“Non ho più nulla da perdere”
Della rotta del Brennero ci siamo dimenticati per molto tempo, fino alla morte di Mohamed Basser e Mostapha Zahrakame dello scorso dicembre, travolti e uccisi da un treno mentre attraversavano a piedi il confine tra Austria e Italia. Erano rimasti a lungo, esanimi, distesi sulla neve, scambiati per carcasse di animali. Uno schiaffo che ha svegliato in molti dal torpore dell’inverno, rivelando che quella rotta, in realtà, non è mai stata dimenticata da quei corpi che da sempre provano ad attraversarla.
Sono ormai lontani quei giorni del 2016 quando lo spettro di un muro anti migranti paventato dall’Austria aveva portato al Brennero migliaia di persone, in tre manifestazioni distinte, per protestare contro i confini e rivendicare una libertà di movimento per tutte e tutti.
Di quel muro non c’è però stato bisogno.
La frontiera si è ampliata grazie a nuovi dispositivi di controllo che non si accontentano più della linea di confine ma percorrono tutta l’asse del Brennero e non solo.
Solamente nel 2021 sono state oltre 113.000 le persone controllate dalla Polizia ferroviaria di Verona, Vicenza, Trento e Bolzano, il 29% in più rispetto al 2020. Complessivamente, sono state impiegate 12.539 pattuglie in stazione e 335 a bordo treno, presenziando un totale di 685 convogli ferroviari.
Una presenza fissa che ha abituato la maggior parte delle persone, assuefandola anche a quei controlli decisi esclusivamente attraverso la profilazione etnica, una prassi tanto illegittima quanto diffusa, definita come “ogni azione di polizia che si basi sulla razza, l'etnia o l'origine nazionale di un individuo, piuttosto che sul suo comportamento oppure su informazioni che portino a identificarlo come coinvolto in attività criminali”.
Tale criterio ha modellato nel corso del tempo la prassi dei controlli che avvengono ai confini.
Tra Bosnia e Croazia, nel cuore della rotta balcanica, quando un migrante si prepara ad attraversare la prossima frontiera dice agli altri che si sta preparando per affrontare il gioco, “the Game”.
È incredibile come una parola applicata a un contesto possa avere un significato di spensieratezza e come, applicata ad altri, assuma i contorni più macabri.
L’espressione si è diffusa rapidamente tra i migranti per via di una sadica tradizione della polizia croata, solita ad annunciare “game over” quando trovava qualcuno intento ad attraversare il confine. Quello che accade dopo, solitamente dopo essere stati picchiati e spogliati dei propri averi, è la deportazione al confine precedente, finendo spesso nelle mani della corrispondente polizia di frontiera che non si farà remora nel ripetere il medesimo rito.
Se quello della rotta balcanica assomiglia a un macabro gioco dell’oca, quello al confine del Brennero ricorda più una miserabile partita di ping pong.
Sebbene i flussi tra Austria e Italia non si siano mai davvero interrotti negli ultimi mesi, rispetto all’inverno, risultano decisamente aumentati. Quest'estate, le persone che hanno provato a oltrepassare l’una o l’altra frontiera sono state circa 1500 al mese.
Le prime persone arrivano accompagnate dalle timide luci dell’alba. La maggior parte provengono dal Pakistan, il paese che più di tutti in questo momento sta pagando il prezzo della crisi climatica, con inondazioni senza precedenti che hanno lasciato più di un terzo del paese sott’acqua.
Clandestino fino a prova contraria
Al Brennero gli orari dei treni si imparano non dal tabellone ma dal tipo di divisa che si appresta a raggiungere i binari. La scritta “Polizei” sulla giacca blu annuncia l’arrivo dell’Eurocity che sta marciando verso Innsbruck e Monaco di Baviera. La Polizia austriaca sale, ma non è autorizzata a fare nulla fino a che si trova all'interno del territorio italiano.
Sono sempre tre gli agenti che sfilano tra i vagoni, studiando attentamente chi vi sta seduto. I tratti somatici che non corrispondono allo schema caucasico non passano mai inosservati e in caso di irregolarità il viaggio sarà destinato ad essere decisamente più breve del previsto .
La Polizia italiana, solitamente supportata dall’Esercito, non varca invece alcun confine per portare avanti i propri controlli. Quando un treno dall’Austria arriva in Italia, i militari attendono direttamente al binario. Anche nella folla orientarsi è facile e si va sempre a colpo sicuro.
“Documenti. Papers. Do you speak english?”. Frasi di rito superflue rivolte a chi è già cosciente su quello che succederà tra pochi minuti.
Qualcuno viene portato in questura, ad altri - la maggior parte - viene ordinato di mettersi in fila contro un muro, circondati e sorvegliati a vista.
La stazione del Brennero è affollata da numerosi turisti colmi di borse reduci da una mattinata di shopping all’outlet di confine. Non sembrano essere disturbati dalla scena. Qualcuno addirittura sembra non accorgersi di nulla, finendo per chiacchierare con i sorveglianti sul modo più semplice di raggiungere alcune località italiane.
Lo stallo dura fino all’arrivo del prossimo treno interregionale per l’Austria. Non viene rilasciato nessun documento ufficiale che attesti il respingimento ai tanti fermati obbligati a salire uno ad uno sui vagoni.
“E ora che facciamo?”
I primi controlli in Austria avvengono già dalla prima stazione, a una manciata di chilometri dal confine. A Gries, da una camionetta perennemente parcheggiata escono gli addetti ai controlli del nuovo treno.
Ma in terra austriaca non ci si limita ad un semplice respingimento.
Una norma messa a punto dal Governo ha istituito una multa applicata a chiunque venga trovato irregolarmente sul territorio. La peculiarità è che la cifra della sanzione da applicare è totalmente discrezionale, con un range che da poche decine di euro può raggiungere valori a tre zeri. La prassi è che la sanzione comminata corrisponda esattamente al valore trovato in tasca alla persona fermata.
Non è un caso che dalla maggior parte delle persone in movimento l'azione venga percepita come un furto. “Ci hanno sequestrato mille euro, non abbiamo più niente. Ora che facciamo?", chiede disperata una famiglia indiana respinta all’inizio della settimana.
A chi non ha soldi per “pagare” viene sequestrato il cellulare o eventuali oggetti di valore trovati dalla Polizia in suo possesso.
La beffa è che per riavere il proprio telefono, con i propri contatti, ricordi e punti di riferimento, è necessario varcare il confine e riscattarlo, previo pagamento della sanzione, presso gli uffici della Gendarmeria.
“Capita che ci vengano consegnati migranti ai quali hanno sequestrato tutto, persino gli indumenti personali - confermava già nel 2017 il comandante della Polfer al Brennero - La normativa austriaca prevede una sanzione pecuniaria per l’ingresso e transito irregolare ma ci dovrebbe essere un limite e qui si va ben oltre. Da noi questo non succede”.
“Proverò di nuovo”
La macchina dei respingimenti non si ferma neanche la notte, neanche di fronte ai bambini.
È martedì. Una famiglia afghana, con tre bambini, è appena stata mandata indietro. È il quarto nucleo proveniente dall’Afghanistan che viene riportato al Brennero quel giorno, tutti sbarcati a Taranto dopo essere partiti per un viaggio infernale dalle coste della Turchia.
I bambini del confine li riconosci subito perché sono quelli che non sorridono mai. Neanche quando offri loro dei dolcetti. Neanche quando fai le facce buffe.
“Quand’ è il treno per Milano?” Chiede il padre esausto mentre trascina una pesante valigia blu. Non c’è nessun treno per Milano ma se vi sbrigate a raggiungere il binario potete arrivare a Bolzano, si sente rispondere.
Le temperature del Brennero sono rigide anche durante l’estate. Qualche sera prima il termometro durante la notte ha raggiunto gli zero gradi.
I tre bambini cominciano a tremare e battere i denti. Indossano solo una t-shirt, provano a scaldarsi sfregando le mani sulle braccia. La madre cerca a sua volta di proteggerli dal freddo con le braccia e il suo vestito, troppo leggero anche per lei.
È passato solo un giorno. Il buio ha già avvolto ogni cosa quando due figure esili cominciano ad aggirarsi disorientate vicino alla stazione: “Ci hanno appena riportati indietro”.
A parlare questa volta è A. , viene dal Marocco e ha 17 anni. Ad accompagnarlo c’è F. , scappato dall’Afghanistan. Di anni dice di averne 15 sebbene - a dispetto degli occhi stanchi e dello sguardo duro - ne dimostri meno.
Entrambi, soli, hanno deciso di continuare il viaggio verso l'Austria. Entrambi, lasciati soli, sono stati respinti.
Ai sensi del Regolamento Dublino e della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, i minori non accompagnati non possono essere respinti. A differenza degli adulti, non può infatti venire applicato il criterio del paese di primo ingresso. Nonostante questo, ripetute e sistematiche sono le violazioni ai danni dei minori non accompagnati denunciate in quasi tutte le frontiere europee.
Vicino alla chiesa del paese, c’è una struttura gestita dal gruppo Volontarius e Caritas, pensata proprio per accogliere temporaneamente i soggetti vulnerabili che si trovano al confine.
Ma F. è diffidente, a malapena accetta il cibo che gli viene offerto. Vuole solo raggiungere i suoi parenti in Austria. Non ha più nulla, nemmeno il cellulare per avvisare chi lo sta aspettando. Gli occhi stanchi all'improvviso si fanno seri: “Proverò di nuovo. Ormai non ho più nulla da perdere”.
Ho provato profonda tristezza
Ho provato profonda tristezza leggendo questo articolo, a vedere la foto della famiglia Afghana, con quei bimbi che a vederli potrebbero essere i miei. E poi quella frase pronunciata da un giovane che in un mondo NORMALE avrebbe tutta la vita davanti a sé, "Ormai non ho più nulla da perdere". Bisogna farsela passare piú volte nella testa questa frase e riflettere su cosa queste poche parole significhino. E la cosa che mi rende infinitamente triste é che queste immagini si ripresentano, sempre e sempre; cambiano i confini, cambiano i nomi, ma la tragedia é sempre quella. Nella nostra specie di "sapiens" c'é ben poco!
In risposta a Ho provato profonda tristezza di Christian I
Es handelt sich hier um den
Es handelt sich hier um den üblichen, keineswegs überraschenden antiösterreichischen Artikel. Ich bin vor kurzem mehrmals über den Brenner gefahren und könnte mehrere Artikel über das präpotente Verhalten der italienischen Soldaten, die sich in illegaler Weise Polizeifunktionen anmaßen, schreiben. Es hätte aber keinen Sinn, da hier die nationalistischen Vorurteile zu tief sitzen.
Das Abkommen von Dublin
Das Abkommen von Dublin funktioniert nicht. Aus mangelnder Solidarität der europäischen Binnenstaaten entstehen an der Basis diese entwuerdigenden Pushback-Situationen, die tatsächlich mit deutlich mehr Respekt durchgeführt werden könnten. Das entlang der Mauer Aufstellen, von Polizei und Militär in Überzahl umringt, ist eine überzogene Maßnahme. Es wäre ein Leichtes am Bahnsteig einen Raum zu schaffen, in dem die Menschen geschützt warten können bis ihre Reise ins Ungewisse zurück nach Nord oder Süd weitergeht. Die von der Caritas und Volontarius geführte Unterkunft im Zentrum von Brenner Ort erfüllt hier eine extrem wichtige Funktion.