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Il rebus del PD altoatesino

Breve analisi del 'mal di pancia' di un partito che pareva già avviato a vincere a mani basse le comunali bolzanine.

Il  grande Winston Churchill ebbe a definire la Russia come un rebus avvolto in un mistero. Chissà cosa direbbe oggi se avesse sotto gli occhi il PD altoatesino.

I rivolgimenti viscerali riportati dalla cronaca di questi ultimi giorni ripropongono l'immagine di una forza politica la cui storia recente sembra caratterizzata da un'inspiegabile voluttà di autodistruzione piuttosto che dall'onesta tensione a continuare ad occupare il ruolo che gli elettori si ostinano ad assegnarle,cioè :quella di principale forza di governo,  assieme alla Suedtiroler Volkspartei. 

Nel tentare, senza grandi speranze, un'analisi, piuttosto che seguire le scaramucce a breve respiro di questi giorni, con il rischio evidente di perdere il filo del discorso, proviamo a partire dai dati elettorali e da  alcune considerazioni di carattere generale limitandoci, per ora a prendere in considerazione il caso-Bolzano.

Nella città capoluogo il PD è reduce da una serie di risultati abbastanza positivi: alle ultime europee è riuscito a superare, anche se di poco, il "muro" dei 15.000 consensi. Oltre 12.000 voti quelli ottenuti alle politiche del 2013, mentre alle provinciali dello stesso anno, pur nel quadro di un andamento non certo entusiasmante per il partito, a Bolzano il PD è riuscito a oltrepassare la soglia dei 10.000 consensi.

Questo, si badi bene, va confrontato con i risultati delle elezioni precedenti e in particolare delle comunali. L'ultima consultazione, anno 2010, il PD non era andato oltre i  7900 voti, con una lieve flessione rispetto agli oltre 8000 voti ottenuti cinque anni prima dalle due liste separate di DS e Margherita.

La prima riflessione che suggeriscono queste cifre è dunque quella di un partito comunque in buona crescita rispetto al passato. C'è poi da tener conto di un fattore, quello dell'immagine nazionale del partito, che mai come in questo momento sembra poter sostenere favorevolmente le ambizioni elettorali in vista delle comunali di maggio. È pur vero che le consultazioni locali fanno un po' storia a sé, ma l'esperienza insegna che un trend favorevole come quello che, sotto la guida di Matteo Renzi il PD sta registrando in questa fase, non può non avere dei riflessi anche a livello cittadino.

Tutto bene dunque ? Non sembra proprio.

Uscito senza gloria dalle ultime provinciali del 2013, sull'altare delle quali ha perso uno dei due posti in giunta provinciale, il PD pareva avviato sulla strada di una sia pur sofferta riflessione interna che avrebbe dovuto, anche attraverso il ricambio di una gran parte degli organi dirigenti, stimolare un approccio più concreto e condiviso verso l'azione politica a tutti i livelli.

È avvenuto invece esattamente il contrario.

Il percorso congressuale ha  innescato uno scontro frontale tra le varie componenti del partito. Il richiamo è alle varie realtà nazionali, ma  è mancato quasi totalmente lo sforzo per dare dei contenuti di politica locale e le contrapposizioni che sono venute a crearsi hanno bloccato il partito in una serie infinita di ricorsi e controricorsi. Anche il ruolo di mediazione della segretaria neoeletta è stato totalmente messo in discussione. 

Per capire meglio facciamo un passo indietro.

Il quadro complessivo che le comunali di maggio dovranno confermare o modificare in quel di Bolzano è ancora quello scaturito dalle elezioni del novembre 2005, quelle, tanto per capirci, divenute necessarie dopo la vittoria primaverile del centrodestra con il candidato Benussi, vanificata dalla mancanza di una maggioranza consiliare. Nasce, in quel frangente, la solida alleanza tra i partiti del centro-sinistra italiano e la Suedtiroler Volkspartei che concede al candidato sindaco Luigi Spagnolli quel che aveva negato al suo predecessore Giovanni Salghetti e cioè la desistenza al primo turno. Tanto basta per rintuzzare l'offensiva del centrodestra, che in quell'anno raggiunge la sua massima espansione elettorale e si avvia poi verso una progressiva e sistematica autodemolizione.

Lo schema vincente del 2005 viene replicato senza problemi nel 2010 e tutto fa pensare che ci potrebbe essere un seguito nelle elezioni di maggio. La Suedtiroler Volkspartei, ad esempio, si è ben guardata dall'indire delle primarie anche a Bolzano, come invece è avvenuto in moltissimi altri comuni. È un segno preciso dell'intenzione del partito della stella alpina di tenersi le mani libere per poter applicare per la terza volta lo strumento della desistenza a favore di un candidato sindaco italiano. Resta da vedere se questa scelta potrebbe premiare un candidato spuntato all'improvviso al posto del sindaco attuale. Quest'ultimo ha tenuto sulla corda fino all'ultimo tutti coloro che lo sollecitavano ad accettare per la terza volta la candidatura. La riserva è stata sciolta ufficialmente solo in queste ultime ore, ben dopo lo scoppio delle polemiche all'interno del suo partito.

Luigi Spagnolli, vale la pena di ricordarlo ancora, non è approdato alla politica attraverso un "cursus honorum" interno ad una forza politica. È stato sostanzialmente "paracadutato" come soluzione di emergenza dopo la batosta della primavera 2005 ed è rimasto a lungo una sorta di soggetto estraneo alle forze di centro sinistra che lo sostenevano, tanto che cinque anni or sono, la sua ricandidatura creò nel neonato PD non pochi malumori. Ultimamente, però, almeno su questo fronte l'armonia pareva ritrovata, tanto che nessuno dubitava che, ad onta della regola interna che impone il limite di due mandati, il sindaco uscente potesse essere il candidato del partito per le comunali di maggio.

La politica ha delle regole abbastanza precise, anche se ultimamente ci si diverte a violarle con esiti non raramente disastrosi. Una di queste regole dice che se si vuole cambiar cavallo dopo un paio di corse è bene preparare il nuovo destriero per tempo, non certo a tre mesi dalla partenza. Altra cosa sarebbero invece le primarie di coalizione, per le quali lo stesso Spagnolli si è pronunciato diverse volte negli ultimi mesi. In questo caso si tratterebbe più che altro di definire con chiarezza prima del voto il perimetro e i contenuti dell'alleanza elettorale, evitando che si vada a votare e che si affrontino le fasi successive di informazione della giunta con una pletora i partiti e partitini sganciati da ogni obbligo e pronti a far salire il prezzo del proprio consenso.

Se c'è un peso che la maggioranza che ha guidato Bolzano negli ultimi anni ha avvertito in maniera crescente è infatti quello della divaricazione di opinioni e di comportamenti tra i partner di giunta. Cosa fisiologica se si pensa alla totale disomogeneità tra le forze che sostengono la maggioranza, ma elemento pericoloso in prospettiva, visto che tra l'altro l'implosione del centrodestra ha avuto come effetto quello di proiettare verso il centro tutta una serie di forze e di personaggi che in maniere diverse si propongono oggi come possibili alternative alla sinistra in una futura giunta.

Arrivati a questo punto è chiaro che se le dinamiche statutarie dovessero imporre al PD le primarie interne non cambierebbe probabilmente l'esito finale, ma il partito e il suo candidato arriverebbero alle fasi successive in affanno e probabilmente indebolito. Tutto questo, poi, non è che il quadro relativo alla città capoluogo. Ancora più complesse e difficili si presentano le prospettive a Merano mentre non è priva di insidie neppure la tenzone elettorale in quel di Bressanone e di Laives.

Tutto ciò al netto del fatto che sembra assai difficile affascinare gli elettori e battere un crescente astensionismo se si continua a parlare solo di regole statutarie e di persone, tralasciando perennemente di affrontare i temi, quelli veri, su cui la campagna elettorale dovrebbe di regola imperniarsi.