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Ötzi e i suoi fratelli

Il Dna paterno e materno della celebre mummia non coincide con nessuno di quelli dei 47 individui vissuti tra 8.000 e 3.500 anni fa nella zona, aprendo interrogativi sulla sua origine. Lo svela una ricerca di Eurac.
Ötzi
Foto: Othmar Seehauser
  • Si aprono nuovi interrogativi sulla mummia del Similaun. Il gruppo di ricerca dell’Istituto per lo studio delle mummie di Eurac Research, in collaborazione con l’Università di Trento e di Uppsala, ha analizzato il genoma di 47 individui preistorici provenienti da 17 siti archeologici del Trentino-Alto Adige. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, colma un’importante lacuna sulla storia genetica di individui preistorici provenienti da questa area geografica strategica, ponte culturale tra le popolazioni del Mediterraneo e quelle delle Alpi settentrionali e luogo di ritrovamento di Ötzi. In breve: la mummia del Similaun aveva un Dna molto diverso da quello di altri individui vissuti nella sua stessa zona fra 3.500 e 8 mila anni fa, sia il cromosoma Y ereditato dal padre, sia il Dna mitocondriale ereditato dalla madre non sono stati trovati in nessuno dei genomi analizzati.

    Il team di ricerca, guidato dalla genetista di popolazione Valentina Coia, e in collaborazione con stakeholders locali e con le Soprintendenze delle Province Autonome di Bolzano e Trento, ha raccolto i resti osteologici e li ha analizzati da un punto di vista antropologico e paleogenetico nei laboratori specializzati di Eurac Research. Attraverso analisi bioinformatiche e statistiche, i dati genomici ottenuti sono stati confrontati con quelli già disponibili in letteratura, relativi a oltre 1.300 individui antichi e un migliaio di individui odierni dall’Eurasia occidentale.

  • Il Dna di Ötzi: è molto diverso da quello di altri individui vissuti nella sua stessa zona.
  • Le analisi hanno permesso anche di fare luce sulla storia di questi gruppi preistorici e sui loro legami con lontane comunità provenienti, ad esempio, dalla Russia o dall'Anatolia, l'attuale Turchia, colmando un'importante lacuna riguardante l'area delle Alpi trentine. I risultati indicano infatti che, fra gli individui analizzati, l'uomo più antico, vissuto circa 8mila anni fa, era strettamente imparentato con i cacciatori-raccoglitori occidentali, ma il suo genoma mostra anche un contributo pari al 16% circa da parte di cacciatori-raccoglitori provenienti dalla Russia. Ciò dimostra un mescolamento tra questi due gruppi avvenuto tra i 15.700 e i 10.300 anni fa. Altri individui vissuti invece in un periodo più recente, tra 6.600 e 6.300 anni fa, possedevano uno stretto legame con i primi agricoltori provenienti dall'Anatolia.

    Inoltre, i risultati dimostrano che, a livello genomico, l’Iceman è molto simile non solo agli altri individui alpini dell’Età del Rame analizzati, ma anche a quelli vissuti in periodi diversi. Malgrado ciò, sia la linea genetica paterna – il cromosoma Y, ereditato dal padre – sia quella materna – il DNA mitocondriale, ereditato dalla madre – di Ötzi non si trovano in nessun altro individuo alpino analizzato, lasciando aperte alcune domande sull’origine e sull’affiliazione culturale di questo individuo.

    Lo studio - fa sapere Eurac - contribuisce alla comprensione di un altro fenomeno che interessò l’Europa: la migrazione di gruppi di pastori dalle steppe eurasiatiche a partire da circa 5000 anni fa che diffusero la componente genetica ‘steppica’. “Le nostre analisi dimostrano che queste migrazioni hanno avuto un impatto genetico molto limitato sui gruppi alpini”, spiega Coia. “Nonostante ciò, i nostri risultati evidenziano che la componente genetica ‘steppica’ comparve nel territorio delle Alpi orientali prima che in altre zone del Nord Italia, aggiungendo un importante tassello alla comprensione di questo fenomeno complesso in Europa meridionale”.

    Il gruppo di ricerca ha rivelato alcune strette relazioni di parentela biologica (genitori – figli, fratelli o cugini) tra individui sepolti nello stesso sito archeologico. Ad esempio, due tombe singole in recinto di pietra ritrovate nella necropoli neolitica de La Vela in Trentino, ospitavano un adolescente e una bambina che sono risultati essere fratello e sorella.