Sull’esito delle recentissime elezioni comunali di Merano si è innestato, anche sulle colonne di Salto, un dibattito ricco di spunti polemici e di interventi, centrati più che altro sulla scelta da parte delle due liste civiche italiane e della Südtiroler Volkspartei, che alla fine hanno formato una risicata maggioranza in grado di sostenere il neo eletto Sindaco Dario Dal Medico, di escludere dal perimetro del nuovo governo i Verdi dell’ex primo cittadino Paul Rösch.
L’argomento si presta indubbiamente a molte riflessioni, ma un possibile approccio è quello che parte da un dato politico assolutamente incontestabile: a Merano, nell’ultimo decennio, si è verificato uno dei più consistenti trasferimenti di voti che la storia delle amministrative altoatesine ricordi ed è forse in questo travaso che vanno ricercate le cause ultime di alcune delle scelte politiche di cui oggi si discute.
Vale la pena quindi di compiere il consueto salto all’indietro nel tempo e di ragionare un po’ di cifre.
Lo spostamento di cui si diceva coinvolge due forze politiche avversarie e concorrenti della conquista dell’elettorato di madrelingua tedesca: la SVP e i Verdi.
Se spostiamo indietro l’orologio di una quarantina d’anni e osserviamo i risultati delle comunali del 1980 troviamo una Südtiroler Volkspartei gloriosamente insediata su un trono costituito dal 42,6% dei consensi. Nella tabella compare anche il simbolo della Nuova Sinistra – Neue Linke approdata due anni prima in Consiglio Provinciale, e che, in quelle comunali, deve accontentarsi del 5,4% dei voti (ragioniamo e continueremo a ragionare in termini di percentuali, in quanto il dato dei voti in assoluto è meno significativo a causa delle variazioni dovute anche al crescente astensionismo).
Dopo quel record il partito della Stella Alpina si assesta, nei decenni successivi, su una percentuale fissata attorno al 37% che rimane sostanzialmente immutata sino al 2010. Nel frattempo i Verdi, che si sono presentati come tali a partire dal 1990, hanno conquistato e mantenuto una quota elettorale di poco superiore al 10%, con una crescita relativa, sino a raggiungere i 14,7% dei consensi solo nel 2010.
La SVP ha perso qualcosa e gli ecologisti qualcosa hanno guadagnato ma, sino a 10 anni fa i rapporti di forza sono ancora chiaramente a favore della Südtiroler Volkspartei.
Poi, a partire dalle elezioni del 2015, quelle nelle quali per la prima volta la lista verde è guidata, nel ruolo di candidato sindaco da Paul Rösch, si avvia il ribaltamento delle posizioni. In quella consultazione la SVP passa dal 36,5 al 25,2% dei voti, mentre i Verdi salgono dal 14,7 al 21,3. È un terremoto elettorale che prosegue anche nel periodo successivo. Cinque anni dopo, al termine della consiliatura, nella quale governo cittadino è stato guidato proprio da Rösch, a capo di una coalizione della quale fanno parte anche una delle liste civiche italiane e la stessa Südtiroler Volkspartei, i voti di quest’ultima scendono ancora sino a toccare il 22,6%, mentre i Verdi consolidano, con il 21,6% dei voti il successo di cinque anni prima. Ormai sono ad un’incollatura, per dirla con il gergo di Maia, dall’avversario ma, come tutti sanno, questo non basta a garantire al sindaco uscente rieletto per un pugno di voti, una maggioranza sufficiente a varare di nuovo una giunta. Ed è commissariamento.
Il resto è storia di questi giorni.
Dopo un anno si torna a votare e il trend politico non si arresta: la Südtiroler Volkspartei scende al 19,4% e i Verdi salgono addirittura al 25,7%, diventano il primo partito di Merano, ma devono accomodarsi all’opposizione. Questa volta la lotteria del ballottaggio premia, sempre per un pugno di voti, il candidato delle Civiche, Dario Dal Medico che, sia pur con i numeri contati, riesce a mettere insieme una maggioranza.
Al di là dei suoi effetti immediati sulla squadra di governo insediata in Comune, il dato numerico parla di un numero molto alto di elettori, per la maggior parte di madrelingua tedesca, che hanno deciso di abbandonare la SVP per passare sotto le bandiere ecologiste. Viene inevitabile, a questo punto, domandarsi se questo eccezionale spostamento di voti avvenuto a Merano possa essere in qualche modo anticipatore di fenomeni politici su più vasta scala
La divinazione del futuro è esercizio arduo specialmente in un campo, quello della politica, dove ormai gli spostamenti assumono carattere sempre più improvviso, ma anche in questo caso guardare ad un passato, questa volta più recente, può aiutare a interpretare meglio la situazione.
Il passato cui ci riferiamo è quello delle ultime elezioni provinciali (il dato delle politiche è meno utilizzabile per la diversità di sistemi elettorali) che si sono svolte nell’autunno del 2018, a metà strada, quindi, tra gli appuntamenti elettorali meranesi che hanno prodotto i clamorosi risultati di cui si è detto.
Ebbene, in quelle elezioni, a Merano, la SVP, pur non recuperando del tutto le perdite precedenti, ha sfiorato comunque il 30% dei consensi, mentre i Verdi, che pure venivano dal successo del 2015, non sono andati al di là di un 7,7% dei voti espressi.
Questo può indurre a pensare che una parte dell’elettorato che tre anni prima aveva abbandonato la Südtiroler Volkspartei sia ritornato all’ovile, mentre altri elettori hanno fatto scelte diverse, per esempio il Team K, negando questa volta il consenso agli ecologisti.
A questo punto, per completare il discorso, è necessario uscire dal terreno abbastanza solido costituito dalle cifre elettorali e dall’analisi di esse per inoltrarsi su un sentiero assai più periglioso: quello delle ipotesi politiche che su questa situazione si possono fare, assumendosene ovviamente, come fa chi scrive queste note, tutta la responsabilità.
Si può immaginare ad esempio che, per una Südtiroler Volkspartei traumatizzata da una serie di uppercut alla mandibola come quelli incassati nell’ultimo decennio a Merano, quello di impedire che l’avversario Rösch e la sua falange Verde potessero continuare a governare la città sia divenuto un imperativo assolutamente categorico. Anche a costo di preferire la partecipazione ad una maggioranza guidata da un sindaco italiano. Si fa, ma non si dice, in omaggio all’ipoteca etnica sempre presente delle cose altoatesine, come del resto la “vecchia guardia” del partito si è subito premurata di far rilevare. L’obiettivo comunque è raggiunto in omaggio all’inossidabile principio andreottiano secondo il quale il potere logora solo chi non ce l’ha.
Si vedrà in un futuro non lontano (in fondo a Merano si tornerà a votare come negli altri comuni dell’Alto Adige tra meno di quattro anni) se l’operazione avrà avuto successo.
Ancor prima, con le elezioni politiche e quelle provinciali fissate, salvo clamorose sorprese, per il 2023 si vedrà se l’anomalia meranese continuerà ad essere confinata entro la cinta daziaria. In quel caso sarebbe lecito supporre che una parte consistente del successo crescente dei Verdi, nella città del Passirio derivi proprio dalla figura di Paul Rösch e forse anche da quella di Madeleine Rohrer che lo ha più che validamente affiancato nella prima esperienza di governo.
Chi vivrà vedrà.