"Buona scuola", domani si sciopera
Uova e fischi: è stato accolto così, a Bologna, il premier Matteo Renzi in occasione della festa di commemorazione dei 70 anni della Liberazione e della festa dell’Unità. Al grido di “Renzi carogna, fuori da Bologna” i manifestanti dei collettivi bolognesi si sono scontrati con le forze dell’ordine, il risultato: tre denunciati e tre contusi.
A contestare il Primo Ministro anche i precari della scuola e gli insegnanti che, armati di pentole e coperchi per far rumore (così come avevano fatto durante la visita del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, qualche giorno fa) hanno espresso il loro forte dissenso alle riforme contenute nel ddl la “Buona Scuola”. “Non ci facciamo certo spaventare da tre fischi - ha detto Renzi col solito piglio sfrontato - abbiamo il compito di cambiare l’Italia e la cambieremo, di non mollare e non molleremo. Non è con un fischietto in bocca e urlando che si migliora la scuola: se la Buona scuola non passa continuerete a fischiare senza incidere sull'educazione dei nostri figli”.
Nel frattempo domani, 5 maggio, è previsto uno sciopero generale della scuola, il primo, unitario (5 le sigle sindacali coinvolte: FLC CGIL, CISL scuola, UIL scuola, SNALS e GILDA) dopo circa 8 anni. Pronti a scendere in piazza anche una congrua compagine di docenti altoatesini, che si autodefiniscono “apolitici”, e che si daranno appuntamento domani alle 12 in Piazza della Mostra dove è previsto un Flash mob.
Perché non piace questo disegno di legge? Molte sono le zone d'ombra della riforma che si vuole approvare e riguardano, fra le altre cose, l’accesso all'insegnamento, il calo delle immatricolazioni, le borse di studio, i finanziamenti privati che potrebbero intaccare l’autonomia della scuola. Fra le polemiche dei detrattori c’è quella per cui con la riforma la scuola pubblica diventerebbe un’azienda in cui si viene assunti a discrezione del dirigente scolastico (a cui vengono affidati più poteri) e dunque secondo logiche clientelari. Dolente anche la nota che riguarda il precariato (per il cui abuso l’Italia è stata condannata dall'Europa) che non viene stabilizzato; la promessa delle 100mila assunzioni è legata a filo doppio con l’approvazione del ddl, un ricatto neanche troppo velato secondo i docenti, senza contare che il numero proposto è ancora troppo poco per soddisfare il fabbisogno. Tutti motivi per cui l’invito alla mobilitazione comune per domani è fortemente caldeggiato dagli addetti ai lavori.
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