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Foto: National Geographic
Società | Vorausgespuckt

Il mio voluto silenzio

Passare le vacanze in città, lontano dai social, alla ricerca di introvabili silenzi e irraggiungibili gioie.

Per vari motivi (essenzialmente economici, data la calata a picco del mio “potere d'acquisto”) quest'anno sto rinunciando a fare delle vacanze “classiche”. Per vacanze “classiche” intendo preparare un bel valigione di roba, caricarlo in macchina, e dirigermi in una località diversa da quella in cui abito (possibilmente al mare, potendo scegliere, visto che dopo un anno di montagna o di fondo valle il mare è la cosa che mi manca di più). Non partirò, quindi, per il mare, mi sono dovuto accontentare di un paio di giorni (peraltro meravigliosi) in Croazia e poi magari scenderò a trovare i miei genitori, che abitano a Livorno. That's all.

La fantasia è come il coraggio, se non ce l'hai nessuno te la può dare

Restando a Bolzano mi toccherà così assistere alle vacanze “degli altri”, più o meno nel solito modo con il quale assistiamo alla vita degli altri, anche quando non sono in vacanza. Non c'è bisogno di fare molto, basta lo smartphone e un numero sufficiente di contatti, già tutti intenti a postare foto da spiagge meravigliose (notoriamente: se sei su una spiaggia meravigliosa e non la posti su un social vuol dire che non ci sei stato). Tra le immagini che si vedono di più le due ginocchia accostate, abbronzate e imperlate d'acqua salata, con lo sfondo azzurro o azzurrissimo a seconda del budget. La fantasia è come il coraggio: se non ce l'hai nessuno te la può dare.

Via dalla stupidità dei social

Però, ecco, una mezza idea potrebbe risolvere la questione, e farmi prendere – come si suol dire – due piccioni con una fava. Se non posso muovermi, se sono inchiodato qui a invidiare le spiagge altrui, potrei concedermi una bella vacanza dai social, cioè dalla stupidità collettiva (perché questo sono, i social: stupidità di massa). Già ho la batteria a secco che mi fa spegnere di continuo il telefono (e per adesso non voglio cambiarlo). Basterà tenerlo intenzionalmente staccato, chiudendo fuori dal mio spazio privato tutto questo spazio pubblico così molesto e ripetitivo. Massì. Farò così. Lascerò filtrare solo il minimo indispensabile, e sorvolerò sulle stracche polemiche, su qualche inezia “virale” (purtroppo ho già fatto in tempo a cogliere con la coda dell'occhio una tizia che vorrebbe insegnare a parlare in cörsivœ...) e anche sulle notizie di cronaca che ormai provocano noia persino limitandosi a sfiorarne i titoli (la guerra in Ucraina si combatte ancora? Chi vince? Tireranno la BOMBA? Il Covid ha rialzato la testa? I vaccinati tutti bene? I no-vax faranno ancora la rivoluzione? In Tirolo hanno la scuola europea e noi no? E che aspettiamo, noi? Dio che palle...).

Lune da conquistare, silenzi e gioie da condividere

Vacanze in città e col telefono spento, insomma, anni Venti (tutt'altro che Roaring Twenties) in provincia. Una passeggiatina quando il caldo allenta la sua proverbiale morsa, un gelatino (2 euro e 50 in coppetta), un caffè con qualcuno che è rimasto (e se non è rimasto nessuno meglio così). E poi dei libri, ovviamente. Da uno dei quali (questo) tiro fuori la bellissima citazione: «Prendi il mio voluto silenzio e riempilo con la gioia che senti». Sono le parole che Patricia Collins, la moglie di uno degli astronauti di Apollo 11, scrisse al marito pensando a quando sarebbe stato da solo a girare intorno alla Luna. Cinquant'anni fa, beati loro!, c'era ancora una Luna da conquistare e soprattutto c'erano ancora silenzi e gioie da condividere.