Rino Tommasi e Gianni Clerici, due amici insostituibili...

Mi sono chiesto molte volte quali potessero essere in una vita i momenti davvero irrinunciabili per i quali valesse il profumo del ricordo che apre immediatamente al sorriso. Tra questi vi sono alcuni frammenti che Rino Tommasi e Gianni Clerici ci hanno donato con la leggerezza e l'acume di chi sa interpretare l'esistenza con impegno e ironia, in quella malattia che si prende spesso da piccoli e che si chiama tennis. Nel mondo dei "gesti bianchi", che ora sono diventati qualcosa d'altro, si può trovare il senso di uno sport che si allarga alla vita, nella dimensione "very international", l'unica forse che ci fa cittadini del mondo ma con i piedi ben piantati a terra.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Foto: Transart23

Chi non ha mai assistito per sbaglio o per scelta a una telecronaca di Rino Tommasi e Gianni Clerici? Chi non ha letto un loro articolo, un  loro libro, chi non è incappato in questi due giornalisti d'eccezione così diversi e complementari dal farne una coppia così ben assortita al punto da mettere in ombra le due adorate mogli, e la rispettiva figliolanza. Forse non pochi tra coloro che potenzialmente potrebbero leggere queste righe buttate giù di buon mattino tanto per riscaldare i polpastrelli di una lunga giornata. Eppure è straordinaria la diversità dei tipi. Rino, figlio di un alto dirigente del Coni, fu subito giovanissimo organizzatore di pugilato, scrivendo tra l'altro alcuni almanacchi dedicati alla boxe negli anni cinquanta del Novecento, che sono pietre miliari di una documentazione certosina. Poi giornalista alla Gazzetta, chiamato da Palumbo, un grande direttore della rosea, che lo manda in mezzo mondo a seguire tennis e boxe, infine il passaggio a madama televisione, prima a Canale 5, in seguito Capodistria, Telepiù, Sky...ma nel frattempo continuando a scrivere per diverse testate e spesso in aereo, almeno tre libri memorabili: Storia del tennis per Longanesi, La grande Boxe per Rizzoli, e una recente autobiografia annessa a un repertorio di classifiche per Limina (la grande passione statistica ha dato anche alcune edizioni degli almanacchi Panini dedicati al tennis e altre pubblicazioni simili). Rhino, come lo definisce Gianni Clerici, è un professionista di livello internazionale, duro come un diamante per competenza, chiarezza, documentazione. Doti che nascono da una passione profonda per lo sport, da un lavoro indefesso e quotidiano, che continua anche in età avanzata, è del 1933, e una limpidezza caratteriale di fondo che non nasconde un divertimento quotidiano sia nell'impegno che nei momenti più rilassati. Gianni è il contraltare. Arioso, quasi bizzoso, con questa vocina ironica e sfuggente, comacino doc, ricco e di sinistra, mi chiedo quale, è uno dei migliori conoscitori del gioco al quale ha dedicato la vita e che gli ha dato la fama mondiale con il suo 500 anni di tennis tradotto in una decina di Paesi, la vera Bibbia di questo sport che ha amato come pochi. Autore e scrittore di originalità inusitata, specie nei decenni aurei tra i sessanta e gli ottanta, è stato compagno di telecronache che sono entrate nel costume collettivo, grazie anche al linguaggio di una coppia affiatata, che ha destato l'attenzione di Time in un memorabile articolo. Influenzato dallo spirito anglosassone degli anni trenta, Clerici, pessimo poeta, ha scritto articoli ormai leggendari soprattutto sul Giorno di Milano, chiamato dal grandissimo Gianni Brera. Il vero tennis per Longanesi, Il grande tennis un testo sulla Coppa Davis italiana nella storia per Mondadori sono altre due gemme imperdibili del suo repertorio, ma non sono da trascurare anche due raccolte di racconti Fuori rosa e Quando viene il lunedì. Estroso e stravagante, eccentrico e imprevedibile, sembra costituire la "fimmina" del "masculo" Rhino, in un gioco delle parti strepitoso, specie quando in una sorta di tetrino improvvisato e ricamato in diretta sugli eventi del capo di gioco ma anche al di fuori di esso, per contesto, si dipana un dialogo che non a nulla da invidiare alle piece di Noel Coward. Scatta in quei momenti il divertimento assoluto. Celebri le battute. Indimenticabili le intonazioni. Immacolati i neologismi, svariati, inossidabili i soiprannomi. "McJesus" è McEnroe per Gianni, "chiamato a giocare di fino, dimostrava le sue umili origini" scandiva Tommasi, per coloro che erano inabili a scendere a rete...ma su YouTube potete trovare qualche scampolo di vita vissuta, oltre che a straordinari frammenti dei campioni del passato. Vi sono immagini straordinarie di Laver, Hoad, Rosewall...Kramer, Borg, Connors, senza dimenticare che il Federer dei nostri giorni è forse il modello più completo mai apparso dentro e fuori dal playground. Sky fece qualche anno fa un atto che lascia esterefatti a tutt'oggi: silurò la coppia Clerici-Tommasi in un battibaleno, tra le proteste degli abbonati, affidando le telecronache a illustri sconosciuti o giù di lì, e facendoli commentare da studio, una follia da dilettanti. Questo è il livello di una televisione che sotto sotto conosce la pratica della raccomandazione anche nelle news in molti curricula. Sta di fatto che nessuno potrà privarci dei nostri ricordi, delle nostre frequentazioni, delle indelebili emozioni che due grandi professionisti dello sport e del giornalismo scritto e televisivo hanno saputo fornire nell'aurea seconda metà del Novecento.