Processo a un uomo banale
Finalmente!
“Eichmann. Dove inizia la notte.” arriva a Bolzano.
Lo spettacolo firmato da Stefano Massini, una delle penne d’oro della nostra drammaturgia, diretto da Mauro Avogadro, per lungo tempo regista a fianco di Luca Ronconi, e interpretato da una coppia artistica d’eccellenza come Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon, ha preso forma un anno fa durante uno dei lunghi periodi di chiusura forzata, proprio tra le mura del nostro teatro, dove non si è mai smesso di produrre e lavorare alacremente nonostante le complicazioni del momento. Ora la tournee termina proprio qui, il cerchio si chiude dopo 55 “alzate” di sipario, e in questo possiamo ritenerci privilegiati, perché dopo un certo tempo, il rito dello stesso “fare”, svela ancor di più quella sacralità che è propria del teatro.
Stefano Massini immagina uno scontro tra la filosofa ebrea Hannah Arendt e Adolf Eichmann, gerarca nazista tra i maggiori responsabili della “soluzione finale” e dello sterminio di sei milioni di ebrei. Nel 1961 Hanna Arendt, inviata del “New Yorker”, assistette a Gerusalemme al processo contro Eichmann, infine condannato a morte nel 1963; è da questi resoconti che nello stesso anno nacque il suo libro, conosciuto ai più, “La banalità del male – Eichmann a Gerusalemme”.
Massini compone la sua drammaturgia partendo dagli scritti della filosofa, dai verbali, e dagli atti del processo, provando a rispondere a quelle domande, la cui risposta dovrebbe poter confortare le nostre coscienze. Chi fu realmente Eichmann? Che tipo di personalità si nascondeva dietro quella divisa nazista?
Nel pensiero di Hanna Arendt, il “chi” una persona è stata, non riguarda il “che cosa” ha detto, fatto o prodotto, ma piuttosto il modo in cui ha vissuto nel mondo. Il massimo grado della dignità umana si esprime quindi in un atteggiamento di relazione, nell’agire insieme, un territorio in cui ognuno rimane libero di sottrarsi ai condizionamenti, mantiene un potere di iniziativa, e di assumere la responsabilità delle proprie azioni.
Dove inizia la notte, quindi? Dove inizia il buio del nostro agire?
«Questi ebrei erano destinati ai campi di sterminio? Sì o no?», chiede la Arendt di Massini a Eichmann. E lui: «Non lo nego. Non l’ho mai negato. Ricevevo degli ordini e dovevo eseguirli in virtù del mio giuramento. Non potevo sottrarmi e non ho mai provato a farlo. Ma non ho mai agito secondo la mia volontà». E ancora: «Questo vuol dire che lei era totalmente passivo?». Eichmann: «Passivo, non direi proprio. Facevo ciò che ho appena detto, obbedendo ed eseguendo gli ordini che ricevevo (…) Io non ero un imbecille, ma ricevevo ordini».
In realtà, quella che piano piano prende corpo, non è la personalità di un mostro (così come lo intenderebbe l’immaginario collettivo auto-rassicurante), ma quella di uomo spaventosamente normale, un uomo medio, che spontaneamente riporta alla memoria la fotografia che ne fa Pier Paolo Pasolini ne “La Ricotta”, come di “un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista, qualunquista”.
“La mia è più l’interpretazione di una attitudine, che di una persona realmente esistita - dichiara Paolo Pierobon nei panni del gerarca - quindi una attitudine che possa comprendere più impulsi, più abitudini, più caratteri, più psicologie ed è una cosa che paradossalmente può più avvicinare la platea, perché si cerca di cogliere che cosa ci può accomunare come partenza sbagliata, che poi possa portare a cose nefaste, come nel caso del nazismo.
(…) Il mostro che perde umanità per il proprio lavoro, non è astratto, ma ci riguarda da vicino.”
La domanda vera quindi è, quanto può assomigliare ad ognuno di noi, un uomo che, privo di alcun talento, superficiale e arrivista, riesca ad annientare il destino di milioni di persone, senza sospettare della responsabilità delle proprie azioni?
Ma è proprio qui, in fondo, che prende forma il male: nella più comune e insospettabile piccolezza umana.