Politica | Oltre le polemiche

Un Alto Adige più maturo

Il video di Parodi a Merano e la lettera degli Schützen a Sinner hanno acceso nuove polemiche. Ma oltre lo scontro, le reazioni di molti altoatesini mostrano una maturità crescente, capace di superare vecchie divisioni e letture ideologiche.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Bandiere dell’Italia, dell’Unione Europea e del Südtirol: simboli di una convivenza complessa, stratificata e in continua evoluzione.
Foto: andrea casolari
  • Tra Schmid e Parodi: l’Alto Adige che si evolve e quello che resta indietro

    Negli ultimi giorni due episodi, apparentemente lontanissimi tra loro, hanno riacceso un dibattito che da decenni attraversa l’Alto Adige/Südtirol: la questione dell’identità. Ma non quella identità stanca fatta di stereotipi, risentimenti e rivendicazioni, né quella agitata da chi cerca visibilità o consensi. Parlo dell’identità reale, vissuta, quotidiana, quella che appartiene a chi questa terra la abita da generazioni e la vive in tutte le sue sfumature.

  • La provocazione di Parodi

    Da un lato abbiamo il video dell’influencer Roberto Parodi, che a Merano — durante il WineFestival — ha trasformato la presenza della lingua tedesca in un bersaglio polemico, sostenendo con superficialità e indignazione artificiale che “si parla troppo tedesco”. Un linguaggio aggressivo, accompagnato da affermazioni storicamente infondate. Per chi conosce l’Alto Adige, nulla di nuovo: la solita ignoranza travestita da nazionalismo patriottico, che ignora completamente le radici linguistiche della nostra terra.

    La cosa interessante, però, non è tanto ciò che ha detto Parodi — per quanto grave — ma ciò che ha generato: una reazione spontanea, decisa, diffusa soprattutto fra persone di madrelingua italiana, che hanno difeso con forza il valore del bilinguismo. Non come “imposizione”, ma come parte integrante della loro identità e del loro vivere quotidiano. Questo, per chi conosce la storia recente dell’Alto Adige, è un segnale significativo.

  • La lettera degli Schützen

    Dall’altro lato abbiamo la lettera degli Schützen indirizzata a Jannik Sinner. Anche qui, le prime reazioni mediatiche hanno semplificato tutto, riducendo il gesto a un attacco ingiustificato a un giovane atleta. Ma leggendo davvero il testo di Christoph Schmid emerge una realtà diversa: un tono misurato, un richiamo al rispetto per una memoria storica complessa, un invito a non dimenticare che questa terra porta sulle spalle un equilibrio faticosamente costruito.

    Schmid ricorda un punto spesso ignorato da chi osserva da lontano: il ruolo decisivo dell’Austria nella tutela della popolazione sudtirolese durante i momenti più delicati del Novecento. Una tutela che ha permesso la nascita dell’autonomia che oggi tutti celebrano. È un fatto storico, al di là delle simpatie politiche personali.

  • Il paradosso della destra

    Si può discutere sul contesto in cui questa lettera è stata inviata, si può criticare la scelta del momento. Ma nel merito, il messaggio è ben diverso da quello che la destra nazionalista italiana ha voluto raccontare. Schmid cita persino la Costituzione italiana: un gesto impensabile solo pochi decenni fa, da parte di un comandante degli Schützen. Questo è un segnale di maturità che merita di essere rilevato.

    Ed è proprio in questo quadro che emerge il paradosso politico: oggi la destra nazionalista italiana governa e si presenta come paladina dell’autonomia, ma per decenni l’ha osteggiata, combattuta, ridicolizzata. È la stessa area politica che, non molto tempo fa, proponeva di imporre il tricolore in ogni maso. Sono contraddizioni che meritano di essere ricordate.

  • Chi ha davvero costruito l’autonomia

    In questo contesto, va dato merito ai veri costruttori dell’autonomia: Silvius Magnago, Alcide Berloffa, Giorgio Pasquali, Armando Bertorelle, Giancarlo Bolognini. Figure che hanno creduto nella conciliazione, nella chiusura della vertenza e nella convivenza. Uomini capaci di costruire dialogo e struttura istituzionale quando le tensioni erano altissime.

    Non va dimenticato che anche gli Schützen inizialmente erano feroci oppositori dell’autonomia. Il fatto che oggi scrivano testi in cui richiamano i principi costituzionali italiani è uno dei segnali più forti dell’evoluzione della nostra società.

  • La maturità dal basso

    Ma il punto centrale è un altro: le reazioni della società civile.
    Dopo il video di Parodi, sono state le persone di madrelingua italiana a difendere il tedesco.
    Dopo la lettera degli Schützen, sono state le persone di madrelingua tedesca a difendere Sinner.

    Questo incrocio — questo incastro — è la vera notizia.
    È il segno che la società è più avanti delle sue tradizionali divisioni linguistiche.

    E lo è nonostante i recenti errori politici. Non molto tempo fa abbiamo visto la sindaca Zeller togliersi la fascia tricolore proprio nel momento del suo insediamento, gesto che ha riaperto ferite e alimentato polemiche. Un episodio che dimostra quanto sia facile cadere in simbolismi divisivi, e quanto la politica, a volte, faccia fatica a rappresentare ciò che la società già vive con naturalezza.

  • La Convivenza, un percorso in evoluzione

    Eppure, proprio in questi giorni, osservando le reazioni ai casi Parodi e Schmid, emerge un dato incoraggiante: la comunità è più matura della politica. Non c’è stata la trappola del “noi contro loro”, né la solita dinamica di fronti contrapposti. C’è stata lucidità, equilibrio, consapevolezza.

    Questo non significa che viviamo in un’armonia perfetta. La convivenza resta un percorso delicato, fragile, esposto a strumentalizzazioni e provocazioni. Le insidie esistono, e il cammino è ancora lungo.

    Ma un passo avanti è stato fatto. Ed è un passo che merita di essere visto, riconosciuto e accompagnato.

    È per questo che scrivo.
    Perché in mezzo alle provocazioni, agli errori e ai malintesi, si intravede un movimento che va nella direzione giusta: una maturità collettiva che cresce, lentamente ma con forza.
    E che, se coltivata, potrà diventare la vera ricchezza del futuro dell’Alto Adige.