Politica | Stop Slapp

Obiettivo: chiudere la bocca a tutti

L'azione intimidatoria di Athesia ha l'obiettivo di colpirne uno, per educarne 5 o 6, che sono i media non di sua proprietà. Salto andrà avanti come ha fatto finora.
Rotschenko, Salto Slapp
Foto: Ismaele Pianciola

La notizia è: Michl Ebner e Athesia si sentono stalkerati da Salto per 58 articoli pubblicati negli ultimi 4 anni. E quindi ci chiedono 150.000 euro per danno di immagine.

Abbiamo deciso di rendere pubblica la questione ma non è nostra intenzione fare le vittime, né tanto meno gli eroi. Noi giornalisti di Salto facciamo semplicemente il nostro lavoro e abbiamo la fortuna di lavorare per una cooperativa indipendente. Il nostro obiettivo è quello di denunciare la grave azione intimidatoria della casa editrice, che ha evidentemente pensato di colpirne uno, cioè Salto, per educarne 5 o 6, che sono i mezzi di comunicazione, compresi quelli pubblici, ancora non di sua proprietà in regione. Si tratta di un vero e proprio avvertimento di stampo non esattamente democratico, realizzato con una modalità che lo rende forse unico nel cosiddetto “mondo libero”. Non vogliamo minimamente personalizzare la questione, il problema non è l’attacco a Salto, perché il fatto di aver messo in discussione, non un articolo diffamatorio, ma 58 articoli prodotti nell’arco di 4 anni, dimostra senza alcun dubbio che stiamo assistendo ad un tentativo scomposto di chiudere la bocca a tutti i pochi media non Athesia. 

Si tratta di un avvertimento di stampo non esattamente democratico realizzato con una modalità che lo rende forse inedito a livello europeo.
Questo non è un attacco a SALTO, ma alla libertà di stampa. Ora tocca a noi, ma domani potrebbe toccare a uno degli altri media pubblici e privati che cercano di andare oltre l’informazione fatta di comunicati e conferenze stampa.  Nella richiesta di mediazione presentata da Michl Ebner (il testo potete leggerlo su SALTO assieme agli articoli incriminati), viene messo sotto accusa soprattutto il giornalista Christoph Franceschini, ma si mette nel mirino anche tutta la redazione di Salto e persino collaboratori esterni, mettendo nel calderone perfino le opinioni espresse da senatori della Repubblica rilasciate in alcune interviste.
Questo non è un attacco a SALTO, ma alla libertà di stampa
Nella causa vengono citati editoriali sulla mancanza di pluralismo, articoli sulle operazioni finanziarie della casa editrice il cui testo era stato concordato con persone dell’azienda, interviste sulla scomposta campagna contro il lupo o le operazioni messe in cantiere in Trentino per ostacolare la nascita del nuovo quotidiano “Il T”. E ovviamente articoli in cui abbiamo raccontato come il gruppo di potere che ha il fulcro nella casa editrice abbia cercato di impedire con ogni mezzo la ricandidatura di Arno Kompatscher per il terzo mandato. 
Tutte le persone dotate di un minimo di buon gusto, buon senso, e di onestà intellettuale,  sanno che quelle scritte non sono solo opinioni legittime in un regime democratico – e già dovrebbe bastare - ma si avvicinano moltissimo alla realtà dei fatti. Solo che, come dimostrano questa azione spregiudicata e il tentativo di defenestrare Kompatscher, l’obiettivo a questo punto non più nascosto sembra essere quelli di esercitare una sorta di potere assoluto.  
 
 
Athesia controlla l’80% dei mezzi di comunicazione della Regione, italiani e tedeschi. Quando Gianclaudio Bressa fece il famoso emendamento per riportare le soglie di concentrazione mediatica al di sotto del 50 %, come era prima della infausta legge Gasparri, non solo i vertici, ma anche i dipendenti del gruppo fecero a tappeto pressioni assurde sui rappresentanti politici affinché non prendessero posizione pubblicamente. In consiglio provinciale ci fu poi un ridicolo dibattito sul pluralismo in cui i discorsi pronunciati dai più importanti rappresentanti politici di lingua italiana, di governo e di opposizione, furono scritti sotto dettatura. E il punto è che nessuno può dire nulla pubblicamente perché altrimenti scomparirà dall’80% dei mezzi di comunicazione della Regione. Non solo. Rischiano lo stesso trattamento le persone e i politici che mostrano pubblicamente simpatie per i mezzi di comunicazione “non Athesia”. Questa forma di pressione coinvolge moltissimi soggetti, in primo luogo i politici, ovviamente, ma in realtà anche tutti coloro che per la loro attività (sociale, economica, culturale) hanno la necessità o il desiderio di “comparire” e di avere una presenza sui media. Un altro fronte importante, come sanno bene i commerciali che non lavorano per il gruppo Athesia, andrebbe aperto per quanto riguarda la raccolta pubblicitaria, ma per ora è meglio concentrarsi sugli aspetti legati all’informazione.
Quando Gianclaudio Bressa fece il famoso emendamento per riportare le soglie di concentrazione mediatica al di sotto del 50 %, come era prima della infausta legge Gasparri, non solo i vertici, ma anche i dipendenti del gruppo fecero a tappeto pressioni assurde sui rappresentanti politici affinché non prendessero posizione pubblicamente.

Da direttore/Chefredakteur non è mia intenzione fare proclami tipo “non ci faremo intimidire” o “hasta la victoria siempre”, o “no pasaran” non mi imbavaglierò come avrebbe fatto Marco Pannella, e non preannuncio neppure contrattacchi con la baionetta. Noi continueremo semplicemente a fare quello che abbiamo fatto finora. Né più, né meno. Siamo certi che quello che noi (ed altri media piccoli come noi) stiamo facendo è giusto ed anche importante per non dire necessario, in questa terra. Michl Ebner è presidente o vice di 24 società oltre a quelle direttamente collegate al gruppo Athesia. E’ stato deputato SVP per tre legislature, eurodeputato SVP per altre tre legislature. E’ da tre mandati anche presidente della Camera di Commercio, che è un ente di diritto pubblico, ma avendo solo 71 anni si è candidato per un quarto mandato. Il fatto è che sono forse tre, o al massimo 4 gli imprenditori con le spalle sufficientemente larghe per mettersi apertamente contro di lui, e quindi Michl Ebner farà il quarto mandato e il giorno in cui deciderà di ritirarsi, fra una quindicina d’anni, designerà pure il suo successore.

Quello che sta avvenendo sarebbe già preoccupante se l’editore facesse soltanto l’editore e ci trovassimo in un luogo con dinamiche partitiche normali. Invece l’editore è pure un politico di un partito che da solo punta a stare da sempre sopra il 50% dei consensi e che grazie alla presidenza della Camera di commercio riesce a far arrivare la propria influenza in tutti i settori economici.  Ormai tutto questo in Sudtirolo è considerato normale, ma se un attacco come quello contro Salto avvenisse in qualunque altro Paese democratico, forse gli stessi giornalisti dipendenti del denunciante, la gran parte dei partiti, il mondo dell’informazione tutto, le categorie economiche, insorgerebbero contro  quell’azienda editoriale. Ma qui, la concentrazione di potere e il potere di influenza sono così alti che non abbiamo idea di quale possa essere la reazione. Noi, dunque, siamo qui per gettare un sasso nello stagno. Al massimo cadrà il silenzio tra un minuto e noi staremo qui come cani ad abbaiare alla luna. Ovviamente la nostra speranza è che la pubblica denuncia possa convincere qualcun altro che la situazione di “blocco democratico” in questa terra sia arrivata ad un livello molto pericoloso e che quindi sia giunto il momento non dico di alzare la testa, ma almeno di muovere un sopracciglio e indignarsi un poco.