“È il terzo primo passo”
salto.bz: Professor Palermo, nello stesso giorno in cui il Presidente della Provincia Arno Kompatscher e l’Obmann della SVP Philipp Achammer incontravano per la prima volta la premier Giorgia Meloni, il Consiglio dei Ministri dava il primo via libera all’Autonomia differenziata targata Roberto Calderoli. Una casualità?
Francesco Palermo: Non è stato casuale, è una voluta sovrapposizione politica. Nel momento in cui (forse) si apre il cantiere dell’Autonomia a livello nazionale, si mette il cappello sulla sedia. La si può vedere in modo positivo o negativa. Nel primo caso è: “C’è da riaprire tutto il discorso sull’assetto territoriale del paese, autonomie speciali comprese. Parliamone”.
“Apriamo la discussione”, insomma.
Perché no? Oppure la versione più micragnosa: “Ci siamo anche noi, della nostra Autonomia non si tocca niente. E comunque se viene distribuito qualcosa, allora spetta anche a noi in automatico”. Il “café para todos” spagnolo. Certo, sarebbe anche giusto le cose andassero di pari passo…
Ma?
L’obiettivo in Alto Adige è ottenere quanto Calderoli aveva ventilato: modificare gli articoli dello Statuto con la lista delle competenze, dettagliandole, così da evitare nuove sentenze della Corte costituzionale.
Cosa non va in questa richiesta?
La religione durnwalderiana del pragmatismo va bene in taluni casi, però non può essere l’unica via. Non può esserlo l’idea di mettere mano allo Statuto sulla base delle decisioni della Corte che non ci sono piaciute. Va bene battere il ferro finché è caldo, ma servirebbe un progetto più organico.
Ai rappresentanti dell'Alto Adige interessa modificare gli articoli dello Statuto con la lista delle competenze, dettagliandole, così da evitare nuove sentenze della Corte costituzionale. Dispiace però che questo argomento lo utilizzi anche il Landeshauptmann.
L’argomento delle sentenze “antipatiche” della Corte è ancora di frequente utilizzo in Sudtirolo.
Sì, dispiace lo utilizzi anche l’attuale Landeshauptmann. La questione della Consulta può essere il punto di caduta, non il punto di partenza. L’interpretazione potrà avvenire lo stesso, anche dettagliando le competenze.
Tornando all’Autonomia differenziata: anche nella sua recente visita a Bolzano, il governatore emiliano Stefano Bonaccini, candidato favorito alla segreteria del PD, pur usando toni a tratti leghisti, ha definito “pasticciata” la riforma di Calderoli. Cosa intende dire?
Questo dimostra quanto sia strumentale il tutto. La proposta Calderoli è una base su cui si può discutere, un testo ancora molto generico, fatto con una tempistica precisa per ragioni politiche. Un pre-progetto, che andrà discusso alla Conferenza delle Regioni - dove già potrebbe essere ridimensionata - e poi tornerà in Consiglio dei Ministri. Ci vuole infine una legge a maggioranza assoluta. È un percorso molto lungo. Inoltre non si tratta della prima bozza: la prima fu varata da Gentiloni, a fine legislatura, la seconda con il governo Conte I, elaborata dal ministro Boccia. È il terzo primo passo in questa direzione, dal punto di vista legislativo, senza contare tutte le precedenti iniziative delle regioni. Non avrei troppe aspettative.
La proposta Calderoli è una base su cui si può discutere. Un testo ancora molto generico, nonché il terzo primo passo in questa direzione, dal punto di vista legislativo - senza contare tutte le precedenti iniziative delle regioni. Non avrei troppe aspettative.
Cosa risponde a chi parla di violazione della Costituzione?
C’è già ora in Costituzione. Semmai è incostituzionale la riforma del 2001… e poi non vedo nulla di drammatico: proprio in Italia abbiamo già avuto esperienza con le Regioni a Statuto speciale. Inoltre una “gradazione diversa” tra Regioni a statuto ordinario c’è nei fatti. E sarebbe ora di fare un po’ di ordine. In ogni caso, la grande partita, quella sui soldi, non è ancora definita. Perché prima si vuole, giustamente, arrivare alla definizione dei “livelli essenziali delle prestazioni” (LEP): quanti letti in terapia intensiva per regione, quanti insegnanti di sostegno nelle scuole… Quando sarà fatto, si aprirà il discorso sulle risorse. Lì è possibile emergano degli attriti e dei problemi oggettivi riguardo un trattamento “diverso”.
In quali termini?
C’è una base minima finanziata dallo Stato, i LEP. Dal punto di vista teorico, può essere 40/100 dei costi sostenuti dalla singola regione. Le Regioni ad autonomia differenziata, che avranno competenze attratte dallo Stato, gestiranno il resto in autonomia, sulla base della spesa storica: 60 su 100. Se avanza qualcosa, bene per la Regione, altrimenti come si fa? Se la Regione non riesce a farcela con quel 60, alcuni sostengono debba intervenire lo Stato, andando a prelevare le risorse dagli altri territori, soprattutto quelli senza autonomia differenziata. Altra questione potenziale, affrontata in dottrina, è la seguente: se la regione virtuosa spende solo 50, potrebbe investire il restante 10 in infrastrutture o ricerca e sviluppo. Questo rende il territorio più competitivo: chi amministra meglio, avrà di più e andrà più avanti, gli altri resteranno indietro. Ma è già in parte così. Non lo trovo così sovversivo.
Eppure se ne parla con toni molto drammatici, paventando una spaccatura “a metà" del paese. Gli stessi toni furono usati contro la riforma in senso federale promossa da Berlusconi nei primi anni duemila, bocciata dal referendum costituzionale.
Stavolta però non si andrà avanti. C’è un clima molto negativo. Nel paese questa narrazione contraria è assolutamente dominante: non è tanto l’opposizione politica, quanto quella culturale a prevalere. Anche in ambiente accademico prevale lo scetticismo - e i media danno più spazio agli scettici. E poi la riforma è il salvagente di Salvini, il quale pure non ci crede molto, ma se non gli va bene (cosa probabile) è finito. Si gioca una partita estremamente politica, emotiva e non razionale, sulle cicatrici della Costituzione. Una cosa abbastanza bruttina.
Come s’incastra questa proposta con le Autonomie speciali?
Giuridicamente non c’entra niente, riguarda solo le Regioni a statuto ordinario. Si aggancia solo dal punto di vista politico. Quando nel 2009 fu varata la legge sul federalismo fiscale, Calderoli disse “bisogna rendere più speciali le Regioni ordinarie, più ordinarie le Regioni speciali”, e perciò ora le Regioni speciali si stanno un po’ allarmando. Ma la questione adesso è ancor più politica di quanto non lo fu in passato. Basti pensare, per esempio, che a livello istituzionale in Trentino c’è silenzio assoluto perché il Presidente della Provincia è dello stesso partito del ministro proponente. All’epoca del referendum di Renzi, se ne parlava eccome, anche se la Provincia era governata dal centrosinistra.
L’Autonomia differenziata è compatibile con il Presidenzialismo?
Se pensi di aprire un cantiere sulla forma di governo, presidenziale o meno, non puoi fare una riforma senza toccare l’assetto del territorio. Mettiamo sul tavolo le due cose, anziché farle procedere su binari distinti. Sul piano sociale sarebbe positivo aprire una discussione sull’assetto territoriale. Ad esempio, dopo vent’anni di giurisprudenza costituzionale che ha tagliato e ricucito, ripensando il Titolo V: la pandemia ha mostrato quanto vi mancassero taluni elementi, soprattutto “chi fa cosa” in stato di emergenza. E invece anche da noi, dove pure una cultura dell’Autonomia ci sarebbe, ci si accontenta di ricevere il contentino sulle competenze.
Quello che più mi dispiace è
Quello che più mi dispiace è perché una figura così importante, competente e preparata con Francesco Palermo non si batta politicamente, e venga altresì chiamata a lottare per un'autonomia giusta, unama, solidale. Avrebbe tutte le carte per essere portatore delle cause giuste. Sarebbe un'ottimo motivo per portare elettori al Partito Democratico soprattutto in nord Italia.
Io sono per un 'autonomia provinciale a livello europeo. Il cui perimetro si svolga sull' amministrazione di aspetti locali. La gestione della RES PUBBLICA localmente. In piena sinergia con il governo centrale e con l' Europa stessa.
E' disarmante che tutto questo non avvenga e si perda tempo con gente priva di idee e visioni.
In risposta a Quello che più mi dispiace è di Massimo Mollica
Se non sei SVP na vali niente
Se non sei SVP na vali niente, semplicissimo.