Politica | L'Intervista

"Doppia cittadinanza, ci riproviamo"

Sven Knoll, co-fondatore, segretario e capogruppo di Südtiroler Freiheit: "Tutto si è un po' fermato per il Covid, ma adesso torneremo convintamente alla carica".
Sven Knoll
Foto: STF

Sven Knoll, come recita il suo curriculum nato a Bolzano e residente a Scena, Maturità classica e iscritto a Medicina a Innsbruck, attivo politicamente dal 1995 e co-fondatore della Südtiroler Freiheit, è componente degli Schützen e dello Heimatpflegeverband. Dal 2005 al 2008 consigliere comunale, è consigliere provinciale dal 2008. Ha capito, nel corso della sua carriera politica assai precoce, che lo ha portato a essere segretario e capogruppo provinciale, una cosa importante: che in attesa dell'autodeterminazione, se mai arriverà, dell'indipendenza dall'Italia, se mai ci sarà, della doppia cittadinanza, se mai vedrà la luce, ebbene Knoll, ha capito una cosa non secondaria. Che intanto, in attesa degli obiettivi macro-politici, la gente, la sua gente che desidera l'indipendenza dall'Italia, comunque ogni giorno deve campare, e che, campando, ha bisogno di risposte anche nel quotidiano. Oltre che sulla macro-politica, anche sui temi concreti.

salto.bz: Consigliere Knoll, chiuda un attimo gli occhi e immagini una provincia indipendente dall'Italia. Ecco, in un luogo così, come sarebbero trattati gli italiani che vi risiedono?

Sven Knoll: Ovviamente per quanto mi riguarda con tutte le garanzie possibili e il rispetto della loro identità culturale.

L'obiezione di tanti è: ma come, siamo in Europa, che senso ancora hanno queste pretese indipendentiste o comunque di autodeterminazione se siamo sotto il comune ombrello europeo?

Io invece credo che proprio l'Europa possa essere una garanzia per le nostre istanze, a patto che andiamo a considerare non l'Europa degli Stati nazionali, ma l'Europa dei popoli e delle culture. E qui rovescio la domanda: davvero un'Europa che crede nelle libertà delle persone può accettare che tale libertà venga violata quando consiste nella possibilità di scelte di autodeterminazione? In Europa vi sono aree culturali comuni, Regioni che travalicano gli attuali assetti degli Stati nazionali, come ad esempio il Tirolo. L'Europa, un'Europa veramente libera, dovrebbe in questo senso essere una garanzia.

Noi abbiamo in mente un futuro diverso per la nostra terra

Se oggigiorno fosse possibile un vero referendum come pensa si esprimerebbe la maggioranza dei residenti?

A mio avviso, la grande maggioranza della popolazione sudtirolese voterebbe per l'indipendenza dall'Italia.

Uno dei suoi cavalli di battaglia è la cosiddetta doppia cittadinanza. Anche qui l'opposizione di Roma è ferma. Ma con l'Austria come va? La seguono su questa strada o no?

Purtroppo il Covid ha ovviamente un po' fermato tutto, ma adesso torneremo alla carica con molta convinzione. Anche per un fatto di pragmatismo, la doppia cittadinanza sarebbe una bella cosa per tutti, aumenterebbe le opportunità di ciascuno.

Recentemente a Bolzano è stato intitolato un ponte ad Alex Langer. Lei avrebbe compiuto questo gesto?

No. Ma non perché io abbia un problema con la sua figura, ma perché sono in generale contrario a intitolazioni di luoghi pubblici a esponenti politici. Ci sono tanti non politici tra cui scegliere... Quando le intitolazioni vanno a politici si creano sempre polemiche e incomprensioni, e noi non ne abbiamo affatto bisogno, direi.

Molto pragmaticamente lei constata che mentre voi siete impegnati nel core business politico delle vostre battaglie sull'autodeterminazione, la gente ordinariamente vive, e ha ovviamente bisogno di risposte mentre vive. Su quali tematiche?

Noi abbiamo in mente un futuro diverso per la nostra terra. Ma progettare e lottare per un futuro diverso non deve impedirci di vivere il presente nel presente, impegnandoci cioè a migliorare la vita concreta delle gente. Penso ad esempio a tematiche come il traffico, le opportunità di lavoro, un corretto sviluppo sostenibile. Anche qui dobbiamo essere presenti, e dare alla gente le risposte di cui ha bisogno. Macropolitica non vuol dire trascurare i temi concreti. E con il Covid ne abbiamo avuta la dimostrazione, la gente si è rivolta a noi per tanti temi pratici, precisi.

Ad esempio?

Le problematiche transfrontaliere. Avevamo situazioni di coppie separate solo da due o tre chilometri di distanza ma per le misure sanitarie non era possibile il ricongiungimento a causa di problemi di frontiera per il Covid. Delle vere assurdità cui come partito abbiamo dato risposte concrete. In quel preciso momento quelle persone non mi parlavano di macropolitica, ma di risolvere situazione a volte veramente assurde. Essere riusciti a farlo, mi ha regalato una grandissima soddisfazione.

La tecnologia, e adesso ancor più a causa del Covid, ha modificato radicalmente il rapporto tra eletto ed elettore

A proposito di Covid, lei indossa con molto scrupolo la mascherina. Ma è vaccinato?

No, per il momento no. Penso di farlo in settembre, quando arriveranno nuovi tipi di vaccino.

Lei è in Consiglio dal 2008. Come è cambiata rispetto ad allora oggi la politica?

I temi forti per noi sono sempre gli stessi, la gente che ci vota lo fa perché sa che noi siamo qui a fare qualcosa di preciso in cui crediamo. Ma la tecnologia, e adesso ancor più a causa del Covid, ha modificato radicalmente il rapporto tra eletto ed elettore. L'elettore può raggiungermi facilmente ogni volta che lo desidera nelle chat o sui social, e io non sono tenuto a partecipare a tanti incontri in presenza difficili da gestire e programmare. Quindi tantissimi rapporti online, aumentati moltissimo. E poi quando occorre essere anche in presenza lo facciamo più che volentieri.

Com'è lei nel privato nel rapporto con gli altri consiglieri?

Credo che occorra distinguere assai chiaramente la dimensione politica da quella personale. Ad esempio, il mio compagno di scranno è Urzì, chi mai potrebbe essere più lontano da me politicamente rispetto a lui? Eppure abbiamo un bel rapporto personale, cordiale, simpatico, spesso prendiamo volentieri insieme il caffè!

Quando le intitolazioni vanno a politici si creano sempre polemiche e incomprensioni

Lei si sente italiano?

Proprio no, mentirei se dicessi il contrario.

Chi sono oggi per lei gli italiani che vivono in provincia?

Dipende: oltre una certa soglia di età la comunicazione è per noi davvero difficile, il nazionalismo è ancora troppo forte, così come difficile è a livello politico. Le nuove generazioni però sono diverse, imparano più volentieri il tedesco, e chissà se i semi del presente non riescano a costruire un futuro diverso dall'attuale...