Società | I dati

La paura fa novanta

Quando il terrorismo cambia le nostre abitudini. La fotografia del Censis dopo gli attentati di Parigi e l'avanzata dell’IS. Si rinuncia a viaggiare ma non solo.

Sono 8,3 milioni gli italiani che hanno modificato i loro comportamenti quotidiani sotto la minaccia del terrorismo. La psicologia della paura ha dunque trionfato? Secondo uno studio del Censis - condotto all’indomani degli attentati di Parigi - sembrerebbe così. Il 65,4% degli intervistati afferma di aver modificato almeno un’abitudine; il 15,9% quelli che ne hanno cambiate quattro o più. Il 73% preferisce non fare viaggi all’estero, specie in Paesi a rischio attentati. I maggiori rinunciatari sono i giovani tra i 18 e i 34 anni (il 77%). Il 53% evita luoghi simbolo, i cosiddetti obiettivi sensibili, come monumenti, stazioni ferroviarie e piazze. Una percentuale lievemente inferiore, il 52,7%, evita cinema, teatri, musei e concerti. Il 27,5% dice no a metropolitana, treno o aereo. C’è anche chi sceglie di non uscire nemmeno più la sera (18%). Ad essere più impaurite sono le donne tra i 35 e i 44 anni, che abitano nel centro , soprattutto a Roma (del resto anche il Giubileo è partito con numeri molto al di sotto delle aspettative).

Artwork: Tjeerd Royaards

Alcuni, il 24%, chiedono la chiusura delle frontiere - incluse quelle fra i Paesi europei -, molti invocano la “creazione di una forza europea che bracchi i terroristi ovunque nel mondo” (44%). “È come se gli attentati al caffè e allo stadio di Parigi – fanno sapere dall’Istituto di ricerca – avessero instillato nel cuore degli italiani la convinzione che il pericolo viene anche dallo stile di vita e dal modo di gestire gli spostamenti”. Nel frattempo cresce anche la diffidenza: la percentuale dei cittadini convinta che l’immigrazione sia un problema è cresciuta, tra il 2010 e il 2015, dal 12% al 31%. Va tuttavia sottolineato che solo il 56,4% dei migranti è di religione cristiana, mentre solo il 26,3% è musulmano. Il 44% ha una opinione negativa della religione musulmana, ciò si registra sia da parte di chi non ha mai avuto rapporti con cittadini islamici (45%), sia tra chi ha con loro relazioni quotidiane (41%). Quali sono le proposte suggerite da chi ha paura? Oltre alla già citata necessità di una forza europea risolutrice e della chiusura delle frontiere, il 38,6% giudica fondamentale aiutare le forze democratiche e laiche dei Paesi arabi. Il 27% chiede pene più severe per i terroristi arrestati. Il 26% propone di investire contro il disagio sociale nelle periferie e tra gli immigrati. Il 25,8% ritiene opportuno sostenere ovunque i cosiddetti islamici moderati. Il 17,7% è favorevole all’idea di attaccare militarmente lo Stato islamico in Siria e Iraq. Il 13% infine vorrebbe vietare la preghiera degli imam estremisti e nelle moschee non autorizzate.

Più cresce la sensazione di insicurezza, inoltre, più a rischio è il rapporto con gli immigrati. Secondo il 64% dei cittadini dell'Ue la discriminazione etnica è diffusa nel proprio Paese e il dato sale al 73% tra gli italiani (nel 2012 erano il 56% degli europei a percepire la presenza di forme di discriminazione etnica nel proprio Paese e il 61% degli italiani). Analizzando tuttavia esempi concreti, riferiscono i ricercatori del Censis, i pregiudizi sembrano in parte cadere. La maggior parte dei cittadini europei (71%) e italiani (69%) dichiara che si sentirebbe a suo agio se una persona di origine etnica diversa da quella della maggior parte della popolazione ricoprisse la carica politica più alta nel proprio Paese. E solo una minoranza di italiani dichiara che si sentirebbe a disagio se avesse un collega di lavoro appartenente a un altro gruppo etnico, di colore (14%) o di origini asiatiche (14%). Le barriere, invece, non cadono quando si propone una persona di etnia rom. In merito gli italiani dichiarano nel 43% dei casi che non si sentirebbero a proprio agio se avessero come collega una persona rom (a livello europeo il dato si ferma al 20%).