Politica | L'intervista

“Si cambia o si sparisce”

Gianfranco Maffei, segretario della sezione provinciale di Rifondazione comunista, sulle elezioni comunali, sulla lista civica unitaria, sulla sinistra da reinventare.

Maffei, si farà o no questa lista civica di sinistra in vista delle elezioni comunali? Nel giro di due giorni sono uscite due sue dichiarazioni diametralmente opposte sul quotidiano Alto Adige: in una si diceva disgustato dall’idea di “mettersi al tavolo con gli altri esponenti nel tentativo di redigere una lista accettabile con un candidato sindaco che magari nessuno conosce”, nell’altra che l’ipotesi della lista unitaria è stata appoggiata da subito dal suo partito.
La posizione che è stata riportata domenica dall’Alto Adige non corrisponde a quella mia o del mio partito, espressa invece il giorno dopo. Non ho detto di essere disgustato ma che ritenevo fondamentale evitare, per costruire una lista civica, il solito incontro fra le segreterie dei partiti con il solito “bilancino” per stabilire quanti posti spettano all’uno o all’altro.

Una lista unitaria pensata quindi in quali termini?
Non deve essere una somma di sigle o una lista simile a quelle costituite nel passato, che non hanno garantito poi chissà quale successo. Ritengo che le organizzazioni politiche della sinistra, così come sono strutturate oggi, non siano più adeguate come strumento per esprimere quei valori e quelle necessità che non trovano più rappresentanza, motivo per cui molti dei nostri elettori non vanno più a votare.

Ecco, quanto vi preoccupa l’astensionismo?
Molto, una volta andavano a votare in molti anche se tutto sommato non si interessavano di politica, conosco persone poi che hanno una chiara concezione politica e credono che la politica intesa come rappresentanza sia uno strumento di cambiamento.

Cioè? In concreto quale potrebbe essere questo strumento di cambiamento?
Un’alternativa vera, anche se purtroppo siamo in forte ritardo su questo, sarebbe stata quella di aprire un dibattito pubblico su quei temi che rientrano nella nostra visione del futuro per il comune di Bolzano e su questo costruire una lista comune, unendo quell’area, come dire, sociale che è già rappresentata in Comune, così come aveva proposto l’assessore Gallo. Ora non so se questo sarà possibile, perché le logiche interne non sono sempre concilianti.

Crede che Sel e Verdi saliranno sul carro?
Sinceramente non lo so, il dibattito, malgrado l’avvicinarsi delle elezioni, è ancora asfittico. Ci sono delle questioni sul tavolo sulle quali dovremo confrontarci, ma l’idea della lista unitaria c’è.

A proposito del ritardo col quale dice che vi siete mossi, perché non avete pensato prima all’ipotesi di unirvi, questo temporeggiare non contribuisce a restituire l’immagine di una sinistra ancora troppo frammentata, dispersiva? Non crede che occorrerebbe più decisionismo in questo momento?
Sì, c’è una crisi oggettiva della rappresentanza a sinistra, se non si fa questo salto di qualità unitario difficilmente si potrà costituire un soggetto politico davvero incisivo, come lo è stata la lista di Tsipras in Grecia, elezioni che ho seguito sul posto. Questo ritardo, concordo, è figlio di un’incapacità di intraprendere strade nuove.

La vittoria di Syriza in Grecia, appunto, e la ripresa elettorale dei partiti della sinistra radicale in altri contesti europei suggerirebbero un imminente rafforzamento della sinistra partitica in Europa. Ci vorrebbe una forza socialdemocratica, se vogliamo etichettarla così, davvero nuova anche in Italia e di conseguenza in Alto Adige, ma ci sono le condizioni per farlo?
Le esperienze di Spagna e Grecia dimostrano che il consenso non si ottiene con la linea politica ma anche attraverso il rapporto con i cittadini. Nel programma di Syriza ad esempio c’è l’apertura di ambulatori e cooperative per dar da mangiare a quelle persone che non arrivano a fine mese; c’è la proposta di fornire gratuitamente la sanità pubblica ai disoccupati. È così che si costruisce il consenso, se si rappresentano i ceti deboli non si può farlo solo a parole ma attraverso un processo che li coinvolga veramente.

In questo senso non sarebbe opportuno anche qui un ricongiungimento con la città? Fra i vostri militanti c’è chi dice che dovreste smetterla di pensare solo alle poltrone e alle ambizioni personali. Come si recupera la fiducia dei cittadini?
Per quel che riguarda il mio partito la questione delle poltrone è relativa, le ambizioni personali invece ci sono ma io non giudico nessuno, il punto è che se non si fa questo passo in avanti rischiamo davvero di sparire o di rimanere un aspetto minoritario nello spazio politico bolzanino. Le dico la verità, io sono il più annoiato di tutti rispetto a certe dinamiche, ma se vogliamo avere una speranza concreta dobbiamo costruirla partendo dalla considerazione che alcune esperienze hanno fatto il loro tempo.

Si faranno queste primarie di coalizione?
Non sono state ancora ufficializzate, in questa settimane si chiariranno sicuramente molte cose perché i tempi, qualora si facessero le primarie, sono molto, molto ridotti.

Parliamo di contenuti, quali sono i temi, anche quelli che riguardano direttamente la cittadinanza, su cui è meglio intervenire in vista delle comunali?
Uno è il progetto di Benko, su cui sono già state spese molte parole. Il problema del Kaufhaus come di altri centri commerciali proposti non è solo architettonico ma anche culturale e antropologico, perché comportano non solo una metamorfosi totale della città ma diventano luoghi di aggregazione impropri, sostituendo strade e piazze e snaturando così anche le relazioni fra le persone. L’altra questione è la fusione di Sel, da una parte c’è una società comunale che ha 104 anni di storia e dall’altra una provinciale che ha truccato le gare d’appalto. Al di là di queste grandi tematiche c’è da considerare poi il fatto che anche Bolzano, nonostante le differenze con le altre città in termini di danni provocati dalla crisi economica, ha una sua fascia sociale di povertà e disoccupazione, e quindi è necessario cominciare a pensare soluzioni che diano risposte concrete a queste persone. I servizi pubblici vanno difesi soprattutto in un contesto in cui i soldi sono sempre meno, perché spesso si vanno a tagliare quelle risorse che servono proprio alle fasce sociali meno protette. Bisogna ricominciare a confrontarsi con le persone che vivono nei quartieri periferici, andare a Casanova, a Firmian, nelle zone in cui c’è una maggiore concentrazione di disoccupati e dove i temi sociali sono più forti. Un grosso compito della sinistra, inoltre, è quello di offrire una risposta alternativa a quest’idea che i problemi si possono risolvere unicamente con una città autoritaria, prendiamo ad esempio la recrudescenza dei movimenti xenofobi in Europa, anche se a Bolzano non sono ancora così marcati bisogna stare attenti che la rabbia e il disagio delle persone non confluiscano verso soluzioni di quel tipo.