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Omini-di – sogno di una realtà migliore?

Una mostra e uno spettacolo ideato e portato in scena da Michele Fiocchi con la regia di Monica Trettel presso il T.Raum, sede del Teatro La Ribalta
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Foto: Salto.bz

“Se una farfalla batte le ali, dall’altra parte del mondo ci sarà un uragano”, disse Lao-tse, e questa verità del propagarsi di azioni in giro per tutto l’universo sull’onda di una legge metafisica, forse se l’era presa anche Michele Fiocchi come punto di partenza per la sua raccolta di “omini” che ormai conta oltre tremila pezzi. Cosa sono questi “omini”? Sono minuscole figure dalle sembianze umane che rappresentano o mestieri, o personalità note, o semplicemente personaggi di film d’animazione. L’attore Michele Fiocchi è un attento osservatore della nostra società e del mondo, non è affatto d’accordo come va il nostro mondo attuale e quindi cosa fa? Cambia fisionomia ai suoi “omini” a colpi di seghetto e colore, di materiale plastico e piccoli oggetti comuni, per cui a uno che rappresenta un soldato gli toglie il fucile per mettergli in mano una vanga…

Per urlare in silenzio un forte “Non sparare, andate ad arare i campi, piuttosto”. Oppure a un altro gli cambia la testa, o le scarpe, passando ore e ore nel suo studio a rimodellarli, ridipingerli e ridare loro una nuova esistenza, una nuova ragion d’essere. La collezione era iniziata trent’anni fa, quando suo figlio, allora un ragazzino che voleva a tutti i costi un determinato pupazzo, G.I. Joe che rappresentava un soldato americano, anzi, un Real American Hero, ma lui, giovane papà con le idee di sinistra, era sempre stato contrario al commercio di giocattoli per i bambini che poi si fanno droga, in quanto chiedono sempre nuovi pupazzi, sempre nuove figurine. Quel giorno, però, cedette al desiderio del piccolo e alla fine a diventare il drogato di questi figuri era stato proprio papà Michele! Ce li aveva lì, i suoi popoli, in paziente attesa di animarsi, forse, per anni e anni hanno dormito in scatole e contenitori vari, finché un giorno è spuntata l’idea di estendere quei figurini a delle piccole installazioni a tema e ne è nata la mostra che si era tenuta a fine gennaio al Centro per la cultura di Merano: una ventina di scenette per esprimere il suo pensiero critico-ironico verso icone e situazioni di vita della nostra società contemporanea. Dal “Made in Italy” alle varie dipendenze (da alcol, tabacco o eroina), dalla “scuola” alla “ignoranza artificiale” passando per la “Clonazione da Tiffany”. Nel “Guerriero” si può leggere un’allusione alla quotidiana guerra di tutti contro tutti, data la moltitudine di omini trasparenti che si confondono e affondano in tutto ciò che li circonda? E che dire di quella che rappresenta il gioco della politica finanziaria, con una casa in pendenza in mezzo, tirata da un lato da un enorme edificio bancario con tutti meccanismi applicati e dall’altro da una famiglia che cerca di tenere stretto il filo e soprattutto di rimanere in piedi? Punta il dito contro quesiti base della nostra esistenza, dalle relazioni interpersonali alla tecnologia usata in modo assolutamente irrazionale, dalle corse vuote agli incontri dove non ci si incontra mai…

Michele Fiocchi è un attore, e da tanti anni collabora con il Teatro La Ribalta/Arte della diversità, un teatro che vuole aprire occhi e coscienze per sensibilizzare il pubblico verso un mondo da sempre “a parte”. A gennaio il gruppo diretto da Antonio Viganò aveva vinto uno dei Premi speciali Ubu, il maggiore riconoscimento nel mondo teatrale italiano, e sabato sera Michele Fiocchi era ospite del “suo” spazio teatrale, il T-Raum, denominazione che gioca con le parole in tedesco “Traum” = sogno e “Raum” = spazio, uno spazio per i sogni, dunque, per costruire sogni, per vivere i sogni… Perché Fiocchi con i suoi omini ha messo in scena anche uno spettacolo dal titolo Omini-di (che rimanda a “umanoidi”?), dove grazie alla sapiente regia di Monica Trettel anima i suoi omini, ci parla, li fa parlare e li fa giocare, prendendo ancora una volta di mira ingiustizie sociali, inquinamento, cambiamento climatico, guerre inutili. In uno straordinario monologo della durata di un’ora circa, egli ci espone la sua Weltanschauung proponendo un ribaltamento di tanti luoghi comuni, spinge il pubblico a riflettere mentre ride delle sue battute, snocciola un testo da teatro assurdo drammaticamente reale. Ci narra il “suo” sogno, di un altro mondo, un mondo in cui Cristo scende dalla croce per andare in mezzo alla gente, assieme ai suoi santi e ai personaggi inventati nel corso degli anni dall’umanità, un mondo in cui certe situazioni si possono cambiare dalla e nella radice, giocando con le parole e i loro significati, giocando con il senso e i sensi, puntandoci il riflettore contro nell’offrirci questo specchio della realtà quotidiana, vissuta e inventata, narrata e/o allusiva.

E come tutti i sogni finiscono quando ci svegliamo, il suo racconto davvero trascinante si arresta in un fascio di luce, abbagliante, l’attimo in cui la cinepresa si gira verso chi guarda, quella cinepresa che fa di questo spettacolo un viaggio non solo nel mondo della narrazione ma anche in quello della rappresentazione scenica in cui si fondono teatro di parola e teatro corporeo, coreografia e proiezione, teatro dal vivo e teatro ripreso nel suo doppio sul piccolo schermo. Proiezione di idee e di immagini. Alla fine, appunto, l’occhio che osserva ciò che accade ai figuri minuscoli perché animati da Michele Fiocchi viene girato verso la sala per osservare il pubblico. Iperbole di un racconto che non trova mai fine, perché racconta di noi, del nostro agire e ascoltare quotidiano, del nostro relazionarci con noi stessi e con l’altro, chiunque e qualunque cosa sia quell’ “altro”. Quell’ “altro da sé” di cui parlava Baudrillard nel testo omonimo, il geniale filosofo francese che sapeva cogliere i nessi tra il vecchio e il nuovo, fra la tradizione e l’innovazione, dove a volte è proprio il nuovo che si fa vecchio e l’innovazione a farsi tradizione, in quanto un vero cambiamento parte dal libero arbitrio di voler cambiare, davvero, le cose, ma il “libero arbitrio” cui accenna il duo Fiocchi-Trettel rimanda a tutto ciò che non si vuole trasformare, proprio a causa di quel libero arbitrio puntato sul proprio benessere, il proprio profitto, il proprio ego. Teatro per intrattenere a colpi di parole-proiettili puntate dritte alla mente e al cuore.