Diamo ali sicure ai nostri angeli
Nell’ultimo mese una delle parole più utilizzate dagli italiani è stata sicuramente “MASCHERINA”. Tutti noi ci siamo prodigati a cercare ed acquistare mascherine, abbiamo letto le varie catalogazioni per efficacia protettiva, indossandole, ci siamo sentiti più sicuri. Ma la mascherina, se per noi è importante, diventa fondamentale per gli operatori sanitari. Per loro, la mascherina, è un dispositivo di protezione individuale, un po’ come il caschetto protettivo per chi lavora sui ponteggi, l’imbracatura per chi lavora in altezza, i paraorecchie per chi lavora in mezzo ai rumori. E’ il datore di lavoro a dover fornire questi dispositivi di protezione: non è un optional, è un obbligo.
I dispostivi di protezione devono inoltre essere idonei, non possono presentare dei difetti che ne riducono l’efficacia protettiva. Se ad un operaio venisse consegnato un caschetto protettivo non omologato, con difetti di progettazione, cosa accadrebbe? E se le funi di sicurezza che trattengono l’operaio impegnato a lavorare sul tetto di una casa non fossero resistenti, avessero una ridotta capacità di trattenuta? Sarebbe ovviamente un fatto molto grave. A maggior ragione, se il datore di lavoro sapesse che quei dispositivi di protezione individuale non fossero a norma ed occultasse le prove di tale inidoneità, il fatto sarebbe di una gravità inaudita. Ciò che vale per un caschetto o per un paraorecchie vale anche per una mascherina. La inidoneità di una mascherina espone a rischio di contagio l’operatore sanitario.
Quelli che per tutti noi sono degli eroi, che si spaccano la schiena dall’inizio dell’epidemia per salvare le nostre vite, non meritano forse di essere tutelati al 100% con idonei dispositivi di protezione individuale? L’inchiesta aperta dalla magistratura sulle ormai famose mascherine importate dalla Provincia Autonoma di Bolzano dalla Cina, getta un’ombra assai inquietante sul comportamento adottato dai vertici dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige. A maggior ragione dopo che il Tirolo, all’esito di un parere negativo di un ente di certificazione, ha deciso di non distribuirle.
In attesa di conoscere gli sviluppi dell’inchiesta della Procura, non ci resta che sperare che i “nostri angeli”, i medici e gli infermieri del Servizio Sanitario, non siano stati trattati come figli di un Dio minore, sacrificati sull’altare del business, come tutti quei lavoratori costretti a lavorare in condizione di pericolo da un datore di lavoro poco sensibile al valore della sicurezza sul lavoro e della dignità dei lavoratori.