Cultura | nuova musica
Un mare di suoni
Foto: Anna Cerrato
L’opera che il Bolzano Festival Bozen ha commissionato a Georg Friedrich Haas ha avuto la sua prima assoluta al padiglione 3 della Fiera di Bolzano alle ore 19, e una replica alle ore 21 cui abbiamo assistito.
“11.000 Saiten – for 50 microtonallly tuned pianos and chamber orchestra” è il titolo della composizione. I pianisti erano studenti e docenti del Monteverdi e di altre istituzioni. Gli orchestrali erano quelli della Mahler Academy Orchestra, 19 violini, 7 viole, 5 violoncelli, 3 contrabbassi, 2 flauti, 2 clarinetti, 2 tromboni, 2 set di percussioni, e pure oboe, fagotto, corno, tromba, arpa, clavicembalo, celesta, fisarmonica e sassofono. Una macchina sonora enorme, nelle mani di un compositore affermato, classe 1953, la cui musica è pubblicata da Universal Edition, docente di composizione a New York presso la Columbia University.
“11.000 Saiten – for 50 microtonallly tuned pianos and chamber orchestra” è il titolo della composizione. I pianisti erano studenti e docenti del Monteverdi e di altre istituzioni. Gli orchestrali erano quelli della Mahler Academy Orchestra, 19 violini, 7 viole, 5 violoncelli, 3 contrabbassi, 2 flauti, 2 clarinetti, 2 tromboni, 2 set di percussioni, e pure oboe, fagotto, corno, tromba, arpa, clavicembalo, celesta, fisarmonica e sassofono. Una macchina sonora enorme, nelle mani di un compositore affermato, classe 1953, la cui musica è pubblicata da Universal Edition, docente di composizione a New York presso la Columbia University.
Al centro dello spazio stavano gli schermi che mostravano il cronometro al quale gli orchestrali facevano riferimento per la loro esecuzione. Attorno agli schermi stava il pubblico circondato dagli orchestrali, e dietro loro stavano i pianisti. Gli orchestrali guardavano agli schermi e al pubblico, i pianisti gli volgevano le spalle, che sui loro tablet scorreva la partitura a tempo giusto.
La musica di Haas scorreva per fasce sonore, sonorità affascinanti, moderne consonanze. Le dinamiche si muovevano dal pianissimo al fortissimo possibile a 50 pianoforti e orchestra. Sonorità lievi si trasformavano in muri di suono i cui decibel inducevano alcuni ascoltatori a coprirsi le orecchie.
Per molti minuti è parso di navigare in un cangiante mare di onde sonore, talvolta di esserne sommersi, senza il timore di non riemergere. Un tempo che sentivamo appagante, mossi dalla curiosità di cosa ci avrebbe riservato nelle prossime battute l’invenzione del compositore.
La musica di Haas scorreva per fasce sonore, sonorità affascinanti, moderne consonanze. Le dinamiche si muovevano dal pianissimo al fortissimo possibile a 50 pianoforti e orchestra. Sonorità lievi si trasformavano in muri di suono i cui decibel inducevano alcuni ascoltatori a coprirsi le orecchie.
Per molti minuti è parso di navigare in un cangiante mare di onde sonore, talvolta di esserne sommersi, senza il timore di non riemergere. Un tempo che sentivamo appagante, mossi dalla curiosità di cosa ci avrebbe riservato nelle prossime battute l’invenzione del compositore.
Ma col passare del tempo questa bella emozione veniva meno.
Ci siamo trovati a pensare che negli anni 80 erano gli strumenti elettronici commerciali che per legittimarsi proponevano imitazioni via via più fedeli degli strumenti tradizionali, mentre ora 50 pianoforti “scordati” ad arte e un’orchestra, complice il lungo riverbero del padiglione, producevano sonorità non sostanzialmente dissimili da quelle possibili per via di comuni software con oscillatori, delay, pitch shift, harmonizer e ring modulator.
Negli ultimi venti minuti la musica procedeva con una struttura ripetitiva, una lunga serie di crescendo e decrescendo fino al pianissimo. Si attendeva, e si poteva scommettere tra se e sé, quale sarebbe stato quello conclusivo. Alcuni spettatori hanno preso anzitempo la via dell'uscita, qualche orchestrale si è lasciato andare a degli sbadigli poco professionali.
Quando dopo oltre 60 minuti la fine è arrivata, vi è stato un lungo silenzio, che non ci è parso carico della concentrazione e della gratitudine propria dell’aver assistito all’esecuzione di una musica memorabile, ma piuttosto frutto dell’imbarazzo di essere gli autori di un applauso fuori tempo.
Quando gli applausi sono scattati sono stati generosissimi. Il favore del pubblico per questa musica lontana dalla tradizione tonale dimostra ancora una volta come sia possibile una programmazione artistica che lasci ampio spazio al contemporaneo.
Per i giovani talenti dell’Accademia Mahler è stata certamente un’esperienza formativa importante. Per chi scrive il termine con cui ricordare l’evento è quello di rammaricata delusione.
Delusione rispetto gli esiti artistici di un tale dispiegamento di mezzi e talenti, ovvero di una tale macchina sonora a disposizione di un compositore che ha scritto pagine importanti della storia musicale.
Rimane il nostro auspicio che nuove commissioni diventino un elemento caratteristico di questo Festival, che fa di Bolzano una città importante nel panorama musicale europeo.
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