Ne parli chi può! (di scuola)

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Lasciate fare a chi la vive
Della scuola in questo periodo, ma non solo in questo, chi ha qualcosa da dire lo dice, spesso senza filtri. Forse tutti si sentono legittimati dal fatto che un pezzo di scuola piccolo o grande lo hanno fatto. Anch’io a dire il vero ho cambiato una lampadina, ma non posso parlare diffusamente di impianti elettrici. Ho stuccato anche qualche buco in casa, ma non mi addentro nelle questioni di restauro conservativo. Mi sono anche improvvisato nel tirare qualche conclusione sulla disposizione delle stanze di casa, ma non ho provato ad insegnare il lavoro all’architetto prima e al geometra poi. Della scuola? Il primo che si sveglia, possibilmente in prossimità di apertura e chiusura dell’anno scolastico, in mancanza di elezioni, parla di tempi scuola, edifici, organizzazione, qualcuno si avventura anche nella didattica. Ogni governo di turno, poi, cambia puntualmente il sistema di valutazione per lasciare un segno del proprio passaggio; l’ultima volta in pieno covid e ora di nuovo; appena mandata a regime quella dei tempi covid. “Ma cosa vuoi che sia?” Qualcuno dice. Eh, la valutazione c’entra con tante cose, ma tanto qualcun altro ci penserà e infatti di nuovo ci stiamo pensando, togliendo energie ad altro. Quando si può si butta un po’ di fumo negli occhi parlando dei docenti come quelli delle troppe ferie, quelli che si lamentano sempre del proprio stipendio, quelli che fanno sempre troppo poco e ora si osano anche dire che non portano i propri alunni in gita. Ma in Alto Adige pure meglio; qui ci si diverte di più perché la scuola è terra di battaglia etnico-linguistica, alla faccia di Langer e di chi crede che sia proprio la scuola quel terreno di convivenza, riunione delle diversità e pace. Quindi una certa politica trova pane per i propri denti, sempre nonostante tutto. In un mondo ormai
multiculturale, in classi come lei mie di questi anni, in cui talvolta ci sono bambini e bambine che vengono da 4 continenti su 5 e 14 lingue diverse tra le stesse mura, sembra quasi l’inizio di una barzelletta: c’erano un italiano, un francese e un tedesco… Eppure tiene botta, e invece che andare al cuore della questione e guardare avanti, si sentono nell’aria le sintesi di fantomatici gruppi di lavoro sulla scuola di un partito e dell’altro in cui si grida a esami di lingua per verificare il pedigree linguistico dei futuri studenti e studentesse, di classi “speciali” per quelli che la lingua non la sanno poi così bene. Degli insegnanti si parla, di traverso, per dire quanta fatica fanno a mettere insieme questa complessità (certo, ma è il nostro mestiere, non temete). Qualcuno parla di classi più piccole e più personale.. ecco, forse ci siamo quasi, ma sono slogan senza seguito. Ma i test nelle scuole dell'infanzia, l’impedire il passaggio da una scuola di una lingua e dell’altra, i corsi obbligatori d'estate (quelli facoltativi esistono già e funzionano bene, lo assicuro), tutto questo no, la politica populista è bocciata subito. La scuola come luogo in cui si infiamma la questione etnica o linguistica non funziona più. Se volete invece possiamo infiammare il dialogo sulla scuola come immagine del cambiamento della società, sulla capacità di adulti lungimiranti di trasmettere attraverso la lingua non solo la cultura, ma il principio della vita insieme, dei diritti: i primi articoli della Costituzione, in sintesi. Parliamone di scuola, parlatene di scuola, ma almeno con due criteri da introdurre: chi abita la scuola tutti i giorni non si riesce ad infilare in una tabella con solo due colonne e un solo criterio: quello della lingua, come si vorrebbe. Ma soprattutto che la scuola così divisa com’è soffre di una miopia della realtà e che se veramente si vuole essere innovativi (conservando), si dia almeno la possibilità di muoversi su una terza via in cui le forze si possano unire, gli edifici si possano allargare, le lingue siano un trampolino e non un muro.
In questo la politica può fare molto, può aprire strade e gettare fondamenta. Se l’inizio della scuola è ‘per parlare’, andate pure avanti. La scuola, tuttavia non ne ha bisogno, ha bisogno di essere ascoltata, mi pare giusto lo sappiate.
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