
Quell’irresistibile voglia di perdere
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Niente da fare, a Trento la destra non passa. Il 4 maggio 2025 non ha fatto eccezione. Dopo il primo sindaco socialista della Liberazione (Gigino Battisti, figlio del martire Cesare), una fila di democristiani e poi di postdc e pure un postcomunista. Sempre vittorie al primo turno.
Negli ultimi trent’anni ci hanno provato, invano: un architetto leghista e un postdc berlusconista (Filippin e Perego contro Dellai, nel 1995); un primario di chirurgia (Eccher contro Pacher, nel 1999); un ex frate infermiere dal cognome inquietante (Cia, contro Andreatta, 2015); cinque anni fa ci ha provato un polemico paggio col ciuffo biondo (Merler contro Ianeselli), stavolta – disperatamente e tardivamente (si era sventolato a lungo il nome del patron del Calcio Trento Giacca) – ci ha provato la prima sfidante donna, la semisconosciuta titolare di bar Ilaria Goio (omonima ma non parente del sindaco Adriano, regista del rinascimento del centro storico di Trento negli anni Ottanta).
La differenza tra Trento e Bolzano è che lassù la destra gioca per vincere, quaggiù pare che ci prenda gusto a perdere
Forse Trento non ama alla follia Ianeselli (che confessa il suo vizio capitale: sono un iroso), ma ancora meno ama le avventure con il primo destrorso (o destrorsa) che passa. Sempre inchiodati intorno al 30% restano, fuori al primo turno e avanti un altro. Non poteva certo fare il miracolo la prima donna, la persona politica meno conosciuta che il centrodestra potesse pescare (uno quasi gli vien da pensare: ma lo fanno apposta?).
La differenza tra Trento e Bolzano è che lassù la destra gioca per vincere, quaggiù pare che ci prenda gusto a perdere. Con il Pd che tiene botta al 25% (ma con l’iniezione del 7% e rotti della Futura nel 2020) e la Lega fiacca come non mai, non meraviglia che Trento resti fortino progressista inespugnato.
Fratelli d’Italia cresce in Trentino ma nel capoluogo non morde (14%) e il sindaco di centrosinistra Ianeselli è riconfermato al primo colpo, con quasi il 55%. Il capoluogo della Pat resta refrattario al Patt e ai suoi confratelli di destra e resta città aperta, cattoprogressista. Dal dopoguerra ad oggi i sindaci sono stati democristiani, post-dc, neo-margheritini e post-diessini, psicologi di area sinistra (Pacher), professori di scuola cattolica (Andreatta) o sindacalisti di scuola laico-progressista (come Ianeselli) ma il risultato resta identico.
Nonostante il leghista Fugatti spadroneggi in Provincia, la capitale del WelschTirol va in direzione ostinata e contraria.
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Da nove a 14 le donne sui 40 del nuovo Consiglio comunale, nelle preferenze svettano loro, le ex giovani speranze ora certezza lanciate da Ianeselli (la vicesindaca Elisabetta Bozzarelli; l’assessora all’ambiente Giulia Casonato, ex Futura) e fa un grande risultato la presidente della circoscrizione di Gardolo Gianna Frizzera, che nella lista dellaiana Campobase stacca tutti e insieme a ben due neoeletti di origine albanese contribuisce alla clamorosa eliminazione di Paolo Piccoli, presidente del Consiglio comunale uscente. Il Campobase lo lascia alla base.
Per essere stato il candidato di metà Fugatti e tre assessori interi della giunta provinciale Fugatti (il civico Gottardi, il fugattista Spinelli e l’autonomista Marchiori) il giovin Andrea Demarchi – ultimo post tra mamma e papà, immagine rassicurante all’insegna “sono uno dei vostri” – raccoglie meno del 5%. Un po’ pochino per prefigurare un futuro.
Anche gli ormai inesistenti 5Stelle, insieme a Rifondazione comunista e all’Onda dell’ex grillino Degasperi (tutto attaccato e non discendente di Alcide) si fermano al 7% con la candidata Giulia Bortolotti, anche lei ex Futura, movimentista e antisistema.
A Riva del Garda il nuovo volto del centrosinistra Alessio Zanoni ha quasi fatto il colpo al primo turno e ha buone chance nel ballottaggio
Interessante il 5% e i due consiglieri ottenuti dall’ex presidente pd della circoscrizione centro storico Claudio Geat, ingegnere idraulico che più forte ha lanciato l’allarme sul cantiere del bypass ferroviario sotterraneo. Il tema non ha emozionato la metà dei trentini che hanno deciso di votare ma si farà sentire in Consiglio comunale. Anche contro la funivia in quattro tronchi Trento-Vason sul Bondone, che è il costosissimo (80 milioni) progetto bipartisan (Fugatti e Ianeselli uniti) del prossimo futuro.
L’asta dell’Adige comunque rimane politicamente una spina nel fianco dell’impero fugattista. Poco più a nord, a Lavis, il centrosinistra con gli autonomisti ha dato l’80% dei voti a Paolazzi; Rovereto ha votato l’anno scorso ed è restata in mano al centrosinistra della sindaca Giulia Robol. Ora Trento ha confermato Ianeselli mentre a Riva del Garda il nuovo volto del centrosinistra Alessio Zanoni ha quasi fatto il colpo al primo turno e ha buone chance nel ballottaggio. Se si considera che ad Arco Arianna Fiorio, candidata di sei liste variamente ambientaliste, fronteggerà al ballottaggio il candidato del centrodestra, significa che solo Pergine Valsugana, tra le cinque più popolate città del Trentino, vede in testa un candidato in linea con il presidente della Provincia. Per un minimo di checks and balances nel Trentino fugattista, è pur sempre meglio di niente.
Se poi “il Franco” diventerà davvero nell’autunno 2028 il contendente del terzo mandato “del Maurizio” lo diranno gli dei della politica.
Se poi “il Franco” diventerà davvero nell’autunno 2028 il contendente del terzo mandato “del Maurizio” (un terzo mandato, con ricorso incombente, su cui Fugatti ha strappato con Fratelli d’Italia e si è guadagnato un bonus di due consiglieri provinciali aggiuntivi), lo diranno gli dei della politica. I precedenti di Dellai e Pacher, passati dal Palazzo Geremia del Comune al Palazzo della Provincia, pesano. Lui, il Franco, intanto ha fatto il bis. Come Mau Fu Gat. Due bis-vincenti: fra tre anni forse concorrenti.
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