Un bestiario per capire l’umano
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Un’ora di gesti, spasmi, maschere e vocalizzi primordiali: il collettivo Ergobando debutta con un ritratto fisico, grottesco e inquieto dell’umanità contemporanea. Il progetto, vincitore di FUTURA Festival 2025, trasforma il Teatro di Gries in un laboratorio in cui l’essere umano viene osservato quasi al microscopio, come una creatura in via di catalogazione.
Lo spettacolo si pone come un tentativo riuscito di andare oltre la prosa teatrale. Nessun dialogo, versi abbozzati, molti gesti, grugniti, posture esasperate che sembrano provenire da un tempo precedente al linguaggio parlato. Una scelta che funziona perché lo spettacolo punta tutto sulla costruzione di un immaginario fisico e simbolico. È come assistere allo studio dell’essere umano da parte di una creatura estranea, curiosa di capirne gli impulsi, le paure e i riti quotidiani.
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Estetica distopica
L’atmosfera è elettrica, cupa, punteggiata da lampi di ironia disturbante. Le scenografie evocano un immaginario cyberpunk, intrecciato a suggestioni più arcaiche e rituali. Alcune scene mi hanno ricordato la tensione visiva di The Lighthouse di Robert Eggers: un grottesco horrorifico che non smette però di flirtare con il comico.
Le figure in scena (interpretate dagli attori Oscar Bettini e Paolo Tosin) non sono personaggi - non nel senso più stretto del termine. Non sappiamo quasi niente di loro né della loro storia. Si percepisce la presenza di un’entità quasi divina che scopre l’essere umano, ne analizza i meccanismi emotivi e ne osserva le contraddizioni. Le due figure incarnano fragilità sociali, ansie politiche, nuovi culti e desideri improbabili. È un’umanità deformata eppure riconoscibile, costruita attraverso frammenti di movimento e immagini instabili, come indizi di qualcosa che tenta di prendere forma.
La scena scorre come un flusso, un alternarsi di lampi, sospensioni e accelerazioni. Sembra di scorrere un feed digitale - che appare infatti proiettato per quasi tutta la durata dello spettacolo - ma incarnato, fatto di corpi veri. Immagini che compaiono e scompaiono senza preavviso, accumulandosi in una sorta di punteggiatura di un presente orrido e già distopico.
Pur senza spiegare nulla, lo spettacolo interroga costantemente ciò che siamo diventati e le narrazioni in cui ci riconosciamo.
L’impressione complessiva è quella di una mappa emotiva della nostra epoca, una sorta di un atlante immaginario che registra solitudini, bisogni, amori, desideri, tensioni interiori e collettive. Pur senza spiegare nulla, lo spettacolo interroga costantemente ciò che siamo diventati e le narrazioni in cui ci riconosciamo. La scelta di tradurre emozioni e bisogni umani in una sorta di schermata di programmazione introduce uno schema alla The Sims che si rivela sempre efficace. L’umano appare ridotto a pattern, a input e reazioni concatenate. È un dispositivo che non rimane neutro e guardando quelle sequenze, diventa inevitabile riconoscere la complessità (e la fragilità) dei propri automatismi, quei micro-comandi interiori che spesso determinano le nostre scelte e traiettorie di vita.
Alla luce di tutto questo, i motivi della decisione della direzione artistica di FUTURA sono evidenti. Lo spettacolo usa linguaggi non realistici, fa esplodere la forma della prosa e sceglie il corpo, la scena e l’evocazione come strumenti drammaturgici. È un lavoro che smaschera e ironizza il nostro equilibrio fragile da esseri umani. Non offre soluzioni ma invita lo spettatore a guardarsi attraverso uno specchio imperfetto. Ed è proprio in quella distorsione, in quell’ibrido tra umano e bestiale, tra mito e presente, che qualcosa dell’oggi appare più nitido del previsto.
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Lo spettacolo Bestiario Umano andrà nuovamentre in scena il primo marzo 2026 al Teatro Cristallo. I biglietti sono acquistabili sul sito ufficiale.
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