Società | L'incontro

Resistere a tutto

Lucia Annibali, sfregiata con l’acido su mandato dell’ex findanzato nel 2013, racconta la sua storia al Teatro Cristallo di Bolzano. “Rinascere è possibile”.

“Opportunità”, una parola ricorsa spesso durante l’incontro di ieri (2 febbraio) al Teatro Cristallo dal titolo “L’identità ferita”, secondo appuntamento del ciclo “Identità” a cura dell’Associazione Cristallo, Teatro La Ribalta e Libera Università di Bolzano. “Opportunità” per raccontare la propria storia di sofferenza e “opportunità” per restituirla avvolta in un messaggio positivo di speranza e di sprono per le donne che hanno avuto simili vissuti. È questa la testimonianza di Lucia Annibali, l’avvocatessa che nel 2013 venne sfregiata con l’acido da due albanesi assoldati dall’ex fidanzato, Luca Varani, condannato in primo e secondo grado e ora detenuto a Teramo in attesa del giudizio della Cassazione. La vicenda è narrata nel libro scritto dalla protagonista insieme alla giornalista del Corriere della Sera Giusi FasanoIo ci sono - La mia storia di non amore”. Alla serata, moderata da Massimiliano Boschi (Corriere dell’Alto Adige) hanno partecipato, oltre ad Annibali - che ieri mattina ha incontrato al Rainerum i giovani del concorso “Testimoni di coraggio civile” nell’ambito della Piattaforma delle resistenze contemporanee - e Fasano, il procuratore capo di Bolzano Guido Rispoli e il rettore dell’Unibz Walter Lorenz.

Le vittime di violenza in Trentino-Alto Adige sono oltre 1.200, quasi 700 denunce in Alto Adige e 500 in Trentino. “C’è una maggiore sensibilità e un’attenzione specifica da parte della magistratura su questo tipo di reati, sono infatti stati istituiti dei gruppi di lavoro appositi, la Procura di Bolzano ha, per esempio, 4 magistrati che vi lavorano”, ha spiegato Rispoli secondo cui è l’emersione del fenomeno ad essere esploso recentemente e non il fenomeno stesso, con il conseguente aumento delle denunce. “Le norme ci sono, bisogna poi saperle applicare con giudizio, rigore e buon senso a seconda dei casi”, ha aggiunto il procuratore capo del capoluogo.

Lucia Annibali e Giusi Fasano

Scardinare gli stereotipi e i luoghi comuni, questo l’imperativo categorico secondo Fasano, “occorre tentare approcci diversi anche dal punto di vista giornalistico, capire chi si ha davanti, indagarne le storie ed evitare titoli sensazionalistici come ‘omicidio passionale’ perché la passione non ha nulla a che fare con questi crimini”. Un punto di partenza imprescindibile secondo i relatori è la scuola, un’ipotesi ridondante in quanto finora non adeguatamente esplorata. “È importante trovare un linguaggio per comunicare con i giovani, senza soffermarsi sul singolo episodio di violenza o sulla commiserazione che ne può scaturire, ma è utile piuttosto trasmettere esempi costruttivi”, ha rimarcato Annibali raccontando il suo percorso di rinascita attraverso una progressiva definizione dell’autostima. “Questa storia insegna che si può resistere a tutto, basta volerlo”, ha affermato Fasano.
Nei casi come quello dell’avvocatessa di Urbino “c’è una precisa volontà di lasciare in vita la vittima annientandone l’identità, la crudeltà del gesto è inaudita”, ha affermato Rispoli. E di identità ha parlato, infine, anche il rettore dell’Unibz e docente di scienze della formazione Lorenz: “Servono nuovi modelli e punti di riferimento per l’identità che non può essere creata in isolamento ma deve essere soggetta a un interscambio continuo. Per i giovani maschi incastrati in un consolidato sistema di valori - ha approfondito Lorenz - è difficile andare oltre gli stereotipi, definire l’identità, ma questa incertezza va oltre la responsabilità del singolo e deve obbligatoriamente essere affrontata a livello collettivo”.