Politica | gastbeitrag
La scuola va messa al centro
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Leggo, con piacere, dell' intervento anche da parte di un sindacato sul problema della scuola bilingue. Riflettevo proprio sul fatto che, in questo momento, auspicherei davvero un dibattito sul tema in tutto il mondo della scuola, che non è costituito solo da alunni e insegnanti.
Molti sono invece gli interventi di genitori o esponenti politici, relativamente pochi di professionisti del settore. Eppure, si tratta di un mondo molto vasto. Il sistema scuola. Qui in provincia addirittura ripartito in quattro: tedesco, italiano, ladino e formazione professionale.
Nomino in ordine di grandezza numerica. O forse sulla formazione professionale abbiamo cifre più alte.
Leggo di programmi, che non ci sono più. Lo sappiamo, che abbiamo da tempo i piani individuali: non è irrilevante, bensì fondamentale. Abbiamo la possibilità di cambiare e modulare il piano di studi a seconda delle esigenze della classe, di cambiarlo il settembre successivo.
Però, il problema c'è, e qui concordo. Abbiamo studiato per anni storie diverse. Abbiamo utilizzato testi scolastici nazionali per le scuole italiane, testi autoprodotti per scuole tedesche. Non abbiamo mai trattato la storia locale nelle scuole italiane, la storia sudtirolese è parte fondamentale dei piani di studio delle scuole tedesche. E nelle scuole ladine? Sfido chiunque proponga a gran voce il modello ladino a rispondere alla domanda di quale storia si studi. Su come qui si insegni la matematica. O il diritto.
Perché non è solo questione di "in quale lingua". E già qua si apre un mondo. Ma di "come" e "cosa". Occorre viverci, nelle classi. Perché siamo la scuola delle tante storie che non concordano tra loro.
Quanto scrivevo: le memorie, e le conoscenze, devono essere condivise. La didattica è cosa molto complessa. Occorrono decenni di studi per formare un insegnante.E a proposito. Abbiamo sufficienti insegnanti formati per realizzare questo modello paritetico?
Nelle materie scientifiche, ad esempio? I docenti non sono intercambiabili ogni sei mesi. Come le lampadine. Tranne forse gli insegnanti CLIL, che sanno insegnare in più lingue, ma, soprattutto, conoscono la metodologia per farlo. Cosa difficile che richiede competenze particolari. Quanto abbiamo valorizzato gli insegnanti CLIL, veramente? Quelli diplomati, intendo, che hanno seguito un faticoso corso di specializzazione universitario di due anni. Quanto abbiamo valorizzato, veramente, questi percorsi che sarebbero stati, e lo dico da formatrice CLIL, fondamentali soprattutto per una realtà come la nostra provincia? Chi li ha sostenuti?
Lascio riflettere sulla risposta.
Peraltro non ho compreso il riferimento al modello lappone, purtroppo non lo conosco. Già sarebbe sufficiente conoscere bene quelli locali. Ma purtroppo io ho la sensazione che a forza di studiare cose diverse non ci capiremo mai. A forza di non mettere la scuola al centro, in una provincia che avrebbe avuto mezzi economici e autonomia decisionale per farlo, abbiamo perso immense possibilità. Di crescita culturale, di chance per i nostri figli. Di dare forza e dignità agli insegnanti, soprattutto quelli che hanno studiato, superato concorsi e selezioni, corsi di specializzazione universitari e di aggiornamento anche se nessuno lo sa, patentini di bi e trilinguismo; che hanno elaborato decine di piani individuali, sostenuto colloqui con genitori di ogni etnia e fede religiosa e presenziato a infinite ore di riunione.
Quelli, e sono tanti, che hanno studiato le normative scolastiche, che per noi sono sia locali, che nazionali ed europee. E che sanno bene che il nostro obiettivo principale è il successo formativo degli alunni. Che la scuola deve essere inclusiva, plurilingue e garantire pari opportunità. Favorire l'incontro di popoli e culture. Che l'importante è comunicare, in un clima di reciproca comprensione e accettazione. Pazienza lo sbaglio, nelle lingue è impossibile essere perfetti. La "teoria dell'errore" che favorisce l'apprendimento. Il vero errore sono le chiusure. Non parlare, anche in contesti extra classe. Vedi ricreazione, gite, sport. Nel contesto reale e quotidiano. Perché, come ripeto, i linguaggi si arricchiscono reciprocamente, in un interscambio continuo. Le nostre tre lingue ufficiali si stanno tutte e tre indebolendo. Non solo una.
Un motivo ci sarà.
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Es ist interessant zu sehen,
Es ist interessant zu sehen, wie von italienischer Seite, zum Teil aber auch von deutscher Seite, die jüngste Geschichte vollkommen ausgeblendet wird. Dabei kann sich auch die Schule nicht an der Geschichte vorbeischwindeln und so tun, als wenn es sie nicht gegeben hätte. Die deutsche Schule wurde in Südtirol im Jahr 1925 verboten, wer im Geheimen deutschen Unterricht gab, wurde verfolgt und schwer bestraft. Das hat ein Trauma hervorgerufen, das teilweise noch heute besteht, aber von italienischer Seite nicht gesehen oder teilweise sogar lächerlich gemacht wird, was die Sache noch mehr kompliziert. Versuche, die deutsche Schule in Südtirol zu untergraben, werden daher automatisch mit dem Faschismus in Verbindung gebracht, der dieses Ziel ja sehr konsequent verfolgt hat. Von italienischer Seite hat es bis heute keine Bemühungen gegeben, sich von der faschistischen Vergangenheit zu distanzieren. Daher kann man Vorschlägen für eine neue Schulpolitik, die sich von der alten, faschistischen Politik nicht distanzieren, keinen Glauben schenken.
In risposta a Es ist interessant zu sehen, di Hartmuth Staffler
Man liest immer wieder,
Man liest immer wieder, gerade von Leuten, die sich ansonsten gern selbst internetnisch geben, die Minderheit der Deutsch-Südtiroler-innen Italiens hätten, selbst wenn es um grundlegende Rechte geht, (freiwillig) zu verzichten. Wieso eigentlich? Minderheitenrechte sind Menschenrechte.
Man tut hingegen so, als stünden diese eh nur sehr wenigen und hart errungenen Schutzmaßnahmen zugunsten der angestammten Bevölkerung Südtirols nach den gemachten Erfahrungen der Kolonialisierung und des Ethnozids im 20.Jh. zur Disposition. Unter anderem das (tatsächliche) Recht der Kinder und Jugendlichen mit Minderheitenhintergrund auf muttersprachlichen Unterricht. Natürlich auch, weil die Politik hier allzu lange die Wirklichkeit ausgeblendet hat und zum Teil noch immer so tut, als seien Rechte fix und müssten nicht tagtäglich gelebt/verteidigt werden. Unter anderem auch gegen Zuschreibungen, Diffamierungen eines Mairs auf FF (ff 14/23), der Artikel 19 des Autonomiestatuts sei nur noch überkommenes "ideologisches" Relikt, die (eh mehrsprachige) deutsche Minderheitenschule Südtirols mit zwei Unterrichtssprachen Deutsch (L1), Italienisch (L2) und mindestens einer Fremdsprache, Englisch (L3), sei eine geschlossene Schule, an der maßgeblich keine Begegnungen mit anderen möglich seien und gar eine gesellschaftliche Gefahr.
Dass Identität fluid ist (vgl.a. Jürgen Habermas), ist allgemein bekannt. Auch, dass die Tücken der Nähe Begegnung/Vergegnung beinhalten (vgl.a. Georg Gadamer). Das ist in Südtirol nicht anders (vgl.a. Siegfried Baur).
Aber wieso sollte man deshalb z.B. Geschlechtern oder Minderheiten das eigene Verständnis bzw. ihre Rechte absprechen und diese benachteiligen?
Dass es bei diesen Debatten meist um vorgeschobene, künstliche und eben nicht um konkrete Weiterentwicklung von Schule geht, reicht ein Blick auf die derzeitige Wirklichkeit. (Mehrsprachige) Schule geht nur modern, professionell und mit entsprechenden (größeren) Ressourcen. Auch in Südtirol verwaltet man stattdessen Mangel, z.B. ausbildete und spezialisierte Lehrkräfte bleiben im Ausland ...
In risposta a Man liest immer wieder, di △rtim post
Perdona la risposta in
Perdona la risposta in ritardo. Più che altro non capisco l'osservazione che gli insegnanti formati rimarrebbero all'estero. In che senso? Grazie
In risposta a Man liest immer wieder, di △rtim post
Ho pensato che ti riferisci
Ho pensato che ti riferisci forse alle "risorse", quindi soldi. Ma la scuola in Sudtirolo ha costi enormi. Tenere in piedi quattro intere intendenze scolastiche costa una mostruosità. A chi dobbiamo chiedere ancora soldi? Io parto poi sempre dai diritti dei ragazzi. Anche i ragazzi "italiani" hanno diritto a stare in classi di cinque/sei persone anziché di trenta. O per contro altri ad avere insegnanti laureati che passano un concorso serio dove si valutano le competenze, anziché il primo venuto. Tutti questi sono diritti basilari di uguaglianza e pari opportunità. Noi dobbiamo garantire ai ragazzi il successo formativo, non altro. Questa è concretezza, questo è lavori quotidiano, più che le solite infinite polemiche sui linguaggi e le identità.
Non è mia intenzione
Non è mia intenzione affossare alcuna scuola, al contrario. Conosco bene quanto successo in Sudtirolo durante il fascismo. Contemporaneamente, anche nei territori occupati dai fascisti in Slovenia centinaia di maestre venivano uccise o deportate. Mia nonna era una di queste, che insegnava obbligatoriamente in italiano in classe, ma poi teneva le Katakombenschulen a casa.
I miei bisnonni erano Austriaci.
Comprendo i traumi delle zone di confine, che sono anche i nostri. Ma bisogna andare avanti.
In risposta a Non è mia intenzione di Simonetta Lucchi
Grazie Signora Lucchi, nel
Grazie Signora Lucchi, nel suo articolo mi da conferma di quanto da anni so ma che nelle discussioni sull'apprendimento delle lingue solitamente vienne sottaciuto: che gli alunni di madrelingua italiana della Provincia di Bolzano della storia del Tirolo normalmente sanno zero, semplicemente perché non faceva parte del programma. Così potevano facilmente attechire i miti del risorgimento che allargati al nostro territorio diventano palesemente falsi ( per chi la storia la conosce). Da lì parte l'idea della magnanimità dell'autonomia "concessa" dall' Italia generosa, dai privilegi dei Sudtirolesi, mai contenti e dagli italiani di Bolzano ingiustamente sottomessi. Su queste idee cresce la svoglia italiana in Sudtirolo di imparare il tedesco. Le ore di tedesco nelle scuole italiane dovrebbero largamente bastare a imparare un tedesco decente di comunicazione di tutti i giorni. Stessa cosa vale ovviamente per le scuole tedesche. Io ho imparato l'italiano nelle elementari negli anni sessanta a Termeno, come nelle medie,
le superiori a Bolzano, però senza frequentare amici italiani. Però leggendo fin da piccolo Topolino, guardando topo Gigio, UFO, 90o minuto alla televisione, oltre ovviamente i fumetti e le trasmissioni nella mia madrelingua ho assunto sempre più competenze nell'uso della seconda lingua supportato dalla scuola di allora che oggi si dice colpevole della scarsa conoscenza della seconda lingua. Nella musica ascoltavo sia artisti italiani che tedeschi, austriaci, inglesi e americani, i due ultimi ovviamente senza capire i testi. Ma non per imparare la lingua o per nazionalismo, ma perchè la musica era bella. Non so quanti italiani di Bolzano ascoltano Wolfgang Ambros, Peter Cornelius, Ludwig Hirsch, Udo Lindenberg ecc., quanti da bambini leggono un Micky Maus o simili.
Non servono assolutamente nuovi modelli di scuola, basta cambiare l'atteggiamento di base, l'approccio all'apprendimento.
Ma fin dove la lingua dell'altro viene ritenuto un male necessario la voglia di imparare lascerà sempre a desiderare. E di imparare si tratta, da solo non succede niente. Anche nella scuola di madrelingua senza impegno non si va da nessuna parte.
In risposta a Grazie Signora Lucchi, nel di Martin Piger
Mi scusi sig. Piger
Mi scusi sig. Piger
Non è esattamente così. Come ho già scritto, i programmi non esistono più nella scuola, in tutta Italia, da quasi vent'anni. Eppure parliamo sempre di programmi.
Esistono, come dico, i piani individuali che si presentano a settembre. Io nei miei ho sempre inserito la storia del Sudtirolo e ognuno può farlo. Anche in Storia dell'arte. Che sulla storia locale insegna anche di più.
Così hanno fatto moltissimi colleghi molto competenti, appassionati. Ho invece parlato di testi. Di coordinamento tra istituzioni scolastiche. Di libri che vengono stampati in luoghi diversi con impostazioni diverse.
Non sono state certo le "scuole italiane" a decidere questo. Il problema vero è non sapere quello che succede nella scuola che magari abbiamo di fronte.
Comunque, tempo fa ho realizzato un progetto in un liceo, da cui è nato un libretto "Linea di confine ", in cui si parla di quanto successo in Alto Adige, nelle due guerre, da un punto di vista storico e artistico. È stato premiato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. È disponibile per chiunque lo voglia richiedere.
Se posso aggiungere poi sui tempi di apprendimento delle due lingue è veramente difficile fare confronti. Ho iniziato a insegnare italiano in Germania a persone del tutto ignare della lingua e dopo due mesi si raggiunge già un buon livello. In Alto Adige c'è lo scoglio enorme del dialetto in tedesco. Ma di tutto questo, delle difficoltà che occorre superare, dobbiamo solo essere consapevoli senza dare colpe troppo generalizzate.
In risposta a Mi scusi sig. Piger di Simonetta Lucchi
Wo ist denn dieses Buch
Wo ist denn dieses Buch „Linea di confine“ erhältlich Frau Lucchi?
In risposta a Grazie Signora Lucchi, nel di Martin Piger
Aggiungo solo una
Aggiungo solo una considerazione, perché mi è venuto da sorridere pensando alle canzoni. Ho passato la mia giovinezza cantando, anche a Bolzano, le canzoni di Reinhard Mey, Hannes Wader e Konstantin Wecker. Le canto ancora oggi e le ripeto ai miei studenti che sono italiani tedeschi e ladini, le mie figlie conoscono a memoria "Heute hier morgen dort". Konstantin Wecker canta sempre Bella ciao e le canzoni di Lucio Dalla ai suoi concerti. I miei studenti a Bolzano e Ortisei conoscono Bella ciao. Insomma, veramente. Basterebbe cantare insieme.
In risposta a Non è mia intenzione di Simonetta Lucchi
Appunto signora Lucchi, brava
Appunto signora Lucchi, brava, bisogna andare avanti!
Troppi "ewiggestrige" qui sul sito, che parlano tanto di fascismo e non si sono neanche accorti che il nuovo fascismo ha cambiato parte e faccia.
In risposta a Appunto signora Lucchi, brava di Christian I
C'è del vero Cristiano.
C'è del vero Cristiano. Grazie!
In risposta a C'è del vero Cristiano. di Simonetta Lucchi
Non so perché appare
Non so perché appare "adornare". In realtà avevo scritto "grazie".
Quanto è vero: sembra che l
Quanto è vero: sembra che l'Alto Adige non voglia approfittare della sua stessa fortuna, quella di essere un ponte tra cultura latina e tedesca. La scuola questi ponti ancora non li vuole.
In risposta a Quanto è vero: sembra che l di Angelo D Errico
In effetti, si perdono
In effetti, si perdono occasioni preziose. Purtroppo più passa il tempo e più sembra difficile cambiare direzione.
Luca, nel risponderti mi
Luca, nel risponderti mi riallaccio al tuo articolo sul ruolo degli intellettuali. Non amo in generale attribuire colpe solo"all'alto". Soprattutto in un ambito così collegiale come quello scolastico.
Aggiungo ancora, Luca, pur
Aggiungo ancora, Luca, pur condividendo il tuo discorso di fondo e pensando ai molti ponti che sono stati dedicati a Langer in tutta Italia....mi scuso se nella pubblicazione dei miei commenti alcune parole vengono automaticamente cambiate, non per mia colpa... grazie comunque dello scambio di opinioni
Il mio parere è che finché
Il mio parere è che finché non creiamo pari condizioni tra docenti, e maggiore trasparenza, è ovvio che le divisioni rimarranno. La questione della lingua è fumo negli occhi.
Ci proverò nei miei prossimi
Ci proverò nei miei prossimi articoli Luca. Da tenere conto della complessità della situazione locale, con tre istituzioni scolastiche distinte e relative normative più scuole professionali. Oltre a norme nazionali e europee. Non è facile conoscere a fondo questo sistema.
In risposta a Ci proverò nei miei prossimi di Simonetta Lucchi
Lei parla di quattro
Lei parla di quattro intendenze intendendo con l'aggiunta di quella bilingue (l'uso di "multilingue" non è sbagliato, ma riguarda, si suppone, un'unica disciplina
insegnata con il metodo CLIL in inglese). Nelle proposte finora presentate da Verdi e TK si parla di sezioni bi/multilingue da istituire all'interno delle esistenti scuole monolingue italiana e tedesca. Quindi, almeno fino a diversa proposta da presentare, che potrebbe magari proporre ridurle a una, le intendenze scolastiche rimarrebbero sempre tre.