Cronaca |
A Michaela B., caduta da cadrega
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Son Michaela, amazzone di Silvio
venni epurata dal docile Letta.
Mai decisione fu sì pronta e netta,
come tenaglia che su ponte Milvio
spezza il lucchetto pegno d'amor. Retta
d'amor per chi fe' salir sul declivio
la nostra Italia, in ogni quadrivio
sua grandezza gridai, come gli spetta.
Or poveretta qui giaccio spossata
hanno accettato le mie dimissioni
ch'eran soltanto una mossa, una posa.
Gli altri ministri han la sedia gloriosa,
perse per me le semplificazioni.
Non c'è che dir: è una vera tranvata.
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Per una volta mi han preso
Per una volta mi han preso sul serio:
mi son dimessa e l'hanno accettato.
Il risultato non era scontato.
Se agli altri no e a me sì: qual è il criterio?
No, non ci sto, il mio è proprio un martirio.
Ho offerto il collo e lor l'hanno affettato;
e non mi hanno nemmen contattato:
ch'io sia una martire non è misterio.
Son furibonda, questo è proprio mobbing:
io li denuncio, gl'intento una causa!
Mi devon reintegrare, è sì, mi spetta!
Lo dico anche allo zio Gianni Letta,
se ha autorità sul nipote, che la usa!
Adesso basta, vado a fare jogging.
Non ce la faccio, mi devo
Non ce la faccio, mi devo sfogare
(e questa volta, alla Giorgio Caproni
rimetto in auge le rime in -are).
Sono la più fedele a Berlusconi,
ed è per ciò che m'han tolto i galloni,
sono riusciti a farmi sloggiare.
No, non ci sto, sono quattro cialtroni:
ai traditori la farò pagare!
Li faccio mordere dal mio carlino,
gli aizzo contro i miei grandi elettori,
dovranno chieder perdòno perdòno,
fin che conceda a lor tutti il condono.
Basta discuter di quei malfattori:
torno a portare l'acqua al mio mulino.