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“Una guerra fra poveri”

Un’assistenza alla nascita unificata in Provincia è possibile? Astrid Di Bella, presidente del Collegio delle ostetriche risponde. Intanto resta il rebus Vipiteno.

L’idea, ambiziosa, è quella di assicurare un modello assistenziale unitario nell’ambito delle nascite in tutto l’Alto Adige. Il progetto è in fase di elaborazione da parte di un comitato provinciale, dopo una serie di incontri organizzati nei vari Comprensori sanitari e un convegno a tema. “Il gruppo di lavoro si incontrerà per la prima volta in agosto”, spiega Astrid Di Bella, presidente del Collegio delle ostetriche che insieme a Katrin Kuppelwieser, membro del medesimo Collegio, Gundula Gröber, Nadia Cervo e Harald Frena dei comprensori sanitari di Bolzano, Merano e Bressanone, Evi Schenk dell’Ufficio formazione del personale sanitario e alla coordinatrice, Veronika Rabensteiner, si sono occupate della fase preliminare, quella relativa alla progettazione dei punti che sono poi stati sottoposti all’assessora Martha Stocker e ai vertici della sanità altoatesina.

Il Comitato tecnico che si occupa dell’assistenza alla nascita è coordinato invece da Oswald Mayr, direttore sanitario dell’Azienda sanitaria, Hunert Messner, primario di neonatologia dell’Azienda sanitaria, Markus Markart, primario di Pediatria a Bressanone, Heinrich Stecher, vice primario di Ginecologia all’Ospedale di Silandro, Werner Beikircher, anestesista all’ospedale di Brunico, Sabine Nitz, ostetrica all’ospedale di Vipiteno, Stefano Mascheroni, segretario regionale di Cittadinanza Attiva e Annamaria Freina, segretaria. “L’obiettivo - commenta Di Bella - è quello di arrivare ad offrire una stessa assistenza attorno alla nascita in tutto l’Alto Adige e basata su una buona valutazione del rischio ostetrico, è un modello per cui lottiamo da anni. Le donne con basso rischio possono essere affidate esclusivamente all'esperienza di un’ostetrica mentre quelle che hanno bisogno di più assistenza per il parto possono essere seguite di concerto con il ginecologo”.


                Astrid Di Bella, presidente del Collegio delle ostetriche

“Vorremmo creare dei centri nascita all’interno dell’ospedale - prosegue la presidente del Collegio - dove la donna può essere seguita dall’ostetrica senza il medico e puntiamo a garantire inoltre un’assistenza a domicilio dell’ostetrica, possibilità che al momento esiste solo nel comprensorio di Bolzano”. Al centro del dibattito, nello specifico, l’assistenza sul territorio, la collaborazione tra vari ambiti specialistici e la continuità dell’assistenza della madre e del bambino. Un lavoro ancora da rifinire e nel frattempo resta l’incognita del punto nascita di Vipiteno. Entro il 29 luglio, come noto, l'esecutivo provinciale invierà a Roma un dossier con lo screening delle strutture altoatesine che tiene conto degli standard richiesti (numero di parti, distanza dagli ospedali più grandi, la presenza di un ginecologo, un anestesista, un ostetrico e un pediatra tutti i giorni 24 ore su 24). Se entro quella data il reparto di Vipiteno non sarà "in regola" allora andrà incontro alla temuta chiusura.

“Non sappiamo ancora nulla riguardo il destino di Vipiteno, ma la situazione è critica dappertutto e le speranze sono minime perché se in due anni non si sono trovati i medici necessari dubito che possa avvenire il miracolo ora”, osserva di Bella che aggiunge: “Non saremmo più in grado di garantire un sostegno rispettoso, individuale e adeguato, e non perché i medici o le ostetriche non siano sufficientemente bravi ma perché mancherebbe il tempo per assistere a dovere le partorienti”. Il comune dell’Alta Val d’Isarco sconta il fatto di essere troppo vicino all’ospedale di Bressanone. Nella città vescovile - sottolinea l’ostetrica - “si fanno circa 800 parti l’anno e c’è solo un’ostetrica di turno, è chiaro quindi che saranno contenti, in ospedale, se arriverà più personale da Vipiteno, ma così si rischia di scatenare una ‘guerra fra poveri’”. “Non basta dire chiudiamo il reparto ma, nella peggiore delle ipotesi, se il punto nascita dovesse essere affossato, allora dovremo recepire il cambiamento come una possibilità per migliorare e creare un buon modello anche a Bressanone”, conclude Di Bella.