Società | Il caso

Islam, nemico giurato

Dopo i duri attacchi su facebook di Maria Teresa Tomada e Sergio Armanini ecco la risposta del giovane Mohammed Achraf Foughali. “Parlano e non sanno”.

L’integrazione è un processo lungo, controverso, doloroso. Spesso trascurato sia quando si inceppa che quando funziona. Nella lentezza lumachesca del percorso a farne le spese sono perlopiù le elementari regole della convivenza civile, messe costantemente in discussione specie da chi è facile alla provocazione reazionaria a tutti i costi e si fa braccio ideale di idee miopi e pericolose cedendo alle reazioni viscerali più irricevibili. Lo spauracchio dell’Islam è lo zenit della profanazione delle sensibilità cristiane o pseudo tali.

L’esempio più recente è quello di Mohammed Achraf Foughali che, dopo aver concesso un’intervista al Corriere dell’Alto Adige lo scorso 30 novembre con l’intento di far conoscere – anche attraverso il suo gruppo di facebook - la religione islamica cercando di abbattere i soliti steccati del pregiudizio, è stato oggetto di duri attacchi andati in onda sul ring preferito dagli utenti dei social network: facebook, naturalmente.

La disputa - o meglio l’affronto unilaterale - è stata innescata dalla consigliera comunale di Fratelli d’Italia Maria Teresa Tomada che ha definito i musulmani gente che odia “la nostra cultura, la nostra arte, la nostra musica, la nostra religione, tutto di noi. Ma soprattutto la nostra libertà, concetto sconosciuto in islam e nei loro paesi”. Ce n’è per tutti, anche per Silvia Fabbi, la giornalista del Corriere dell’Alto Adige che ha curato l’intervista in questione; a dare man forte spunta infatti Sergio Armanini (Lega nord), solerte interprete delle presunte inquietudini collettive, che con disinvoltura si lascia andare ad affermazioni di infima caratura.

Non conoscono né me, né la mia religione – ci ha confidato Foughali – e mi attaccano in maniera gratuita senza fare commenti costruttivi, giusto per trovare un capro espiatorio. C’è una forte ignoranza di fondo”. Il ragazzo, che a quanto pare era già stato preso di mira ancor prima che uscisse l’articolo sul Corriere, ha cercato la via del dialogo non ottenendo alcuna risposta dalla controparte. “Tomada ha continuato ad attaccarmi pubblicamente, mentre io volevo risolvere la cosa senza alzare i toni, sinceramente non volevo arrivare a questo punto, sono un pacifico, io”.

Nel “contenzioso” è stata tirata in ballo anche la famiglia di Foughali: “Un amico di Tomada [Francesco Bragadin, ndr] ha scritto che era stato un insegnante di mia madre, cosa che corrisponde a verità, dicendo però che lei aveva dovuto lasciare il lavoro in quanto donna, ma in quel periodo mia madre non stava lavorando e ha lasciato solo la scuola perché si era ammalata non perché è una donna”.

Un atteggiamento, questo, che non stupisce il giovane musulmano: “Vivo in questo mondo reale, perciò so come vanno le cose, la cosa che più mi rattrista non è l’offesa in sé quanto il messaggio che passa e cioè che alcune persone potrebbero credere che l’Islam è davvero come lo dipingono loro. Siamo qui da vent’anni e non è mai successo niente, non si possono dire cose come ‘piccoli jihadisti crescono’, è anche colpa della politica che sfrutta la non conoscenza delle persone su determinati argomenti per accaparrarsi consenso”. Il gruppo si lascerà intimidire, a questo punto? “Assolutamente no, anzi adesso cercherei di spiegare ancora di più agli altri la mia religione. Sia chiaro, io non sono un portavoce dell’Islam, il mio scopo è solo informare, nient’altro”.

Il compito della società civile è quella di mandare a farsi un giro quegli elementi che sanno solo sbraitare e fomentano l'odio solo per i propri scopi. Fatto sta che Tomada e i suoi tirapiedi gettano benzina sul fuoco, non rendendosi conto dei danni che provocano. Sono proprio i reazionari come questi che portano poi acqua ai mulini dei predicatori dell'odio. Per me questi fomentatori sono uguali a quegli altri con le barbe lunghe.

Mer, 12/03/2014 - 13:57 Collegamento permanente

Die Debatte ist vielschichtig und zentral. Aber weder unreflektiertes Verständnis noch sture Ablehnung bringen uns weiter. Wir brauchen Debatten an der Oberfläche der Gesellschaft und gesellschaftliche Entwicklungen, die dem Wandel Rechnung tragen. Und wir brauchen einen strikt laizistischen Staat und entsprechend laizistische öffentliche Einrichtungen, um Religion definitiv und für alle Zeit dorthin zu bringen, wo sie hingehören: in die Privatsphäre.

Übrigens: Im Januar debattieren wir im OSTWEST/Zigori-Club zum Thema Islam mit Oumra Seydu Ka und Paolo Renner. http://ostwestzigoriclub.wordpress.com/das-aktuelle-programm/

Gio, 12/04/2014 - 08:19 Collegamento permanente