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“La musica non è un’élite”

Titoli conseguiti all’estero: Intervista a Gemma Bertagnolli, soprano bolzanina di fama internazionale, esclusa dall’insegnamento nei conservatori italiani.

L'Italia non è più il paese della musica ma della storia della musica”, sosteneva a malincuore Riccardo Muti nel dicembre 2005 in occasione del concerto in Senato dell'Orchestra Luigi Cherubini. Il fatto che l’educazione musicale sia percepita spesso come un sottoprodotto, un’appendice superflua, nel sistema scolastico italiano nuoce sia a chi quell’educazione la riceve sia a chi la divulga. Se poi questo disagio contamina anche i luoghi per statuto deputati alla musica, come il conservatorio, la situazione si complica ulteriormente. Emblematico in questo senso il caso della soprano bolzanina Gemma Bertagnolli, una delle interpreti nostrane di riferimento per la musica barocca e docente alla Hochschule für Künste di Brema, esclusa dalla graduatoria nazionale per l’insegnamento a causa di pretestuosi bizantinismi burocratici.

Bertagnolli, vuole spiegarci le motivazioni di questa esclusione?
Il MIUR ha stilato una graduatoria per l’insegnamento nei conservatori che non tiene minimamente conto del punteggio artistico, ma considera solo gli anni di insegnamento effettivo negli istituti musicali esclusivamente italiani. Il Ministero inoltre non riconosce i titoli conseguiti nella comunità europea probabilmente perché non ritiene che siano equiparabili a quelli rilasciati nel nostro paese. Eppure, nel conservatorio dove insegno, la Hochschule, alcune alunne che ho laureato al primo livello a Brema, sono state ammesse in Italia al secondo; di fatto, quindi, il titolo di studio che loro hanno preso con me è stato riconosciuto, mentre il mio titolo di servizio non è valido.

Ha fatto ricorso al Tar?
Certamente, la prima udienza è il prossimo 26 novembre. Naturalmente posso continuare a insegnare a Brema ma ho deciso di fare ricorso perché è necessario catalizzare l’attenzione sulla questione; assisto troppo spesso allo sconfortante spettacolo del talento sistematicamente frustrato nell’ottica del luogo comune che la cultura non interessa a nessuno. Niente di più sbagliato. I luoghi comuni sono la morte dell’evoluzione perché impediscono di ragionare sulle soluzioni.

Qual è la sua sensibilità rispetto a questa discriminazione?
Ho la sensazione che ci sia molto disordine in questo momento, si vuole tentare di sanare la situazione dei conservatori italiani che però sono trascurati da troppi anni, e dove c’è un tasso di precariato altissimo di cui nessuno si è mai occupato. Non metto in dubbio il valore artistico di chi è stato ammesso all'insegnamento, il problema è che finora non è stato fatto un ragionamento sensato a lungo termine rispetto al problema.

E cosa ha comportato tale atteggiamento finora?
Molte classi di conservatorio sono soggette ogni anno a notevoli difficoltà di programmazione, i docenti a continui spostamenti di sede, e una delle dirette conseguenze è il calo degli iscritti.

C’è forse anche poco coinvolgimento nelle scuole in materia di educazione musicale, considerata spesso più un corollario che una disciplina di prim’ordine?
Dalla riforma Gentile in poi la musica è stata considerata una specie di lusso. C’è un’osservazione che ripeto spesso: non si studia matematica per diventare matematici né si studia l’italiano per diventare necessariamente dei letterati o dei poeti ma lo si fa perché avere una formazione ampia contribuisce ad essere più civili. Analogamente la musica dovrebbe essere studiata non solo nei conservatori ma anche nelle scuole. Noi in Alto Adige siamo molto fortunati perché abbiamo l’Istituto musicale che si preoccupa dell’alfabetizzazione, in altre parti d’Italia non esiste questa alternativa e la musica non viene sufficientemente contemplata e divulgata, ci sono solo i conservatori che a volte, nonostante le molte eccellenze fra i didatti, non sono sempre all’altezza del loro ruolo.

Cosa suggerirebbe per rilanciare e sostenere la diffusione della cultura musicale?
Di proposte da fare ce ne sarebbero diverse, una maggiore collaborazione all’interno delle classi, per esempio, o il potenziamento della capacità progettuale dei ragazzi, sostenere lo scambio di idee fra i musicisti. Sento inoltre l’esigenza di una legge che semplifichi le procedure burocratiche legate all’organizzazione dei concerti, visto che oggi questa è quasi un’attività proibita per via dei numerosi impedimenti amministrativi.

Occorre quindi una presa di coscienza collettiva del problema.
La fruizione della musica riguarda tutti, non solo chi la studia, il passaggio dalla nicchia degli esecutori alla società civile per me è fondamentale. In un momento in cui l’imbarbarimento di quella società è evidente, l’impegno di ciascuno deve essere proprio quello di operare per la civiltà, e la musica, nello specifico, non è un argomento elitario ma ci coinvolge tutti attraverso un lavoro di confronto costante.