Cultura | L'intervista

“Niente è impossibile”

Bertrand Risé e Alice Yeoue (Shanti Powa) raccontano la loro missione: creare un centro culturale a Bolzano. “Il capoluogo ne ha bisogno, ma ci manca ancora il posto”.
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Foto: Salto.bz

“Uno spazio alternativo, autogestito e aperto tutti”, potrebbe essere facilmente questa la tagline del futuro centro culturale che la “meglio gioventù” altoatesina vorrebbe realizzare a Bolzano. “È un sogno, ma noi ci crediamo”, dicono traboccanti di entusiasmo Bertrand Risé (24 anni) e Alice Yeoue (25), due dei cantanti del fortunato gruppo musicale Shanti Powa, che, da qualche tempo, sono alla ricerca di una struttura, nel capoluogo, dove poter plasmare la loro idea.



salto.bz, Risé e Yeoue, come lo immaginate il “vostro” centro culturale a Bolzano?
Alice Yeoue: L’esempio è quello dell’Ost West club che ha avuto e ha ancora oggi un grande impatto sulla città di Merano, nonostante le piccole dimensioni. Ecco, pensiamo a qualcosa di simile e la gestione sarà affidata a un gruppo di persone di età diverse. Vogliamo mettere a disposizione per tutti quelli che non ce l’hanno un luogo dove ritrovarsi per poter sfogare la propria creatività.

Avete già pensato al nome da dare al posto?
Bertrand Risé: Ancora no, ci verrà l’ispirazione una volta trovato il luogo giusto. Siamo un bel gruppo, con noi peraltro c’è anche Tobe Planer, consigliere comunale dei Verdi e creativo di natura. E a proposito di creativi ne conosco molti che hanno lasciato l’Alto Adige per andare a vivere all’estero perché hanno la sensazione che il loro talento spesso si perda in un posto non così vasto come questo, e allora ognuno fa i suoi viaggi e smette di crederci perché sente di non avere possibilità. Eppure Merano, con l’Ost West club, è riuscita a coinvolgere una bella fetta di pubblico, se pensiamo che il locale conta più di 1000 membri…

Peraltro con un'offerta multitematica, dalla politica, alla cultura, ad argomenti di carattere sociale.
B.R.: Esatto e anche questo è importante, è tempo che noi altoatesini, notoriamente così divisi sulle solite questioni, iniziamo ad attivare uno scambio reciproco più fitto, sia tra le lingue che fra le culture. E questo prevede anche un coinvolgimento, nel progetto, di tutte le fasce d’età, il centro può diventare infatti un punto di ritrovo dove confrontarsi continuamente, non solo per i giovani ma anche per un settantenne che può venire e realizzare la sua idea insieme agli altri.

"Cerchiamo un posto che ci rappresenti, che abbia ‘carattere’ e una sua riconoscibilità."

Quali opportunità, riguardo ad eventuali strutture, si sono presentate finora?
A.Y.: Stiamo cercando ovunque ma non è semplice trovare un posto adatto. Avevamo trovato qualcosa che poteva fare al caso nostro ai Piani, verso via Macello, la vecchia sede degli alpini di Bolzano, una casetta bellissima con il giardino intorno ma il tetto era rotto e abbiamo poi saputo che verrà demolita.

B.R.: Abbiamo avuto un incontro importante con un funzionario del Comune che ci ha aiutato a individuare in città quegli edifici inutilizzati che potrebbero servire allo scopo. Ultimamente si è profilata l’ipotesi di una struttura dalle parti di via Roma. Siamo inoltre già andati alla IDM, e ci torneremo, l’azienda ha detto che può aiutarci con la ricerca di edifici privati, senz’altro molto belli ma, purtroppo, troppo cari. Il fatto è che cerchiamo un posto che ci rappresenti, che abbia “carattere” e una sua riconoscibilità.

E la zona industriale è presente nel vostro “radar”?
B.R.: Sì, è piena di locali papabili ma vorremmo essere più vicini al centro città per avere un impatto culturale maggiore. L’area intorno al Twenty, però, potrebbe essere un buon compromesso.

Avete già avuto incontri con le istituzioni per presentare la vostra proposta?
B.R.: Abbiamo parlato con l’assessore Philipp Achammer e a lui la nostra idea è piaciuta molto, ora, prima di incontrarci con Caramaschi vorremmo avere già una proposta sul luogo così da poterci avvantaggiare e non arrivare a mani vuote. La cosa migliore sarebbe individuare un posto di proprietà del Comune per poter poi chiedere il via libera del Sindaco.

Vi aspettate un concreto aiuto finanziario dal Comune o dalla Provincia? Anche l’Ost West Club di Merano, come noto, hanno dovuto affrontare problemi economici non indifferenti.
B.R.: Non vogliamo far dipendere il progetto dalla disponibilità economica, noi andremo avanti pur non sapendo ancora su quanti soldi potremo contare. All’inizio ci arrangeremo, contando su tutto il materiale che riusciamo a raccogliere.

Ma il denaro presto o tardi sarà indispensabile per dare continuità al progetto, non credete?
A.Y.: Certo, ma c’è anche da dire una cosa. Se esci per strada e parli con una persona cosiddetta “alternativa” qui a Bolzano, quello che ti dirà è che gli serve solo un posto, ed è questa l’idea che stiamo coltivando da tempo. Se si uniscono tutte quelle persone che hanno capacità e voglia di fare, e ognuno contribuisce, potremmo sicuramente fare molto.

B.R.: Aggiungo che proprio con l’obiettivo di mettere in piedi questo progetto due anni fa abbiamo fondato un’associazione, IKA (Ich kann alles), al motto di “integrazione, creatività, scambio”, poi il nostro lavoro di musicisti ci ha portato un po’ “al largo”, ma ora è venuto di nuovo il momento di metterci di nuovo anima e corpo. E riguardo i finanziamenti vorrei specificare una cosa.

"È un sogno, un’utopia, ma ce la faremo, niente è impossibile."

Prego.
Alcuni di noi già da 8-9 anni organizzano eventi e progetti e non abbiamo mai chiesto un centesimo alla Provincia, ma ce l’abbiamo fatta comunque e questa è già una prova che se ci mettiamo in testa di fare una cosa possiamo riuscire. È chiaro che in questo caso sarà più difficile e che naturalmente speriamo di ricevere un qualche supporto, cosa che probabilmente avverrà perché il concetto di base è buono. In fondo non abbiamo bisogno di molto. Pensiamo a una tessera per i futuri membri a un prezzo simbolico, come i 15 euro che chiede l’Ost West, crediamo che ne varrà la pena perché il programma è molto ampio. È un sogno, un’utopia, ma ce la faremo, niente è impossibile.

Avete parlato di un ampio programma, qualche esempio?
B.R.: L’obiettivo è quello di far incontrare i diversi aspetti della società, pensiamo a discussioni politiche a cui far seguire dei “talk”, a competizioni poetiche, a workshop, alla possibilità di dare spazio agli artisti per dipingere, a mostre, e siamo attrezzati anche per la stampa, possiamo realizzare delle magliette o perché no di un giornale. E poi naturalmente ci sarà la musica.

A.Y.: Naturalmente quest’ultimo sarà un punto molto importante visto che le iniziative musicali attirano sempre molte persone, ma anche eventi culinari. Nel centro, fra l’altro, prevediamo anche un bistrot che proponga cucina naturale e sana. C’è poi un gruppo di ragazzi molto motivati che fanno yoga acrobatico e che vorrebbero partecipare, insomma l’interesse generale è forte.

"Facciamo un appello: chi conosce una struttura disponibile, ma anche chi vuole partecipare al progetto, si faccia avanti."

Un’altra politica culturale è possibile a Bolzano, insomma.
A.Y.: Assolutamente sì. Abbiamo abitato per 4 anni a Londra ma siamo ritornati qui per la nostra musica. Un luogo di aggregazione può servire magari a convincere i creativi, e non solo loro, a restare in Alto Adige, perché è un posto bellissimo che ha molto da offrire. Facciamo quindi un appello: chi conosce una struttura disponibile, ma anche a chi vuole partecipare al progetto, si faccia avanti.

B.R.: E poi va detto che non c’è una grande tradizione di centri sociali a Bolzano, mi viene in mente solo quel centro culturale occupato da alcuni giovani nel 1975, “Der Alltag ist unsere Kultur”, la cui sede si trovava dove oggi c’è il Museion, lì si faceva teatro, giornalismo, musica.

Pensate al capoluogo come a una prima tappa di un percorso più ampio che potrebbe coinvolgere anche altri comuni altoatesini?
B.R.: Qualcosa si sta già muovendo, grazie a giovani come noi con tante idee e pochi soldi [ride]. A Ora e Silandro per esempio stanno nascendo realtà simili a quella che vorremmo creare anche noi a Bolzano. A Bressanone c’è questa proposta di utilizzare come centro culturale il cinema Astra, c’è l’esperienza di Diverkstatt a Brunico. Quello che ci piacerebbe fare, un domani, è di unire tutte queste realtà, di creare una sorta di filo conduttore.

Caramaschi ha puntato, già in campagna elettorale, sulla necessità di riservare ai giovani un degno spazio, si è accennato anche all’areale ferroviario.
B.R.: È una possibilità molto invitante quella dell'areale, ma conoscendo i tempi della politica italiana ci vorranno anni prima che inizino i lavori e noi vogliamo fare qualcosa adesso, per non spegnere questo spirito che ci anima. Sarebbe comunque il massimo, in futuro, poter trasferire lì il nostro centro.

Una delle funzioni del centro non potrebbe forse essere anche quella di “piattaforma d’incontro” per favorire uno scambio culturale e sociale fra i cittadini e gli immigrati presenti sul territorio?
A.Y.: Sì, abbiamo pensato anche a questo e a tal proposito c’è un esempio personale che vorrei condividere. I miei genitori, papà è originario della Costa d’Avorio e mamma è emiliana, si sono conosciuti in un centro culturale nel Mantovano dove una volta alla settimana si suonava musica africana e si cucinava cibo africano, era un momento di convivialità che univa persone del luogo e immigrati, e uno di questi era proprio mio padre. Iniziative del genere riaccendono l’umanità della gente. Nella nostra struttura abbiamo intenzione di organizzare, in questo specifico caso senza il contributo delle associazioni di volontariato, corsi di ballo e musica. Abbiamo già stabilito dei contatti con le persone ospitate all’Hotel Alpi.

B.R.: Con la nostra band, peraltro, in passato siamo già andati a suonare all’Alpi. Uno dei temi a noi cari è il coinvolgimento e l’integrazione, non solo fra “italiani” e “tedeschi” ma anche degli immigrati nella nostra società, e poi chi di loro sarà interessato a fare qualcosa di creativo troverà pane per i suoi denti. Saremo aperti a collaborazioni e a portare avanti progetti anche con Volontarius. Il punto è che ogni persona che si sente esclusa dalla società deve poter trovare posto nel centro culturale che vogliamo realizzare.

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Thomas Kobler Dom, 11/13/2016 - 13:42

Grazie per le bellissime parole e pieno sostegno anche da parte nostra! L'unica cosa che vorrei correggere è che il club est ovest ha ormai quasi superato la quota di 4.000 soci. ;)

Dom, 11/13/2016 - 13:42 Collegamento permanente