Società | a statuto speciale

“Cosa pensa del Sudtirolo?”

A Pisa, contrariamente alle aspettative, l'autonomia del Trentino-Alto Adige è vista con favore e ammirazione: per l'efficienza e i “soldi spesi bene”.
Gianni La Fortezza
Foto: Valentino Liberto

Qual è l'immagine dell'Alto Adige in Italia? È “una provincia ricca sulle spalle degli italiani”, oppure una terra di vacanze, bei paesaggi e prodotti tipici? A questo interrogativo hanno provato a rispondere lunedì sera in diretta su Rai Südtirol Arno Kompatscher, Oktavia Brugger, Stefan Wallisch e Gabriele Di Luca, ospiti di “Am Runden Tisch”. Di Luca, insegnante ed editorialista di origini toscane, ha posto a inizio trasmissione un'ulteriore questione: “Come suonerebbe la domanda opposta? A proposito di debolezze, sarebbe il caso di tematizzare pure l'immagine che ha il Sudtirolo dell'Italia, perché questa sicuramente ha delle conseguenze sulla domanda cui vogliamo rispondere oggi”. Ma cosa pensano veramente del Sudtirolo “gli italiani dell'Italia”? Siamo andati a chiederlo in Toscananel regno che fu di Matteo Renzi, che in passato non esitò a chiedere l'abolizione delle regioni a statuto speciale – e più precisamente a Pisa. Il malumore verso l'autonomia è davvero così grande? Tra i pisani non si direbbe.

All'ingresso del polo universitario “Piagge” di giurisprudenza, scienze politiche ed economia, è seduto (bici da corsa al suo fianco) Fulvio Pesci, agente immobiliare pisano: “Il Trentino-Alto Adige è ganzissimo, si trova proprio sulla frontiera. State proprio bene in Trentino, avete gli alpini e delle mele buonissime...”. In Toscana, come in altre parti d'Italia, è molto comune confondere (o sintetizzare) l'Alto Adige con il Trentino. Non è il caso di Valentina Puccini, proprietaria del caffè-pasticceria “La Delizia” in Corso Italia, la via dei negozi (e dello “struscio” domenicale) nel centro storico di Pisa: “È un posto meraviglioso, l'Alto Adige, fantastico” mi risponde senza alcun tentennamento. “Ci sono stata molto bene, gli altoatesini sono persone che al commercio ci sanno stare – e operando nel settore sono attenta a quest'aspetto – hanno cura delle vetrine, c'è pulizia e ordine nelle strade. Certo, la mentalità è un'altra, è severa, e i prezzi sono più alti”. A Pisa invece “purtroppo è aumentato il degrado”. Quando le chiedo una foto, Puccini si mette in posa sorridente dietro al fornitissimo bancone dei dolci, “per noi è tutta pubblicità”.

Basta proseguire più avanti, verso la stazione di Pisa Centrale, per riscontrare il fiorire di sale da gioco e attività commerciali aperte da cittadini di origine straniera; un paesaggio urbano in stato di abbandono, sconosciuto alle città del Sudtirolo. Qui sta l'edicola di Gianni La Fortezza: “Da voi va sicuramente meglio che nel resto d'Italia – e che funzioni meglio si legge ovunque – a parte questa storia dei cartelli. Io mi considero un nazionalista, giustamente è una regione autonoma con la propria storia e autonomia, ma se si parla di togliere i nomi italiani, ebbene: per rispetto devono restare a fianco a quelli tedeschi”. Per deformazione professionale, l'edicolante La Fortezza è venuto a sapere della querelle toponomastica dai giornali, “ogni giorno li leggo tutti: è come se un macellaio non conoscesse la fiorentina!”.

L'orto botanico – tra i più antichi d'Italia – fa parte del dipartimento di biologia dell'Università di Pisa, e sorge a pochi passi da piazza dei Miracoli. La Torre pendente fa capolino tra i tetti degli edifici che si affacciano sulla fitta vegetazione dell'orto, dove molti studenti universitari trascorrono la propria pausa pranzo. Mi trattengo con due di loro, seduti vicino ai laghetti. “Non mi sono mai posta la domanda – risponde Kika Gerini, che studia biologia della conservazione e recentemente si è recata in vacanza a Merano – ciò che mi rimanda all'Alto Adige sono l'isolamento (non solo in senso geografico) e l'efficienza, le prime due parole che mi sovvengono. Ma non ho particolari nozioni storiche a riguardo”.

A Mauro Giuliano, studente di ingegneria aerospaziale con radici sarde, il Trentino-Alto Adige è sempre piaciuto “anche per la mia passione della montagna: rimasi molto colpito da una puntata di Report, sullo spopolamento delle Alpi al Nord-Ovest. Un fenomeno spontaneo, spronato però dalla politica di delocalizzazione degli ospedali. Invece in Trentino e Alto Adige è prevalsa l'idea di mantenere aperte le scuole di montagna anche con pochissimi alunni, perché poi a cascata gli ospedali vanno tenuti aperti, e le strade pulite in inverno. È tutto ottimizzato, avete più soldi e fate le cose bene. La mia ragazza, architetto, anziché andare all'estero ha scelto Rovereto, dove rinnovabili ed edilizia ecosostenibile la fanno da padrone e non, come in Toscana, le colate di cemento armato a pioggia. La cultura della montagna non è solo legata alle infrastrutture, lo spirito montanaro è insito nella gente, basta vedere l'abbigliamento sportivo. I tempi in cui mio zio, in vacanza sulle Dolomiti, si sentiva messo in soggezione oppure gli alpini trovavano il letame nel bagagliaio mi sembrano lontani”. Che non sia tutto oro quel che luccica, è però noto a Gerini e Giuliano: in campo ambientale si può fare di più anche in Sudtirolo e Trentino.

Forse il problema non è tanto cosa pensiamo noi del Sudtirolo, quanto i sudtirolesi dell'Italia

“Ma in Sudtirolo – aggiunge scherzosamente Gerini – sanno della disputa tra Ponsacco e Pontedera? (due località della provincia di Pisa, ndr) Forse il problema non è tanto cosa pensiamo noi del Sudtirolo, quanto i sudtirolesi dell'Italia, sembra esserci un 'mito' dell'Italia”.  Un mito evidentemente difficile da sradicare, quello del "pregiudizio italiano" verso l'Autonomia sudtirolese meno diffuso di quanto si creda.