Sotto al titolo niente
Vi do due brutte notizie (peraltro già note) in rapida sequenza. In Italia si legge poco. E anche chi lo fa perlopiù legge male, cioè fermandosi all’apparenza di quel che legge.
Una prova quasi drammatica di questo fatto l’abbiamo avuta con la famosa (e ci scommetto: ormai già quasi dimenticata) vicenda di Rozzano. Non la ricapitolo, limitandomi a rinviare a questo esaustivo riassunto. Quel che mi preme è porre l’attenzione su quanto dicevo prima, ovvero sulla sconcertante evidenza di un imperante modo di percepire le notizie che si ferma, quando va bene, ai titoli dei giornali.
Dobbiamo immaginarci la scena. Il tizio (o la tizia) sfoglia un quotidiano, viene attratto (o attratta) da un titolo e poi, senza leggere oltre, o magari leggendo anche oltre, ma senza capire bene quello che sta leggendo, si forma un’immagine delle cose interamente determinata dal titolo in questione, che dunque rimane unico appiglio e base della sua successiva farneticante opinione.
Ha scritto molto bene Alessandro Robecchi in un articolo comparso su Pagina 99: “La polemica politica è oggi un combustibile a presa rapida, una miccia veloce. Si comincia con il titolo: Il preside che cancella il Natale (varianti: ruba, nega, elimina). A leggerlo, viene da ridere: chi può cancellare il Natale? Com’è possibile? Ma ognuno prende le misure su quello: chi per sciacallaggio e malafede accorre portando presepi (Salvini e compagnia), chi si adegua sui media il giorno dopo argomentando che negare il Natale è proprio da brutti ceffi. Chi facendo lezioncine – a un preside che lo fa tutti i giorni da anni – su come gestire l’integrazione (il presidente del Consiglio). (…) Nessuno porta il mouse su un titolo neutro, tutti vogliono il sangue e il preside che nega il Natale è prezioso”.
A parte la poco probabile prudenza dei titolisti, esistono antidoti a un tale miserevole stato di cose? Quello che sconcerta è quanto sia manipolabile un’opinione pubblica tanto più disinformata e “di pancia” quanto più aumenta il traffico di notizie e la possibilità di informarsi. Nel frastuono mediatico l’approfondimento è azzerato, a trionfare sono la ricerca della sensazione e ciò che vi si innesta: la chiacchiera e il pressapochismo. Qualcuno finisce così nella pattumiera (sia maledetto Marco Parma!) per poi essere subito dimenticato (chi è Marco Parma?). Il giorno dopo rieccoci tutti qui, pronti a discutere con accanimento sul prossimo abbaglio, la prossima falsa notizia.