L’inflazione erode gli stipendi
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L’inflazione pesa nelle tasche degli altoatesini. A fornire date certi è uno studio dell’ASTAT sugli stipendi del settore privato nel 2022, che mostra una crescita dei dipendenti nel settore privato nel 2022 sia rispetto alla pandemia (+7,0%, pari a +13.960 persone rispetto al 2021) che rispetto al pre-pandemia (+5,5% rispetto al 2019). Nonostante l’aumento degli occupati però la crescita non sta al passo con l’inflazione. Anche se gli stipendi sono cresciuti del 9,7% dal 2017 al 2022, raggiungendo una media di 31.639 euro annui, l'inflazione più elevata del 15,9% ha mangiato una fetta consistente di questa crescita, con una diminuzione reale dello stipendio pari al 5,3%. In pratica, i lavoratori altoatesini hanno meno potere d'acquisto di prima.
A pagare il prezzo più alto dell’aumento dell’inflazione sono stati i giovani: i lavoratori sotto i 20 anni hanno subito un vero e proprio “salasso”, con una perdita del 15,1% del loro potere d'acquisto. Il contrario degli over 60, che nel 2022 hanno goduto di un aumento dei salari reali rispetto al 2017 del 5,6%. Nessuno, purtroppo, è immune all'inflazione, che in Alto Adige colpisce tutte le persone con contratto dipendente privato, dai lavoratori più semplici ai più qualificati. Anche i dirigenti, che tradizionalmente godono di stipendi più elevati, hanno visto diminuire il loro potere d'acquisto del 6,5% negli ultimi cinque anni.
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Nonostante più della metà di tutti i dipendenti del settore privato nel 2022 ha un CCNL che rientra nel Turismo (57.687 persone) e nel Commercio (50.364 persone), i due contratti collettivi che coprono più personale dipendente registrano retribuzioni mediane annue lorde (rispettiva-mente 26.783 e 27.724 euro) inferiori a quella complessive. “Il 2024 è proprio l'anno dei rinnovi contrattuali per quanto riguarda il settore del turismo e del commercio – spiega la segretaria provinciale della Filcams Cgil Antonella Costanzo – che hanno individuato una somma che potesse fare fronte alla perdita di valore delle retribuzioni sia con un a tantum sia attraverso gli aumenti delle tabelle retributive”.
Risponde alle esigenze? “In parte – spiega Costanzo – perché gli aumenti contrattuali non sono mai sufficienti a coprire l’inflazione”. Ma tra i due settori più colpiti il vero dramma, secondo la sindacalista, si consuma nel commercio al dettaglio. “Il turismo è fatto di importantissime quote di retribuzione fuori busta paga, quindi gli stipendi reali di questa categoria di lavoratori generalmente sono più alti. La vera piaga sociale è quella della retribuzione dei lavoratori impiegati nel commercio delle grandi catene, dei discount, della distribuzione alimentare, dell'abbigliamento…”.
Per Costanzo, infatti, la retribuzione contrattuale in molti esercizi commerciali di vendita al dettaglio è evidentemente insufficiente ad affrontare il costo della vita attuale. “In Alto Adige solo una piccolissima parte di lavoratori occupata nel commercio ha retribuzioni più elevate della media e, con il costo della vita che c’è qui, è difficile per molte famiglie arrivare a fine mese anche con due stipendi”.