Società | Giornalismo e omofobia

Il diritto alla normalità

Sabato 11 maggio, alla Biblioteca Civica Battisti di Bolzano (ore 18.00), appuntamento con il giornalista Alessandro Baracchini, che metterà al centro della riflessione il tema dell’“alterità” in relazione allo sviluppo dell’informazione.
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Foto: (c) Fabio Petrini

Alessandro Baracchini, volto noto della televisione (conduce il telegiornale di Rai News 24), si è reso protagonista un anno fa di un “coming out” che ha fatto molto discutere. In collegamento con il programma radiofonico “Un giorno da pecora” (Radio Rai 2), rispose alla sollecitazione dei conduttori dichiarando tranquillamente la propria omosessualità. Un gesto che, a suo dire, dovrebbe essere percepito come assolutamente normale: “Mi piacerebbe che finalmente si cominciasse a vedere il risvolto positivo delle cose. Prendiamo il titolo dell’incontro al quale parteciperò: il giornalismo e l’omofobia. Spesso ci dimentichiamo che la cosiddetta omofobia nasconde il diritto di poter dichiarare e vivere la propria sessualità senza troppi problemi”. Il fatto che però ancora non sia così, e che al contrario sia necessario forzare la comunicazione “normale” per rivendicare qualcosa di altrettanto “normale” non sfugge al giornalista di Rai News. “Sì, non vorrei passare per un falso ingenuo. Diciamo che ho fatto valere una considerazione di utilità e mi sono chiesto: è meglio tacere, glissare, come accade spesso, oppure dichiarare quello che sono e che penso?”.

Baracchini articola la risposta mostrando consapevolezza dei meccanismi mediatici che regolano un simile tipo di comunicazione: “Qualcuno avrebbe potuto rimproverarmi di aver compiuto quella scelta a fini di autopromozione, come se insomma cercassi visibilità. Devo dire che invece ho ricevuto molti apprezzamenti da parte di persone, per esempio madri di ragazzi e ragazze omosessuali, contente di aver trovato qualcuno in grado di associare la rivendicazione della propria identità e libertà sessuale a una professione generalmente considerata seria. Per questo, come dicevo, alla fine ho preferito assumermi il rischio di espormi”.

Il rischio di cui parla Baracchini non riguarda tanto l’evenienza di essere in qualche modo discriminato, quanto quello di diventare testimonial di una battaglia che potrebbe etichettarlo limitandone la sua percezione pubblica al ruolo di difensore dei “diritti civili dei gay”: “Capisco il problema, ma è un prezzo che sono disposto a pagare. Diciamo che comunque io ho sempre svolto un’attività tesa a far riconoscere questi diritti, quindi è qualcosa che accetto di buon grado”.

Dovendo affrontare direttamente la questione del rapporto tra informazione e omosessualità, ma anche quello tra politica e riconoscimento dei diritti civili dei “glbt” (gay, lesbiche, bisessuali e transgender), Baracchini chiude con dichiarazioni tutto sommato incoraggianti: “Le cose stanno lentamente cambiando. Quello che mi rincuora – prendiamo ad esempio quanto accaduto recentemente a proposito della censura praticata sulle dichiarazioni dell’On. Biancofiore – è che si sia alzata la soglia di tolleranza rispetto a punti di vista irrispettosi o comunque negatori dei diritti civili che dovremmo associare a una libera (e soprattutto trasparente) pratica sessuale. Si sta cominciando anche a fare più attenzione alle parole, segno che per affrontare certi argomenti è ormai necessario averne almeno una fondata competenza. Le cose comunque non avvengono in modo spontaneo: forse è anche in virtù di piccoli gesti come il mio che da un lento mutamento di clima passeremo alla costruzione di una cultura diversa”.