Politica | vaccini, Covid

Fare pagare le cure ai no vax?

Chi si ammala deve pagare?
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Open Vax Day & Night
Foto: (c) Othmar Seehauser

C’è sempre un certo imbarazzo a ascoltare dichiarazioni dell’assessore alla sanità Thomas Widmann. Nel agosto 2020, Widmann si diceva contrario a qualsiasi forma di obbligo vaccinale. Dodici mesi dopo, annuncia sulle prime pagine della stampa locale di essere favorevole a introdurre l’onere del pagamento delle cure per i no vax ricoverati in ospedale. Perché una figura con visibilità pubblica si esponga nel sostenere posizioni legislativamente inapplicabili, in quanto manifestamente contrarie alla Costituzione, non è così chiaro. Forse si è trattato di un momento di stanchezza, comprensibile per un uomo da diciotto mesi messo sotto pressione da una pandemia dai risvolti imprevedibili e che metodicamente si sottopone a duri allenamenti per affrontare le maratone di ciclismo di fondo regionali.

Il problema che insorge quando un politico di rilievo esprime pubblicamente certe posizioni è però che nell’opinione pubblica possono nascere convinzioni di cui non sempre sono chiare le conseguenze. Dichiararsi favorevole all’introduzione del pagamento del costo delle cure per chi non si immunizza e si ammala di Covid significa affermare implicitamente che la salute non è più un diritto. Solo chi ha la possibilità di pagare può curarsi, mentre chi non la ha deve rinunciare ai trattamenti sanitari. Naturalmente si può argomentare nel caso del Covid che chi non si vaccina, pur essendo stato avvisato dell’importanza delle immunizzazioni, decide liberamente di rischiare un’ospedalizzazione, e è quindi giusto che si assuma le proprie responsabilità.

Anche se all’apparenza il discorso sembra logico, in realtà si tratta di argomentazioni molto spericolate, e pericolose. Se passasse il principio secondo cui chi mette a rischio la sua salute deve pagare le cure, bisognerebbe richiedere il pagamento delle prestazioni ambulatoriali e ospedaliere a tutta una lunghissima lista di persone che mettono consapevolmente in atto comportamenti che aumentano la probabilità di finire in ospedale e di essere sottoposti a costose terapie.

Chi cucina e mangia regolarmente cibi fritti ha, per esempio, una più alta probabilità di gravi malattie cardiache o ictus. Anche l’eccesso di zuccheri nella dieta produce un pericolosissimo volume di grasso intorno al cuore. Una volta avvisati dal medico che la dieta va modificata queste persone dovrebbero attenersi alle prescrizioni, perchè la probabilità di finire in ospedale e di sottoporsi a costosi trattamenti sanitari aumenta. E se non lo fanno? Pure l’alcolismo causa problemi al cuore, all’apparato digerente, al sistema nervoso, al sistema immunitario e al fegato. Le stime dell’ASTAT e del Forum Prevenzione parlano di una quota di residenti in provincia di Bolzano che si può definire alcoldipendente compresa tra le 15 e le 25 mila unità. Comportamenti problematici dal punto di vista del consumo di alcool riguardano invece circa 50-75mila persone, mentre il fenomeno del binge drinking, ovvero l’assunzione di più superalcolici in una sola serata è ampiamente diffuso tra i giovani e i giovanissimi. Tutti sanno che bere troppo non fa bene. Ma se le persone continuano a consumare alcolici e devono essere ricoverate o sottoposte a terapie, come si deve intervenire? 

Si potrebbe obiettare che questi comportamenti si differenziano da quelli dei cosiddetti no vax, perché il danno verso la collettività è solo economico e materiale e non c’è l’aggravante della diffusione del contagio. In realtà sono molti anche i comportamenti irresponsabili che generano danno a sé e agli altri sotto il profilo della salute. Per esempio in provincia di Bolzano si contano circa 120 mila fumatori attivi e circa 800 decessi per cause legate al tabagismo, che in nove casi su dieci è la causa principale del cancro al polmone. I rischi di ammalarsi a causa del fumo riguardano sia i fumatori attivi che quelli, innocenti, passivi che ispirano il fumo inalato da terzi. Lo stesso effetto di danno sugli altri si può riscontrare nel caso di ubriachi che investono passanti inermi. L’automobilista che ha causato la strage di giovani germanici a Lutago nel gennaio 2020 aveva un tasso alchemico di 1.97, mentre la legge stabilisce un limite di 0,5 grammi/litro di alcol nel sangue. Che cosa si dovrebbe fare in questi casi? Fare pagare la chemio o la radio terapia ai fumatori? Chiedere le rette giornaliere ai pazienti in attesa di trapianto di fegato che da giovani avevano ecceduto in alcol o droghe? Mandare parcelle post trattamento ai malati di diabete causato da inappropriata alimentazione? Spedire il conto a casa dei minorenni finiti in ospedale per coma etilico per abuso di superalcolici?

Quello che andrebbe sempre ricordato sia ai politici in cerca di consenso che ai cittadini che accettano in modo acritico certe posizioni è che il valore del servizio sanitario pubblico si basa sul principio secondo cui la vita umana vale di per sé, indipendentemente dal fatto che il malato sia un criminale o un irresponsabile.

Prendiamo il caso dell’assessore Widmann che, con il volto coperto da uno scaldacollo acquistato dall’azienda dei cugini, vada a fare una rapina in banca (in una ipotetica sceneggiatura da film noir con il direttore generale della sanità Zerzer a fare da palo). Una volta intimato ai presenti di alzare le mani, l’assessore si distrae di fronte ai soldi consegnatili dall’impiegato dello sportello. In quel momento alcuni clienti reagiscono e nasce una collutazione. Widmann cade a terra e, a causa del violento impatto con il pavimento, si rompe un polso e una caviglia. A questo punto arriva la polizia e viene chiamata un’ambulanza. L’assessore è ricoverato sanguinante e dolorante in ospedale. Come ci si deve comportare in questi casi? Bisogna una volta guarito mandare il rapinatore in galera, oppure si deve chiedergli anche di pagare le cure? In base al principio della tutela della vita umana per quanto un individuo possa essere un criminale o un bandito, bisogna separare sempre i due piani. Punizione per il reato in base alla legge, ma cura se la persona sta male e tanto più se è in pericolo di vita. Se così non fosse sarebbe l’intero assetto della sanità pubblica e del valore della vita come bene collettivo a essere derubricato. Con conseguenze che è facile immaginare: l’assessore potrebbe tranquillamente pagarsi un ricovero e le terapie e guarire anche dopo essere stato lui stesso causa dei suoi guai. Chi ha meno risorse e possibilità resterebbe invece escluso dalle cure.

Le conseguenze delle dichiarazioni dell’assessore Widmann, una volta passato il principio secondo il quale chi sbaglia paga, rischiano dunque di aprire un vaso di pandora di cui sarebbe bene i cittadini siano consapevoli. Non è questo il momento di giocare con le emozioni e la pancia di persone affaticate da mesi e mesi di pandemia. I ragionamenti che sono richiesti alla politica richiedono responsabilità e etica, prima di tutto, non sciattezza e improvvisazione. I cittadini vanno informati e si deve fornire una informazione trasparente e non viziata da messaggi propagandistici e contraddittori. Le vaccinazioni vanno spiegate nei loro effetti, nella durata delle immunizzazioni, nelle strategie da affiancare alla campagna vaccinale per evitare che alla prima nuova variante si ritorni punto a capo a chiudere tutto. E magari a accusare i no vax della catastrofe che come ha avvisato l’OMS è molto probabile in un mondo in cui i 4/5 della popolazione più povera non sa ancora cosa sia un vaccino.

Ancora in molti ricordano che la provincia di Bolzano quando era assessore il compianto Otto Saurer poteva considerarsi all’avanguardia della tutela della salute a livello nazionale e internazionale. Sentire oggi che politici di primo piano sostengono certe posizioni mette molta malinconia e fa capire come il tempo di rinnovare in modo profondo il ceto dirigente della provincia di Bolzano è arrivato.