In piazza contro Erdogan
Decine di migliaia sono le persone in fuga dalle zone di combattimento in Siria in seguito all’offensiva militare lanciata dalla Turchia mercoledì scorso (9 ottobre) contro i curdi, definiti “terroristi” (per via dei loro legami con il Pkk) dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Il ministero della Difesa di Ankara ha riferito che un soldato turco è rimasto ucciso mentre altri tre sono rimasti feriti nel Nord della Siria nel corso dell’“operazione Fonte di pace”, mentre 227 miliziani curdi sarebbero stati “neutralizzati”. Il timore diffuso è, viste le inequivocabili minacce del presidente Erdoğan, che moltissimi rifugiati siriani che oggi si trovano in Turchia possano scappare verso l’Europa: “Ehi, Ue, svegliatevi, ve lo dico di nuovo, se volete inquadrare la nostra operazione come un’invasione, il nostro compito allora è semplice: apriremo i cancelli e vi manderemo 3,6 milioni di rifugiati”, ha detto il Sultano parlando dell’intervento militare dopo la condanna di Bruxelles.
Proteste e incongruenze
Sul fronte americano la deputata repubblicana al Congresso Usa, Liz Cheney, ha annunciato che presenterà nei prossimi giorni una legge che impone sanzioni alla Turchia per l’attacco alle milizie curde. E oltre 20 deputati repubblicani avrebbero già espresso sostegno alla sua proposta. La figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney, nonostante sia una delle più strette alleate di Donald Trump - riferisce l’Ansa - si è unita al coro delle critiche contro il presidente per aver abbandonato gli alleati curdi. Trump, difendendo la sua decisione, ha sottolineato: “I curdi non ci hanno aiutato nella Seconda guerra mondiale, non ci hanno aiutato in Normandia, per esempio”.
Una ferma condanna arriva anche, alle nostre latitudini, dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio che in un’intervista a Repubblica ha dichiarato: “La soluzione della crisi siriana non può passare attraverso l'uso delle armi, ma attraverso dialogo e diplomazia. Il popolo siriano ha già sofferto abbastanza”. In un articolo apparso oggi su Linkiesta viene tuttavia aggiunto un “dettaglio” non trascurabile e cioè che l’Italia “schiera al confine siriano 130 soldati e una batteria di missili per proteggere con la Nato lo spazio aereo di Ankara da una possibile risposta proveniente dalla Siria”.
Nel frattempo la società civile non resta a guardare. Il Rojava Solidarity Committee Europe ha indetto per domani, sabato 12 ottobre, una giornata mondiale di protesta contro “l’invasione turca e la pulizia etnica dei curdi nel nord della Siria”. Un invito a scendere in piazza accolto, oltre che in molte città europee, anche in Trentino-Alto Adige con l’impegno attivo di associazioni come Bozen solidale e il Centro sociale Bruno. A Bolzano l’appuntamento è per domani, ore 15.30, in piazza del Grano: “Non può essere normale assistere in silenzio all'ennesimo capitolo dell'infinita guerra in Siria. Mai come questa volta è evidente come tutta la retorica sulla difesa della democrazia e la difesa dei diritti umani utilizzata dalle democrazie occidentali per attaccare i propri nemici, è falsa e ipocrita. Non può essere normale assistere a guerre e massacri in diretta televisiva. La guerra è anche qui”, scrivono gli organizzatori del sit-in. A Trento si manifesta invece mercoledì 16 ottobre dalle ore 17 in piazza Pasi, “per ribadire la nostra contrarietà ad un'altra aggressione al Rojava e ai suoi popoli; per stare al fianco dei curdi; per ribadire che Erdoğan è un terrorista e il suo piano genocida non può avere spazio”.