Mank: grande attore,
Mank: grande attore, fotografia e musica, sceneggiatura. Ma dialoghi mitragliati e riferimenti molto USAinsider, me pare. Si va comunque via di pinonero ché è un piacero
Passato il brivido felino di quei 5 minuti in cui sono stati riaperti i cinema, torniamo zitti e mosca ad abbeverarci alle piattaforme di streaming. E non ci va così male, considerato che su Netflix c’è il filmone che tutti (ho detto tutti) stavano aspettando: Mank di David Fincher, quello del perfettissimo The Social Network, di Se7en e Zodiac, per capirci.
Mank si basa sulla disputa intorno alla reale paternità della sceneggiatura di Citizen Kane (Quarto potere), firmata da Herman J. Mankiewicz - scomodo personaggio della Hollywood post-Grande Depressione - insieme al regista, produttore e protagonista Orson Welles.
Il film, che parte da una sceneggiatura scritta dal padre di David Fincher, Jack (morto nel 2003), è un tripudio di dialoghi fulminanti, humor, e flashback sapientemente incastrati. Gary Oldman in stato di grazia. E sì, l’odore che sentite è quello dell’Oscar.
In Dick Johnson is dead c’è del genio: la regista Kirsten Johnson in un film (reperibile su Netflix) che mescola fiction e documentario inscena “le morti” immaginarie del padre, Dick, uno psichiatra ottantaseienne, facendolo precipitare dalle scale, per esempio, o facendogli cadere un condizionatore in testa, confezionandogli un finto funerale. Nella vita vera Johnson padre sta morendo sul serio, soffre di demenza senile. Il risultato è un film pieno di trovate, intriso di umorismo nero, sconveniente e commovente ma senza ombra di pietismo. Toni farseschi su uno sfondo tragico. Un modo per esorcizzare la morte di una persona cara attraverso un bellissimo atto d’amore. Bravò.
Esce domani su Netflix, ma noi abbiamo la DeLorean. L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, diretto da Sydney Sibilia - il regista dei tre Smetto quando voglio -, si basa su fatti realmente accaduti alla fine degli anni ’60 fuori dalle acque territoriali italiane. Giorgio Rosa (Elio Germano), ingegnere meccanico bolognese, fonda un microstato (di poche centinaia di metri quadrati) indipendente, al largo di Rimini. Lo chiama “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose”, piattaforma artificiale progettata dallo stesso Rosa. Il sogno dura poco ma è abbastanza per farne una storia cinematograficamente appetitosa anche se edulcorata. Il film si prende pochi rischi, a differenza del suo protagonista, ma è spassoso e intrattiene, liscio, per un paio d’ore. Al momento tocca accontentarsi.
Mank: grande attore, fotografia e musica, sceneggiatura. Ma dialoghi mitragliati e riferimenti molto USAinsider, me pare. Si va comunque via di pinonero ché è un piacero
Tra pandemia e natale mi ci vorrebbe una bella commedia che mi faccia ridere e non distragga...