Una cabinovia, molti dubbi

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Lo schema è ormai collaudato: far andare deserto un bando con clausole impossibili per poi affidare i lavori tramite una procedura negoziata che consenta di rispettare tempi di costruzione strettissimi senza badare a spese, e facendo lavorare le ditte, se necessario, giorno e notte. E’ accaduto con la pista da bob e ora avviene, sempre a Cortina, con il contestato impianto a fune Apollonio-Socrepes. Tre giorni fa, l’8 luglio, il commissario straordinario per le opere di Milano Cortina 2026 (Simico), Fabio Saldini, aveva annunciato la conclusione della procedura con l’affidamento dei lavori ad una Associazione Temporanea di Imprese costituita dallo strano combo Graffer, Dolomiti Strade ed Ecoedile.
Secondo i comitati ambientalisti deve destare qualche dubbio il fatto che un impianto così importante, che prevede l’installazione di 10 piloni in una zona franosa e la realizzazione di tre stazioni con 50 cabine capaci di trasportare 2.400 persone all’ora, non sia costruito da uno dei due colossi del settore, Leitner o Doppelmayr. Ed in effetti, l’azienda di Vipiteno, interpellata da SALTO, fa sapere: “Ovviamente ci siamo guardati bene la gara e visto il progetto e le incertezze sul versante geologico per noi risultava irrealizzabile nei tempi richiesti".
Dovendo l’impianto essere operativo già prima del 6 febbraio 2026, la fretta di iniziare da parte della nuova ATI è massima; il quotidiano veneto il Gazzettino annunciava il 10 luglio che i lavori sarebbero partiti già "questa settimana". Si tratta però solo dei primi sondaggi geologici, perché il progetto esecutivo e la relativa concessione edilizia, infatti, ancora non ci sono.
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Giravolta nella procedura Via
Tra le molte procedure amministrative anomale seguite dalle opere legate alle olimpiadi invernali quella della cabinovia Socrepes è fra le più strane. Anche su SALTO abbiamo riferito che, nell’estate del 2024, il Comitato per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) esprime un parere netto: l’area interessata dalla cabinovia, i prati di Mortisa, è soggetta a dissesti idrogeologici e non è idonea ad accogliere l’opera. La zona viene definita «non immune da frane», classificata come instabile (P2–P3), e vengono sollevati ben 25 rilievi critici. La bocciatura appare un colpo molto duro per i sorridenti amministratori veneti ultra entusiasti più che per le Olimpiadi in sè, per le opere ad essere connesse. Non mancano le reazioni: il sindaco denuncia pubblicamente il rischio che la città resti tagliata fuori dai giochi; le associazioni ambientaliste, invece, esultano e chiedono che l’impianto venga spostato o ridimensionato.
Tuttavia, appena pochi mesi dopo, lo scenario cambia radicalmente. A dicembre, la Soprintendenza rilascia un parere favorevole, pur esprimendo “perplessità paesaggistiche”. E a inizio 2025, la Commissione VIA regionale approva definitivamente il progetto, imponendo una serie di 14 prescrizioni ambientali: monitoraggi continui, interventi di stabilizzazione dei versanti, una curiosa richiesta di mitigazione dell’impatto paesaggistico attraverso l'uso dei colori, e garanzie sul risparmio energetico.
Non va però dimenticato che a maggio 2024, con una mossa tipica del "metodo Zaia" la Giunta del Veneto aveva di fatto "avocato a sè" la competenza sul procedimento VIA, sottraendola alla Provincia di Belluno, con la motivazione che si trattasse di un’opera “di interesse regionale”. Una scelta che ha creato tensioni tra amministrazioni e ha rafforzato i sospetti di una regia politica per accelerare i tempi.
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La grossa grana giudiziaria di Foppolo
Dal recente annuncio della conclusione della procedura negoziata fra gli addetti ai lavori si cerca di capire chi siano le aziende che hanno deciso di lanciarsi in un progetto così rischioso e complesso da essere stato scartato dai colossi mondiale del settore. Scorrendo il sito internet della Graffer Srl, capofila dell'ATI in quanto unica ad essere attiva nel settore degli impianti a fune, si apprende che la ditta di Lonato sul Garda è specializzata in revisioni e riposizionamenti di grandi impianti realizzati proprio da ditte come Leitner e Doppelmayr e che, quando li costruisce con le proprie forze (ha 17 dipendenti), ne realizza di dimensioni molto, molto più piccole. Negli ultimi anni l'azienda ha costruito solo una "cestovia biposto" tra Prada e Ortigaretta sul Monte Baldo che trasporta 300 persone all’ora. Nella comunicazione di qualche giorno fa Saldini, rassicurante, ricordava che “l’Impresa Graffer già nel 1956 a Cortina costruì impianti in occasione delle Olimpiadi, bissando poi ai Giochi di Torino nel 2006 e coronando, così, dopo 70 anni, la sua attività con questa opera sfidante, complessa e che rimarrà una legacy straordinaria per tutto il territorio ampezzano”. Sulla legacy dell'opera non tutti gli abitanti di Cortina saranno proprio d’accordo mentre non vi è dubbio che si tratti di un’intervento davvero molto sfidante per un’azienda che di solito fa revisioni.
Intervistato dal Corriere delle Alpi, Saldini il 9 luglio, ai dubbi del giornalista, risponde di aver fatto le verifiche e che la Graffer è una società di ingegneria che “mette insieme pezzi prodotti da altri”, spiega che i lavori prevalenti (quelli edili) saranno realizzati da Ecoedile e Dolomiti strade e aggiunge una frase sibillina sul fatto che “i pezzi saranno prodotti altrove”. Ad ulteriore domanda del giornalista, il commissario straordinario chiarisce che “alcune cose verranno fatte a Brescia, e altre fuori dall’Italia, ma non posso dire dove”. È quanto meno curioso che debba restare il mistero su un aspetto del genere; secondo voci non confermate, per costruire le cabine, la ditta di Lonato sembra debba appoggiarsi ad un’azienda turca.
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Un altro dato curioso è che, a vedendo la lista dei progetti, l’unica commessa per un impianto di discrete dimensioni ricevuta dalla Graffer sia del 2016. A questo punto va raccontata una storia nella storia.
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L’affaire Foppolo
È l’8 luglio di nove anni fa quando un incendio doloso distrugge le due storiche seggiovie Quarta Baita e Montebello, cuore pulsante del comprensorio sciistico di Foppolo, in alta Valle Brembana. Le fiamme, appiccate di notte, riducono in cenere cabine, stazioni e componenti tecnici. La comunità è sotto shock. Il turismo invernale, già in crisi, rischia il tracollo.
Nel giro di poche settimane, il Comune di Foppolo decide di reagire con prontezza. Avvia una procedura negoziata per la sostituzione urgente degli impianti. Si tratta di una gara a inviti, autorizzata dal Codice dei Contratti Pubblici, che consente di contattare direttamente imprese specializzate e ridurre drasticamente i tempi burocratici. L’obiettivo è uno solo: riaprire la stagione sciistica entro Natale.
A settembre 2016, i lavori vengono assegnati alla ditta Graffer Srl, unica partecipante alla procedura. L’azienda promette di installare in soli 100 giorni una cabinovia da 12 posti con 54 cabine, capace di trasportare fino a 2.800 persone all’ora. L’investimento, si legge sui giornali dell’epoca, è da oltre 5 milioni di euro, coperto in parte da fondi regionali e in parte da soggetti privati. I primi componenti arrivano. Le cabine vengono posizionate nel piazzale degli alberghi e nel campo sportivo. Si lavora a ritmi frenetici. Ma qualcosa si inceppa.
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Alla fine del 2016, la Procura di Bergamo apre un’inchiesta penale. Gli inquirenti sospettano che l’incendio sia stato volutamente appiccato per giustificare l’urgenza dell’appalto. L’indagine coinvolge il sindaco Giuseppe Berera, il titolare della Graffer, un’avvocatessa e un’impiegata comunale. L’ipotesi di reato è turbativa d’asta. Si indaga su un presunto sistema di favori e intrecci locali. Con l’indagine in corso, i lavori si fermano. La cabinovia non viene completata. L’autorizzazione ministeriale all’esercizio non arriva mai. Le cabine, intanto, restano parcheggiate all’aperto per anni, coperte da teloni, a testimonianza di una prassi amministrativa comunque non del tutto chiara. Nel 2022, dopo sei anni di immobilismo, arriva la decisione finale: le cabine vengono rimosse. Il progetto fallisce definitivamente. Il sogno del rilancio turistico si spegne.
Con sentenza divenuta definitiva nel 2024, l’ex sindaco di Loppolo Giuseppe Berera viene condannato a oltre 10 anni di carcere per vari reati, fra cui la turbativa d’asta proprio relativa alla procedura negoziata con la ditta Graffer. Con altro procedimento, invece, nel giugno 2024 si arriva all’assoluzione degli altri sette imputati fra cui i vertici dell’azienda. “Il vero danno – disse allora l’ex titolare Sergio Lima parlando con il Corriere di Bergamo - è d'immagine, un danno devastante per la credibilità della Graffer, che è stata su tutti i giornali online per otto anni”. “Ora con la Graffer –concluse sarcastico Lima, che della ditta ora è solo responsabile commerciale - ci stiamo occupando della manutenzione ventennale della funicolare di Chiaia, a Napoli, anche lì ci sarebbe dovuta essere una turbativa d'asta, dato che né Leitner né Doppelmayr hanno mai partecipato alle gare”.
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La preoccupazione degli ambientalisti
Il buon esito della procedura negoziata che ha portato qualche giorno fa all’assegnazione dei lavori della cabinovia di Cortina, preoccupa gli ambientalisti. “Mentre la montagna frana sotto i nostri occhi – dice Roberta De Zanna, consigliera comunale e anima dei comitati - causando pericolo e disagi tra gli abitanti, l’arroganza umana non si ferma nemmeno davanti all’evidenza e si vuole procedere a tutti i costi con la costruzione della cabinovia Apollonio – Socrepes ai bordi di una frana attiva, incuranti di quello che sta succedendo, illudendosi di poter fronteggiare la natura con degli accorgimenti tecnici”. Secondo De Zanna si procede “nonostante la contrarietà di molti cittadini di Cortina d’Ampezzo, nonostante la mancanza di un parcheggio che farà sì che si dovrà chiudere l’impianto subito dopo i Giochi. A fronte di un impatto ambientale enorme che andrà a deturpare i prati di Convento, Mortisa e l’abitato di Lacedel si è provveduto ad uno studio cromatico 'con vernici polimetalliche e sfumate che garantiscono transizioni ottiche dolci tra struttura e ambiente': sembra uno scherzo invece sono proprio queste le prescrizioni della Sovrintendenza, la stessa sempre così attenta all’apertura di una finestra, all’aggiunta di un camino”. Proprio la consigliera ambientalista qualche giorno fa si chiedeva: “Come mai Doppelmayr e Leitner, aziende leader mondiali nel settore funiviario si sono defilate dall’affare? La ritengono forse un’impresa rischiosa? Temevano in un danno di immagine derivante da un progetto così controverso?”
Sui dubbi sollevati rispetto alle criticità geologiche e geognostiche, lasciamo l’ultima parola al commissario Saldini: “SIMICO ha adottato un piano di indagini mirato per la realizzazione dell'impianto, che verrà costruito in sicurezza e a tutela della comunità, come per tutto il resto delle opere del Piano olimpico”. Occorrerà dunque attendere il febbraio 2026 per vedere se tutte le decisioni prese dalla società responsabile delle infrastrutture per Milano Cortina 2026 saranno azzeccate. Non resta che fidarsi.
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