Ezio Raimondi: una straordinaria avventura attraverso il Novecento e oltre

Sfidiamo il lettore a trovare una figura emblematica come quella di Ezio Raimondi, italianista del 1924 di caratura internazionale. Raimondi si può infatti considerare un comparatista senza eguali nel panorama non solo italiano. Di umili origini ha mostrato una eccezionale prolificità di studioso esigente e rigoroso, accompagnata da un grado di umanità rara da riscontrare in ambito accademico. Conversatore e conferenziere d'eccezione, ha allevato migliaia di studenti attraverso una voce e una scrittura dall'intonazione alta e modulata dal fascino irresistibile, una sorta di scarica elettrica, come lui stesso aveva definito l'impronta di uno dei suoi grandi maestri: Roberto Longhi. Tasso e Manzoni i suoi studi più alti, ma il panorama è così vasto da apparire sterminato.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Foto: Nathanael Peterlini

Inutile nasconderlo. Coloro che hanno in qualche modo frequentato schegge di vita con Ezio Raimondi sono in apprensione per la sua salute e allora si cerca di rimettere in circolazione qualche scritto della sua sterminata produzione, come ulteriore atto di devozione verso chi davvero ha dato moltissimo e per sempre a tutti noi. Ecco perché con Davide Monda ci si è messi in moto per radunare qualcosa di inedito in Italia e altri scritti dispersi in riviste e libri lontani nel tempo. Ci sembra, il lavoro, il solo atteggiamento degno verso colui che Davide Monda ha definito a ragione il maggior comparatista italiano. Raimondi è per dirla all'ingrosso uno degli studiosi di riferimento del nostro Tasso e del nostro Manzoni, ma ha rivestito così tante vite da studioso infaticabile e professore bolognese, emerito dal 1994, che diventa impossibile nello spazio di poche righe tracciarne una parabola professionale che ha visto anche negli Stati Uniti lo sviluppo di una parte importante, per non parlare di una parentesi brissinese di dodici anni, nel solco di un ritorno ideale agli anni di Magistero. Professore di letteratura italiana, di storia del teatro, Raimondi ha trascorso la sua vita a Bologna, legato pressoché da sempre alla casa editrice il Mulino della quale è stato uno dei motori inesauribili, ma il livello della sua opera l'ha portato a intrecciare sin da studente una particolare attenzione verso il mondo tedesco, verso una lingua che studiò già molto bene alle superiori e che rafforzò grazie alle cure del germanista Lorenzo Bianchi. Per un primo approccio a Ezio Raimondi basterebbe prendere in mano il suo recente La voce dei libri, per entrare in punta di piedi in un mondo già ricchissimo di suggestioni, dove il sentiero autobiografico diventa subito una costellazione di letture, di incontri, di uomini, spesso conosciuti così profondamente proprio perché scandagliati pagina per pagina, studiati davvero e intrecciati a infinite letture che chiamano per voce altri libri. La biblioteca raimondiana non riposa mai. I libri sono accatastati apparentemente alla rinfusa in uno studio dove sarebbe straordinario vedere i fili delle relazioni che li tengono insieme, creando una sorta di crogiolo tra affetti, conflitti, ricordi, ragioni e fatiche. Il libro per Raimondi diventa un volto da scrutare, come le espressioni assorte dei suoi studenti cercano di afferrare ad ogni età il senso di una letteratura trasformatasi in senso di vita tra persone amiche. Raimondi è stato un dono per il futuro così come per lui, in pagine recenti, l'immagine di Roberto Longhi, il grande storico dell'arte, riemerge con prepotenza lungo tutta l'asse della sua esistenza, sul filo di un rocordo intenso e praticato nel rigore della quotidianità. Certo ci sono stati i grandi amici, Franco Serra e Giuseppe Guglielmi su tutti, ma Raimondi ha la capacità di creare davvero quella tonalità affettiva, Befindlichkeit, intrisa di riservatezza e rispetto, che ne hanno sempre descritto una cifra discreta ma sostanziale. Anche nelle sue esperienze ultime a Bressanone ci ha insegnato il senso del lavoro quotidiano, della vigilata scrittura che nasce solo dalla fatica dello studio e dalla osservazione attenta e meditata. In tante occasioni abbiamo ammirato quest'uomo che pronuncia frasi esatte e pronte a essere stampate, in virtù di uno sforzo individuale che va letto come riguardo ulteriore verso il proprio interlocutore. Ora che giungono momenti difficili e si avvicinano le ore del distacco, le ultime pagine del libro, come lui le definisce, l'energia che ci ha trasmesso si rinvigorisce nella forza dell'operosità, del lavoro, nel non sprecare i giorni che ci sono donati.