo hanno conosciuto i volontari delle associazioni, alcuni in pronto soccorso, altri tra via Museo e Piazza Walther dove è solito trovarsi. Il primo a rimproverare le sue azioni, si sottolinea, è proprio lui stesso, mentre le urla e le minacce di passanti e commercianti finirebbero per spaventarlo e confonderlo ancora di più. C’è anche chi, da quella fontana, con pazienza lo ha aiutato ad uscire, riuscendo poi a calmarlo.

Ci si abitua al lusso, ai fastosi palazzi costruiti da miliardari, alle vetrine scintillanti. Cartina tornasole di una società che, al fondo, vive di insicurezze e controsensi disarmanti


Così invece scrive l’organizzazione Bozen Solidale, criticando duramente alcuni articoli pubblicati sulla stampa locale “che, alla lunga, acuiscono l'imbarbarimento di una società logorata e alla costante ricerca del capro espiatorio”:


Molte persone senza fissa dimora che incontriamo lungo la città di Bolzano hanno un passato difficile segnato da privazioni, perdite, abbandoni. Vivere all'addiaccio, spesso in solitudine, in una sorta di sospensione, non aiuta a portare avanti un percorso di inclusione o di riscatto sociale; questo comporta, purtroppo, la marginalizzazione e la criminalizzazione all'interno di una società che non ammette comportamenti al limite, "diversi", provocatori; che non ammette alcune patologie mentali che, purtroppo, caratterizzano esperienze di vita.
Ci si abitua al salotto buono, al conformismo, alla ricerca di uno status sociale che eleva alla perfezione tra cozze e champagne. 
Ci si abitua al lusso, ai fastosi palazzi costruiti da miliardari, alle vetrine scintillanti. Cartina tornasole di una società che, al fondo, vive di insicurezze e controsensi disarmanti.
Abbiamo intercettato anche noi il signore tedesco che spesso siede vicino alla fontana di Piazza Walther e siamo convinti, a differenza dell'assessore, che la persona in questione abbia evidenti difficoltà che non potranno mai essere superate con un "intervento giudiziario" ma attraverso un percorso mirato, probabilmente in una struttura competente.
Prendersi cura della comunità significa saper distinguere i bisogni dei più deboli senza ergersi a paladini del decoro e della civiltà. Questo riguarda gli amministratori pubblici e chi vive sulle spalle di una città vetrina ad uso e consumo di un'apparenza spicciola ma ben radicata.