La gelosia romanticizzata
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In questi giorni sto seguendo diversi processi per femminicidio e, dovessi riassumere ciò che li accomuna in una parola, questa sarebbe “gelosia”. Parliamo di un’emozione complessa e frequente, in cui è centrale la paura di essere lasciati, che il possesso venga messo in discussione, che l’esclusività di una relazione interpersonale oppure di un oggetto vengano messe a repentaglio dall’altro. Si tratta di un’emozione che in una società patriarcale viene romanticizzata tanto da rendere la gelosia qualcosa di romantico, quasi un sinonimo dell‘amore stesso. “Sono geloso di te” - “Tu sei mia” - “Non potrei vivere senza di te”. Frasi come queste vengono scambiate per dichiarazioni d’amore, ma in realtà esprimono una malattia: l’ansia di possedere l’altro.
Proprio alla luce di quello che è uno degli evidenti moventi in casi di femminicidio, sarebbe il caso di sfatare questa narrazione romantica e nociva guardando alla gelosia per quella che è: espressione di possesso e di oggettificazione. La brama di possedere una donna troppo spesso si conclude con “Se non sei mia, non sarai di nessun‘altro” e quindi con l’annientamento del femminicidio. La destrutturazione della gelosia potrebbe essere un punto di partenza nel nostro privato per smantellare la cultura del possesso e la cultura dello stupro.
Mi ha molto colpito leggere alcuni degli atteggiamenti che non andavano, scritti da Giulia Cecchettin nel suo diario. Con grande chiarezza ha individuato gli atteggiamenti tossici di Filippo Turretta. Si tratta di comportamenti che forse qualcuno può leggere come romantici in un’ottica patriarcale. Eppure, sono indicativi di un rapporto malato, di dominio, dell’incapacità di affrontare un allontanamento, della gelosia tossica.
- «Abbiamo litigato per il fatto che non lo avessi fatto venire al compleanno della Elena».
- «Ha sostenuto più volte fosse mio dovere aiutarlo a studiare».
- «Si lamentava quando mettevo meno cuori del solito».
- «Necessitava di messaggi molte volte al giorno».
- «Ha idee strane riguardo al farsi giustizia da soli per i tradimenti, alla tortura, robe così».
- «Quando lui ha voglia tu non puoi non averne se no diventa insistente».
- «Non accetta le mie uscite con la Bea e la Kiki».
- «Non accetterebbe mai una vacanza mia in solitaria con maschi nel gruppo».
- «Tendenzialmente i tuoi spazi non esistono».
- «Lui deve sapere tutto, anche quello che dici di lui alle tue amiche e allo psicologo».
- «Durante le litigate dice cattiverie pesanti e quando l’ho lasciato mi ha minacciato solo per farmi cambiare idea…».
- «C’è stato un periodo in cui dopo esserci detti “Buonanotte” mi mandava sticker finché non vedeva che non ricevevo più messaggi per controllare che fossi davvero andata a dormire».
- «Tutto quello che gli dici per lui è una promessa e prova a vincolarti così».
- «Prendeva come un affronto il fatto che volessi tornare a casa prendendo l’autobus alla fermata più vicina e non in stazione».
- «Una volta si è arrabbiato perché scesa dall’autobus volevo fare 5 minuti a piedi da sola mentre lui era da un’altra parte senza aspettarlo».
Sostanzialmente sono 15 campanelli d’allarme! Quanto sarebbe utile tenere presente questo nelle relazioni anziché romanticizzare la gelosia.