“Dall’avidità alla cura”
Lo scorso 3 luglio un enorme blocco di ghiaccio si è staccato dalla Marmolada. Il ghiacciaio della Marmolada non era considerato uno di quelli a rischio crollo, eppure, in un giorno d’estate dove a un’altitudine di 3343 metri la temperatura toccava i 10 gradi, si è verificato quello che non era previsto sebbene fosse stato annunciato. Che quest’avvenimento sia un fenomeno estremo del cambiamento climatico in corso pare evidente, ma ciò che sembra ancora necessario fare è riflettere sul perché le montagne crollano e i fiumi si prosciugano. A tal riguardo, una lettura che aiuta a capire come la cura della Terra non rientri tra gli interessi dei padroni della Terra è quella di “Dall’avidità alla cura. La rivoluzione necessaria per un’economia sostenibile”, ultimo libro di Vandana Shiva, pubblicato in Italia nel 2022 da EMI, dove si legge che “il cambiamento climatico è conseguenza della cecità nei confronti dei sistemi viventi della Terra e della sua biodiversità”.
Nel suo saggio Shiva spiega come dietro al suolo che si consuma e alle persone che si affamano ci siano dei responsabili in carne e ossa, rappresentanti di un capitalismo sempre più spietato intenzionato a fare della natura un elemento di laboratorio gestito dalla chimica e dalla tecnologia. Ciò si traduce in uno scenario che rappresenta oramai un presente dai tratti distopici: quando Shiva parla dell’agricoltura digitale e senza contadini vengono subito alla mente le cosiddette “vertical farming”, fattorie verticali percorse da persone in camice bianco e guanti in lattice che forse la terra – quella vera, quella marrone, quella che sporca – non l’hanno mai nemmeno annaffiata. Quello della tecnologia è un mito che ammalia con facilità perché strettamente legato a un altro mito tanto seduttivo quanto vacuo che è quello del progresso. Frutto di una hybris che si manifesta nell’iper-antropocentrismo, nella conquista e dominio della Terra, nella privatizzazione della natura e nella volontà di progettare il pianeta con la geoingegneria, c’è anche il fake food, ovvero il “cibo da laboratorio”, campo di investimento del multimiliardario Bill Gates. Oggi il sistema industriale offre carne, latte, formaggio, pesce e pure il latte materno che poco hanno a che fare con la carne, il latte, il formaggio, il pesce e il latte materno, ma molto con la soia Ogm, materia prima di questo cibo falso. Laddove non si vuole smascherare uno sviluppo che fa del green washing una sorta di passepartout per devastare il pianeta, succede che “il cibo artificiale ultra-trasformato prodotto in laboratorio (a base vegetale) [venga] presentato come la soluzione al problema del clima”.
L’arroganza della geoingegneria e di chi nella geoingegneria ha investito non conosce limiti. Nel suo saggio, Shiva spiega come, “indifferenti ai costi e alle vulnerabilità potenzialmente letali che impongono alla Terra e alle persone”, la Fondazione Gates – creata da Bill Gates e dalla moglie Melinda French per, come si legge sul sito ufficiale, combattere l’iniquità nel mondo – e l’Università di Harvard “stanno progettando di spruzzare aerosol di solfato nella stratosfera per oscurare il sole come soluzione ai cambiamenti climatici”. Mentre il sapere di contadine e contadini viene soppiantato dalle monocolture intensive, mentre le migrazioni climatiche sono oramai una realtà, i padroni della Terra, agendo con la sicurezza di essere raccontati come filantropi, hanno i mezzi e la spregiudicatezza di manipolare ulteriormente l’atmosfera e il clima terrestre. Viviamo in una società che non è in grado di tornare indietro sebbene quelli raggiunti siano traguardi pericolosi alla nostra sopravvivenza. Viviamo in una società che non si fa problemi a bucare la montagna se là dentro ci deve passare un treno veloce. Viviamo in una società che sta studiando come oscurare il sole. Qualcuno ha deciso che non si devono mettere limiti al progresso, anche se quest’ultimo mette a repentaglio l’essenza stessa dell’esistenza. Shiva sostiene che “il pendio scivoloso verso il fake food che oggi promuove carne e latticini senza l’uso di animali vivi e senzienti, nostri parenti della famiglia terrestre, un domani potrebbe sostenere che non abbiamo bisogno delle piante”. A quanto pare non è assurdo pensare che un domani qualcuno potrà anche dire che non abbiamo più bisogno del sole.