CasaPound, uomo a giudizio per minacce
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Un commento, sulla pagina Facebook di SALTO, a un’ampia intervista pubblicata sempre su SALTO nel febbraio 2021, in occasione del “Giorno del Ricordo” istituita in memoria delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. E una frase che, secondo la Procura di Bolzano, rappresentò una minaccia nei confronti dell’allora caporedattrice del giornale – la quale all’epoca presentò denuncia dopo un altro episodio interpretato come “intimidatorio”. È attorno a quella frase che ruota il processo in corso davanti al Tribunale di Bolzano che vede imputato per minaccia aggravata Domenico Dilillo, uomo che gravita attorno al movimento neofascista di CasaPound.
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L’articolo, il commento e il libro “consegnato”
Il 10 febbraio 2021 SALTO pubblicò un’intervista (dal titolo “E allora le foibe?”) allo storico triestino Piero Purich riguardo alla retorica e i miti che accompagnano il Giorno del Ricordo: “Una riduzione semplicistica, non in grado di restituire la complessità degli eventi che hanno riguardato le zone dell’Alto Adriatico durante il secolo scorso”, si legge nell’introduzione all’intervista con Purich, “non condivisa dagli ambienti di estrema destra di cui il Dilillo fa parte” scrisse la Procura nella citazione a giudizio. Il 17 febbraio uscì su SALTO un altro articolo (“Red Land: ‘Non capiamo la polemica’”) incentrato sulle polemiche per la proiezione a Merano del film “Red Land - Rosso Istria”, pellicola bocciata da storici e organizzazioni autorevoli per i suoi contenuti spiccatamente propagandistici.
Ma fu l’intervista a scatenare la reazione dell’esponente di destra, che con lo pseudonimo Domenico Barletta commentò il post dell’articolo direttamente sulla pagina Facebook del portale: “Fate veramente vomitare – scrisse l’uomo –. Infangare e sminuire il martirio di migliaia di vostri connazionali solo per mera ottusità ideologica è veramente da infami. Poi non vi lamentate se a qualcuno saltano i denti”. Dall'allora caporedattrice di SALTO, la giornalista Lisa Maria Gasser, che sporse denuncia, quella frase fu percepita come una minaccia rivolta alla redazione.
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Inoltre, qualche giorno dopo, il pomeriggio del 23 febbraio 2021, una dozzina di uomini non identificati (e con mascherina anti-Covid) si presentò senza preavviso nella sede della redazione di SALTO. Come si legge nella denuncia dell’allora caporedattrice, il gruppo le consegnò un libro di Arrigo Petacco, “L’Esodo: La tragedia negata degli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia”, dichiarando che la redazione avrebbe dovuto usarlo per “imparare la vera storia delle foibe”, dopo aver scritto “molte sciocchezze e falsità” sul tema. L’episodio fu interpretato dalla denunciante, rappresentata dall’avvocata Francesca De Angeli, come un gesto dallo scopo chiaramente intimidatorio e dimostrativo.
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“A livello giudiziario la vicenda s'è sviluppata diversamente. La querela, presentata a nome della caporedattrice in quanto persona fisica, segnalava due episodi: da un lato l’ingresso improvviso di un gruppo di uomini nella sede della redazione, interpretato come gesto intimidatorio, dall’altro il commento pubblicato su Facebook da Dilillo” spiega Deangeli, “tuttavia, nel corso delle indagini, la Procura si è concentrata sul commento online, individuandolo come il nucleo penalmente rilevante della vicenda”.
Sulla base della denuncia, la Procura di Bolzano ha contestato a Dilillo il reato di minaccia aggravata in relazione al commento pubblicato sulla pagina Facebook di SALTO. Secondo l’atto di citazione a giudizio, la minaccia sarebbe aggravata dall’appartenenza dell’imputato ad ambienti riconducibili alla “formazione neofascista CasaPound”, elemento che – secondo l’accusa – rafforzerebbe la carica intimidatoria del messaggio. La circostanza aggravante si applica quando la minaccia risulta potenziata dall’influenza o dall’immagine di gruppi organizzati capaci di esercitare pressione o timore.
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La difesa: “Negazionismo”
Gli avvocati di Dilillo, Miki Eritale e Federico Fava, respingono l’interpretazione accusatoria. A loro avviso, l’espressione “saltano i denti” non sarebbe stata rivolta a persone determinate, né tantomeno alla giornalista autrice dell’articolo o alla redazione, ma sarebbe rientrata in un registro di critica rozza e iperbolica tipico dei social network. La difesa contesta inoltre che CasaPound possa essere considerata una struttura assimilabile a una “organizzazione segreta” o intimidatoria. Per confutare l'aggravante, la difesa ha chiamato a testimoniare Maurizio Puglisi Ghizzi, già consigliere comunale e candidato sindaco di CasaPound – attualmente eletto per la Lega nel consiglio di quartiere di Don Bosco – il quale ha dichiarato di conoscere personalmente l’imputato e di avere condiviso con lui attività commemorative nel Comitato 10 Febbraio – come la fiaccolata cui prese parte anche l’assessore provinciale di FdI Marco Galateo. Il testimone ha inoltre definito gli eccidi delle foibe un “genocidio della popolazione italiana”. Di fronte ai giornalisti presenti in aula, gli avvocati di Dilillo hanno inoltre definito l’approccio di SALTO “negazionista” (vedi servizio della tv locale RTTR in basso).
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La sentenza è prevista per il 25 febbraio. L’imputato rischia fino a un anno di reclusione nel caso in cui il Tribunale ritenga che il messaggio online – e il contesto in cui è intervenuto – costituissero una minaccia reale e non mera enfasi polemica. “Se Dilillo dovesse essere condannato, SALTO – come soggetto collettivo ritenuto parte lesa – valuterà un’eventuale causa civile per il risarcimento danni” fa sapere l’avvocata De Angeli.
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Merita rileggere l'articolo…
Merita rileggere l'articolo intervista di Elisa Brunelli in link all'inizio di questo articolo.