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Bitte Standarddeutsch, siamo in Europa

Il dialetto sudtirolese è la lingua principale nella comunicazione in Alto Adige, ma il bilinguismo richiesto si riferisce al tedesco lingua standard.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Europa
Foto: Unsplash

Si parla a volte dello scarso risultato che l’insegnamento scolastico del tedesco produce in provincia; è un dato di fatto che non riguarda solo la scuola, ma tutta la società altoatesina nei suoi aspetti, quello sociale, culturale ed economico.

Sorprende che non sia stata e non venga affrontata in modo significativo la questione del dialetto sudtirolese, principale lingua di comunicazione del gruppo linguistico tedesco locale e, in quanto tale, impedimento, insieme alla separazione istituzionale dei due gruppi linguistici, a un apprendimento della lingua tedesca da parte italiana. Diffondere, chiarire e offrire proposte di soluzioni, anche solo parlarne, rende i più disponibili e aperti almeno consapevoli del problema, comprensivi, concilianti l’uno verso l’altro…  Io, il dialetto sudtirolese, l’ho vissuto come frustrante impedimento, e posso affermare di essere da sempre in ottima compagnia. Ho ingaggiato, si fa per dire, una lotta senza quartiere, frequentando perfino più corsi di dialetto sudtirolese, che dico la verità poco rispondevano ai miei contingenti bisogni culturali. Lo scopo era abbattere per quel che mi riguarda la barriera della separazione alla cui conservazione il dialetto rappresenta un fortuito strumento, e sentirmi integrata in entrambi i gruppi linguistici per una convivenza “miteinander”. É stata una lotta impari, uno spreco di energie. Il dialetto, come qualsiasi parlata minoritaria, può rappresentare per chi non lo conosce, il principale strumento di esclusione, di separazione. Per chi lo parla, invece, il proprio dialetto esprime meglio di tutte le altre lingue, emozioni e sentimenti a chi si esprime nello stesso suo dialetto, ma proprio per l’esclusione da questi aspetti emozionali di chi non lo capisce, aumenta il distacco, l’indifferenza per l’altro. Lingua alta uguale lingua di comunicazione, dialetto uguale lingua di relazione, si afferma! Ma allora noi italiani dell’Alto Adige, senza l’uso del dialetto, siamo privi della lingua di relazione? Eppure mi risulta che non troviamo difficoltà ad intrecciare relazioni con chicchessia. 

La non conoscenza del dialetto comporta un disagio sociale a chi non lo capisce che non può essere trascurato; succede che sul lavoro, in occasioni istituzionali o associative di vario genere si parli dialetto sudtirolese, una lingua non di rado sconosciuta, non ufficiale e senza codice scritto, parlata dalla maggioranza che detiene il potere politico ed economico. Non provvedere all’eliminazione di questo disagio (la misura più adeguata è l’istituzione di un intero percorso scolastico con insegnamento nelle due lingue) significa contravvenire a norme della costituzione e dello stesso statuto di autonomia del Trentino Alto Adige. Capisco molto bene il disagio di chi è abituato a esprimersi nella sua prima lingua, perché anche per me il dialetto è stato la mia prima e unica lingua fino all’età scolare E ho provato in prima persona quanto complesso sia, in assenza di un sostegno adeguato, il passaggio dal dialetto all’italiano standard.    

Varcato in età adulta il confine provinciale, pressoché ignara, agli esordi della mia avventura sudtirolese, della situazione politica, sociale e linguistica in provincia, ho scoperto come l’assenza di un dialetto comune nel gruppo linguistico italiano (a causa della varia provenienza regionale) possa essere considerata una povertà culturale. Al contrario, mi sono resa conto della diglossia nel Sudtirolo tedesco e di come essa sia strumento di identità e separazione. Qualche volta si considera riprovevole la mancata conoscenza del tedesco negli italiani e questo e mi sorprende, perché a ben riflettere, se la comunità italiana parlasse tutta un dialetto comune al posto dell’italiano standard, i nostri conterranei sudtirolesi avrebbero insieme a noi le stesse difficoltà nell’apprendere la seconda lingua standard.   

L’uso prevalente di un dialetto rende ovunque disagevole il passaggio alla lingua alta. Il sudtirolese attinge però a piene mani al nostro italiano standard con risultati ammirevoli, invece noi non abbiamo la stessa possibilità con il tedesco alto. C’è perfino chi ha espresso il dubbio che il dialetto sudtirolese venga usato strumentalmente: per non esser capiti, per coltivare la separazione (ma io mi rifiuto di credere che sia così). Inoltre, perché rispondere sempre in italiano anche quando ti viene rivolta la parola in tedesco? In questo modo si impedisce all’altro l’uso della seconda lingua e egoisticamente si approfitta per se stessi dell’occasione, e succede sempre. Mi è stato spiegato tuttavia che può anche essere dovuto all’imbarazzo di non avere familiarità con il tedesco standard, percepito da alcuni come lingua più straniera dell’italiano. 

In contesti cittadini di vario genere che coinvolgono entrambi i gruppi maggioritari (rari, ma esistenti), mi riesce sempre più difficile tollerare che in presenza di italiani non parlanti dialetto sudtirolese si ricorra con noncurante disinvoltura all’uso del dialetto, lungi dalla sensibilità che il buon senso suggerirebbe. In questi casi mi ripeto che la misura è colma, che dopo svariate esplicite richieste, continuare a parlare in dialetto con indifferenza significa farlo in malafede, con la volontà consapevole di erigere un muro di incomprensione.  Mi è capitato tuttavia di trovarmi in assemblee che hanno accolto la mia richiesta e ora d’abitudine all’apertura del dibattito o dei lavori, viene premessa la cortese preghiera di esprimersi nelle due lingue standard maggioritarie.

Siamo in molti di lingua italiana a gradire un’occasione d’uso del tedesco standard e a sentirci quanto mai grati della stessa. Ma che emozione potersi esprimere e ascoltare un tedesco riconoscibile! Vedere magari ripagato l'impegno profuso nello studio. Si può d’altronde dire che anche nel conterraneo tedesco si percepisce non di rado lo stesso piacere nell’ascoltare e nell’esprimersi in italiano. Perché allora non concederlo anche a noi?  Ma nel Sudtirolo è davvero dura… Diversamente succede nei paesi della provincia confinante. Per la mia origine valligiana e per il continuo rapporto linguistico-culturale che conservo con la stessa, posso affermare che parlare in italiano standard in generale piace nei paesi. I valligiani vedono in ciò l’occasione di misurarsi con orizzonti più vasti, nonostante le difficoltà che il mancato esercizio della lingua alta comporta loro.    

Nel Sudtirolo in età adulta ho riscoperto il valore culturale del mio dialetto, che pure continuavo e continuo tuttora a usare con parenti amici e conoscenti valligiani, ma che avevo giocoforza cancellato dall’uso quotidiano fin dall’età di otto anni, abitando in un collegio a Rovereto. So che altri come me, sudtirolesi non nativi, hanno riscoperto e rivalutato la loro origine. I dialetti sono considerati patrimonio culturale che va salvaguardato e usato con chi li parla.

Per concludere, io vivo in questa realtà che mi coinvolge e posso per questo affermare con certezza che la non conoscenza del dialetto sudtirolese e la scolastica e insufficiente conoscenza del tedesco standard da parte degli italiani, resa tale perché ne è impedita la pratica (e allora, finita la scuola, si dimentica) è un costo molto caro, che essi hanno pagato e continuano a pagare, in termini sociali economici politici e culturali.

La soluzione? La possibilità di andare a scuola insieme! É lì che dialetto e lingue standard possono diventare patrimonio comune. La pensano allo stesso modo quei Consiglieri in provincia che perseguono da sempre questo obiettivo con impegno e determinazione ammirevoli. É una dura lotta? Vedremo. Ma “chi la dura la vince” (Lorenzo De Medici, La ginestra).