“La lezione di Milano”
“Paese” che vai, “usanza” che trovi. Un vecchio adagio che bene si adatta al tentativo di mettere a confronto due circostanze affini e due risoluzioni evidentemente dissimili. I fatti: il consiglio comunale di Milano ha appena bocciato la delibera per il recupero delle aree degli antichi scali ferroviari cittadini. Il provvedimento che già lo scorso 3 dicembre non era passato per mancanza del quorum, è stato respinto in seconda battuta con 23 voti contrari (hanno votato no anche alcuni esponenti della maggioranza) contro 21 a favore. Il sindaco Giuliano Pisapia ha minimizzato dicendo che si è trattato solo di “un incidente di percorso”, peccato però che la delibera sugli scali era fra le più attese nel capoluogo lombardo, un progetto di riqualificazione per milioni di metri cubi di territorio urbano abbandonati a loro stessi, “il più importante intervento di rigenerazione urbana in Italia”, a dirla con l’assessore all’Urbanistica, Alessandro Balducci. La delibera dovrà essere approvata entro 30 giorni dalla firma dell’accordo di programma tra Comune, Regione e Ferrovie dello Stato; c’è tempo fino al 18 dicembre. Una missione apparentemente impossibile se davvero il documento dovrà essere riscritto (ma si potrebbe anche riproporlo con qualche variazione oppure rimandarlo, lo decideranno i tecnici).
Insomma quasi un déjà-vu se non fosse che a Bolzano la rinuncia programmatica ai colpi di scena non è - come insegna la storia recente - contemplabile. Con un piede sull’uscio del municipio, lo ricordiamo, il sindaco Luigi Spagnolli (si dimise il 24 settembre scorso) firmò precipitosamente il decreto che riattivava la conferenza dei servizi sul progetto Benko e dunque facendo ripartire la girandola. A Milano, al contrario, se il consiglio comunale entro la data indicata non approverà l’accordo di programma, questo decadrà. “Non penso che i giuristi del comune di Milano siano meno efficienti dei nostri, ma forse sono meno creativi”, ha ironizzato il coordinatore provinciale di Sel Guido Margheri che a fine settembre presentò un esposto in Procura contro la riapertura del Pru sulla questione Benko. “Persino l’articolo 55 quinquies, per quanto discutibile dal punto dei vista dei contenuti, sostiene che il consiglio comunale deve ratificare la delibera entro 30 giorni pena la decadenza dell’accordo di programma, una formulazione chiara che in altre parti d’Italia, e Milano non è certamente una città di serie B, viene rispettata a differenza di quanto successo a Bolzano”.
L’alfiere di Sel ricorda che nei giorni di interregno post-Spagnolli aveva inviato al commissario provvisorio Francesca De Carlini una memoria sottolineando che sarebbe stato opportuno, oltre ai due pareri giuridici richiesti sulla questione del Pru di via Alto Adige, domandare “un’interpretazione autentica della legge da parte del consiglio provinciale”, riferisce Margheri che aggiunge: “eppure tutto ancora tace”. La vicenda milanese “la cui normativa era sempre presa a modello dalla giunta Spagnolli per giustificare la cosiddetta Lex Benko, un’affermazione priva di senso allora e ancor di più oggi alla luce di quanto accaduto nel capoluogo lombardo”, resta indicativa in quanto stabilisce che su questioni urbanistiche o patrimoniali il consiglio comunale ha di fatto l’ultima parola. “Pisapia non ha deciso in maniera monocratica di riproporre la delibera e in questo senso il caso di Milano - conferma Margheri - rappresenta un punto di riferimento e getta quantomeno ulteriori punti interrogativi sulle anomalie presenti nell’iter che ha seguito il progetto del magnate austriaco”.
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