La storia saremmo noi...
Eravamo venuti per fare una legge (e uso il termine FARE a proposito, perché sa di artigianale, di semplice, sa di lavoro manuale e per questo mi piace). Una di quelle poche leggi sulle quali c’è attesa, attenzione pubblica. Da questa legge saremo misurati per il resto della legislatura.
Nei giorni scorsi, intanto, abbiamo perso l’ennesima occasione. Che si aggiunge a quelle perse in tutti gli ultimi mesi, da quando è scoppiato lo scandalo delle pensioni.
Era l’occasione di compattarsi, come dovrebbe avvenire nei tempi di crisi.
Perché tutta la classe politica è andata in crisi in questo scandalo. C’era chi era più nel mirino, chi meno, ma tutti quanti siamo precipitati nel baratro del disprezzo. Per me che sono all’inizio della carriera politica è stato uno choc. Ho visto come sono cambiati gli sguardi per strada quando ci incontrano. Ho notato come è cambiato il linguaggio dei non-politici quando parlano dei politici. Ho visto crescere la sfiducia verso tutti noi e, soprattutto, ho visto calare la partecipazione alle elezioni del 10 %. Questo è il drammatico significato, la terribile conseguenza dello scandalo pensioni! Che si è perso la fede nella democrazia che rappresentiamo, noi.
Ma non di questo si è parlato negli ultimi giorni qui dentro al consiglio regionale. Qui hanno preferito (non tutti) parlare di quello che perdono loro. I loro cosiddetti diritti per alcuni sono più importanti – confermando che chi vede i politici solo ripiegati su sé stessi ha ragione.
È solipsismo collettivo, ma non solo.
In effetti, dobbiamo fare una legge su noi stessi, quindi è logico interrogarsi su quello che è giusto per noi. Compito non facile, certo. Bisogna essere molto coraggiosi, molto onesti, molto moralisti e, soprattutto, molto adulti. Invece mi è sembrato, ascoltando i colleghi, di tornare agli anni in cui insegnavo alle medie e chiedevo ai ragazzi, a fine anno, di darsi loro stessi il voto. C’erano sempre parecchi alunni che pur sapendo di aver sempre preso insufficienze, si davano sette. Dicevano, quando gli chiedevo come mai, che si meritavano di più.
Noi non dobbiamo essere come questi miei alunni, però.
Da noi, che siamo stati eletti, ci si aspetta di più.
Ci si aspetta anzitutto la presa di coscienza di quello che stava dietro allo scandalo della legge del 2012. A questo doveva servire la rabbia pubblica, la protesta, anche nelle forme non qualificate, che magari hanno ferito. Bisognava arrivare all’esame del proprio operato. E invece chi ha fatto questa autocritica è stato vituperato dai colleghi politici come se fosse un traditore.
Era il momento di farsi delle domande su quello che è la politica.
Sui compiti della politica.
Sui doveri del politico, della politica verso il suo elettorato.
Sui meccanismi di sicurezza per non farci tentare dalle facilitazioni e dal potere che abbiamo di renderci la vita un po’ più facile ed agiata.
Su come preservarci l’umanità e la semplicità della vita di tutti i giorni.
Su come creare le regole del gioco stando dentro al gioco.
Soprattutto su come restare cittadine e cittadini. Ho osservato il linguaggio dei colleghi politici e che ho notato che parlano sempre di "noi" che è l'opposto di “loro fuori”. “La gente fuori”. "Draußen bo die Lait", in tedesco sudtirolese. A Bolzano avevo già fatto notare che questo fatto rivela un’altra volta quanto stiamo distanti dagli altri cittadini. Non siamo forse “gente” anche noi? Non siamo cittadini anche noi? E se non lo fossimo, quale gravità avrebbe questo fatto?
Sono molto delusa da come è andato questo importante dibattito sulle pensioni dei politici.
Siamo implosi in quest’aula e mai come in questi giorni ho avuto l’impressione di assistere a uno spettacolo di manierismo, di decadenza, di fine di un sistema che non sa più evolversi ma cerca solo disperatamente di aggrapparsi alle vecchie regole perché restano l’ultima sicurezza. In un mondo che sta cambiando rapidamente noi ci siamo chiusi qui dentro e c’era addirittura fuori la polizia a proteggere il nostro ingresso. E noi qui dentro a insultarci a vicenda, a rinfacciarci che non abbiamo capito che anche i provinciali vogliono andare in pensione a 60 anni o che il mio collega Dello Sbarba non possa mantenere la sua famiglia una volta in pensione. Ma dai!
Che immagine di disperazione! Che distanza! Che cecità verso le esigenze della società di cui dovremmo a pieno titolo far parte!
Sarebbe stato il caso di richiamare tutti noi all’articolo 1 della nostra Costituzione. L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. Stefano Rodotà, nel bel film di Ligabue (“Niente paura”) mi ha aperto gli occhi su cosa voglia dire questa strana frase. Rodotà chiede ai giovani cosa è “il lavoro” e poi spiega che il lavoro è il contrario del privilegio.
Quindi i padri e le madri della costituzione ci tenevano a dare a tutte le cittadine e cittadini la stessa dignità attraverso il motore dell’eguaglianza, che per loro era appunto il lavoro – e non il privilegio della nascita nobile o ricca.
Non ho avuto l’impressione, in questi mesi, che ci sia una presa di coscienza in questo senso all’interno della classe politica.
Anzi, ci si comporta ancora come un Parlamento di vecchi proprietari terrieri.
Qui si ragiona ancora in termini di privilegi e si fa di tutto per mantenerseli o per reciderli meno possibile. Un privilegio non acquisito con la nascita o l’eredità, ovvio, ma col voto.
Ma bisogna ricordarsi sempre, che il voto è solo un prestito. O, meglio, un Vorschuss, un anticipo, un valore attuale si direbbe nel nostro linguaggio incomprensibile e volutamente enigmatico, di fiducia e responsabilità che ci è stato dato.
Era il caso di comprendere questo momento della storia e di rispondere alle questioni che ci pone. È il momento di cambiare radicalmente orientamento nel nostro modo di fare politica (riuso il verbo fare) e si è sprecata un’occasione.
Sprecata, nel mercanteggio sulle percentuali da ridurre per non scontentare qualche vecchio politico.
Sprecata, nelle varie scappatoie che sono state inserite.
Sprecata, anche con questo metodo dei 1000 emendamenti costato 8.000 Euro e servito paradossalmente per far salvare la faccia alla maggioranza.
Sprecata soprattutto mantenendo quella forma mentis che ha reso i politici degli odiati ricevitori, anzi autoassegnatori di privilegio.
Ecco perché credo che questa classe politica, così cieca e sorda, sarà superata dalla storia. Come tutti quelli prima che non hanno saputo comprendere i segni del cambiamento e della trasformazione. Chi tardi arriva male alloggia, si dice in italiano. In tedesco più drasticamente si dice che l’ultimo sarà morso dai cani. Ecco, in questa stava la scelta. E si poteva scegliere di essere quelli che sono morsi dai cani. O essere invece noi, la storia, per dirla con De Gregori.
Noi che abbiamo (avevamo) tutto da vincere. E tutto da perdere.
La storia siamo noi, nessuno si senta offeso
Siamo noi questo prato di aghi sotto al cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
Questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono: “Tutti sono uguali,
Tutti rubano alla stessa maniera”
Ma è solo un modo per convincerti
A restare chiuso dentro casa quando viene la sera;
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone
La storia entra dentro le stanze, le brucia,
La storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi.
Siamo noi che scriviamo le lettere
Siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere.
E poi la gente [Perché è la gente che fa la storia]
Quando si tratta di scegliere e di andare
Te la ritrovi tutta con gli occhi aperti
Che sanno benissimo cosa fare:
Quelli che hanno letto milioni di libri
E quelli che non sanno nemmeno parlare;
Ed è per questo che la storia dà i brividi,
Perché nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
Siamo noi, bella ciao, che partiamo
La storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, Siamo noi questo piatto di grano.
Francesco De Gregori
Un bellissimo e amaro
Un bellissimo e amaro articolo Brigitte, cosa dovrà ancora succedere perché questi politici (non tutti) spengano la Play Station del Palazzo ed escano a scoprire che il mondo fuori è economicamente e valorialmente devastato?
Non c'è visione di futuro, di quale sia il futuro che immaginano (se lo immaginano..) questi politici (non tutti), nel momento in cui sono chiamati a tagliare il ramo su cui si sono appollaiati da troppo tempo.
Il mondo qui fuori è duro. La CS2A, la cooperativa che gestiva il lido è fallita, sembra una delle tante, ma il messaggio è chiaro, al lido ci si va di meno, meno abbonamenti, quelli della classe media, che si concedevano la cabina come piccolo lusso (anch'io ero una di questi, e ho tagliato). La middle class sta fallendo, commercianti, artigiani, liberi professionisti, piccoli imprenditori sono alla canna del gas. Il lavoro che cala, perchè si compra di meno, si ristruttura di meno, clienti - i pochi che ci sono - che non pagano, o pagano male, o perchè non ne hanno, o perchè "sfruttano" la situazione, banche che ti strozzano e il rischio di fallimento è dietro la porta per tanti. E falliti noi, allora si che finiremo come la Grecia o forse peggio. Se noi che lavoriamo fuori dalla "play station" salteremo in aria, salterà il sistema e allora niente più denari per pensioni d'oro e per stipendi esagerati per voi, no mi sbaglio, per loro (tu non sei dei "loro") e per gli accoliti, piazzati anche se incompetenti, a ricoprire cariche dove oggi sarebbe importantissima l'eccellenza. Si consoli Riccardo Dello Sbarba, nemmeno io so come manterrò la famiglia, una volta in pensione. Siamo in tanti. Anzi per come la vedo, non so nemmeno se ci arriverò alla pensione, perchè una crisi così, qui fuori, nel mondo reale, non si era mai vista, ci ha trovati impreparati e soli ad affrontare cose che nessuno avrebbe potuto immaginare. E francamente con quel che prende di stipendio, il Signor Dello Sbarba, se anche avesse maturato una pensione analoga, da prendere a 67 come tocca a noi umani, starebbe sicuramente meglio di tanti altri! Ma lui non lo sa...
In risposta a Un bellissimo e amaro di Nadia Mazzardis
Per chiarire (e grazie Nadia
Per chiarire (e grazie Nadia del tuo commento): Riccardo Dello Sbarba non si è mai lamentato, anzi. È stata Veronika Stirner a sgridarlo in aula che non si curava della propria famiglia perché proponevamo di non abbassare l'età pensionabile a 60 anni (!!!). Riccardo è stato il primo a rimarcare questa ingiustizia e quindi i suoi vecchi colleghi l'hanno disegnato come "traditore" della loro "giusta" causa... Questi sono i meccanismi del sistema degenerato.
In risposta a Per chiarire (e grazie Nadia di Brigitte Foppa
Ooops. Stessa risposta nello
Ooops. Stessa risposta nello stesso minuto. ;)
In risposta a Un bellissimo e amaro di Nadia Mazzardis
Credo che avete interpretato
Credo che avete interpretato male Brigitte: il "rinfacciamento" sul fatto che Riccardo Dello Sbarba non saprà mantenere la famiglia non é stato dato da questo'ultimo, ma da altri esponenti politici di altre frazioni, che cosí rispondevano alle richieste dei Verdi di tagliare al massimo le pensioni. Riccardo non c'entra, so personalmente quanti emendamenti di taglio e di ricalcolo ha elaborato e proposto...
In risposta a Credo che avete interpretato di Christoph Moar
Sorry, ho interpretato
Sorry, ho interpretato proprio male. mi spiace e mi scuso con Dello Sbarba, ma detta così, sembrava che fosse lui ad averlo detto. A difesa della mia interpretazione errata, il fatto che comunque Dello Sbarba c'era, a differenza tua Brigitte, quando è stata approvata quella legge. Io mi chiedo perchè allora non ci si sia indignati così. Questa è un'altra storia su cui ci sarebbe da riflettere a lungo
Danke, Brigitte, für deine
Danke, Brigitte, für deine ehrliche und treffende Analyse. Ich sehe das auch so: die Politiker insgesamt sind offensichtlich nicht fähig, sich selber Renten und Gehälter angemessen zuzuweisen - das ist Fakt! Darüber jammern? Nein! In Erwägung dass sie das nicht können, sollen sie das auch nicht dürfen. Das Volk muss die Obergrenzen setzen!
Der gestrige Regionalratsbeschluss ist ein weiterer Beweis, dass die repräsentative Demokratie nicht ausreicht bzw. dass das Volk in gewissen Belangen direkt demokratisch entscheiden muss. Diese Notwendigkeit ist bisher verwehrtes Recht. Es muss den Bürgern eingestanden werden.
Brava Brigitte! Ricordati l
Brava Brigitte! Ricordati l'effetto dell' ala di farfalla. Anche se apparantemente sei sola: quello che dici e scrivi avrá conseguenze. È su persone che la pensano come Te che dobbiamo concentrare lo sguardo. Gli altri meritano solo l' obblío, compresa la Ex Brantsch che deve pensare alla propria famiglia invece di preoccuparsi di casa Dello Sbarba. Sí siamo noi la storia e quindi finalmente va fermata l' arroganza. Va fermata da gente semplice e di buon senso, perché BASTA. Va fermata anche da chi ancora crede di poter lasciare ai figli un pezzetto di mondo migliore e non solo un' asse ereditario acquisito in danno altrui.