Oltre il limite
E’ una storia di limiti spezzati, perversioni, violenza e mancanza di pietà. La cronaca è nota: il 5 Maggio, alla periferia di Firenze, è stato ritrovato senza vita e legato ad un palo il corpo nudo e seviziato di Andreea Cristina Zamfir, morta per emorragia dovuta a lesioni interne. La donna, di 26 anni, avrebbe avuto problemi di tossicodipendenza e, per far fronte a difficoltà economiche, di tanto in tanto si prostituiva in strada. Praticamente una “Otr” (on the road) occasionale, come viene ‘recensita’ su un forum on line dove, in Italia, 109mila utenti si scambiano informazioni sulle prostitute: città, servizi, prestazioni, durata e prezzo.
Il colpevole è stato velocemente individuato, anche grazie ad informazioni fornite da altre prostitute che si erano imbattute nell’uomo, compresa un denuncia di un anno fa per una violenza dai connotati simili. Si tratta di Riccardo Viti, idraulico di 55 anni, che ha subito confessato: in un interrogatorio di sette ore ha permesso alla polizia di ricostruire la misera vicenda. Inoltre il suo profilo genetico coincide sia con il DNA ritrovato sul luogo dell’omicidio che con quello di casi analoghi (si tratterebbe di altri sei). Nella sua abitazione sono stati anche ritrovati il nastro adesivo e i manici di scopa che l’uomo avrebbe utilizzato durante questi “incontri a pagamento”.
Le tristi considerazioni che la storia già mi aveva provocato si sono sensibilmente approfondite dopo aver letto le parole del blogger Malvino. Premetto che stimo molto Malvino, lo leggo spesso e nella maggior parte dei casi condivido quello che pensa e scrive. Anche quando non sono pienamente d’accordo con lui, anche le volte in cui, finendo di leggere, penso “Però forse non è proprio tutto tutto tutto così…”, ci passo sopra sorridendo, sorvolando, in virtù di quell’acume luminoso, di quell’intuito tagliente e brillante che è impossibile non riconoscergli.
Tuttavia, in questo caso, ho provato una vera e propria lontananza dalla sua lettura e alcune sue espressioni, come “banale omicidio colposo” e “non si è macchiato d’altra colpa che l’essere andato un po’ più in là della prestazione pattuita, peraltro solo in due o tre occasioni”, mi hanno persino disturbata e infastidita.
Infatti, nonostante condivida il disgusto e il disappunto per l’eventuale sciacallaggio e il linciaggio mediatico che potrebbe derivarne, mi pare pericoloso, oltre che ingiusto, far passare tutta la vicenda come “un infortunio incorso durante un setting di extreme” tra persone consenzienti.
Sia chiaro: non voglio lapidazioni pubbliche e non auspico nessun accanimento contro un uomo che sarà giudicato e condannato nei luoghi adatti e da persone senza dubbio più competenti della sottoscritta. E, peraltro, quella famosa humana pietas, che si nutre di partecipazione sincera e di reminiscenze liceali, mi impedisce la furia contro le debolezze umane, anche quando si tratta – come in questo caso – di miseria e di violenza.
Tuttavia, no. Non si “si tratta di un poveretto al quale è andato storto il giochino, causando la morte di una poveretta”. E l’utilizzo di espressioni “gergali” come bondage e insertion non edulcorano né rendono meno brutale una realtà fatta di manici di scopa e di lacerazioni.
Credo che il punto non sia nemmeno quanto fosse consapevole e consenziente la donna quando liberamente è salita nella macchina dell’uomo (non penso si possa essere sicuri che Andreea Cristina Zamfir fosse del tutto a conoscenza dei ‘desideri’ sessuali di Viti e di quello che avrebbe dovuto subire).Il punto, da tenere bene fermo, è il limite. Il limite massimo e invalicabile entro cui rimanere quando si è deciso di sfidare, superare e spostare il limite personale del proprio piacere. Il limite oltre il limite.
Sono pienamente cosciente delle dinamiche talvolta perverse che, alcune volte, può assumere il piacere, di quei desideri sessuali che pescano e si alimentano in zone inconfessabili e torbide. Non farò certo la carrellata di quelle che vengono definite parafilie e che hanno a che fare con ciò che è proibito, violento, sporco. A volte con la giovane età e a volte con corpi da comprare.
Ma c’è differenza tra il ‘desiderare’ e il ‘fare’. E se si rivendica il diritto di ‘fare’ e, con coscienza, superare quello che viene socialmente considerato un limite, allora diviene necessario tracciare il confine massimo. Drammaticamente necessario quando questo ‘gioco al rialzo’ coinvolge altre persone.
E questo confine si fa troppo pericoloso e labile quando la libertà di queste altre persone è così chiaramente condizionata da bisogni estremi come tossicodipendenze e indigenza economica. Talmente pericoloso che spesso si chiama sopruso e sopraffazione.
Si fa, come in questo caso, violenza impietosa e disumana. Una violenza senza freno che ha condotto alla morte.
Il bellissimo libro "Uomini
Il bellissimo libro "Uomini che pagano le donne" di Giorgia Serughetti, per la prima volta in Italia, indaga la maggioranza cosiddetta "per bene" degli uomini che pagano una minoranza, cosiddetta "per male" di donne, da sempre indagata.
Tutti a chiedersi perchè una donna sceglie di prostituirsi, nessuno a chiedersi perchè un uomo sceglie di pagare. O pochi a chiederselo.
Il legame tra denaro, potere, potenza e impotenza, è ben esplorato in questo libro, che approfondisce un altro tema. La "libera scelta" di prostituirsi.
Nessun giudizio, ognuna faccia del suo corpo ciò che ritiene più opportuno, ma non dimentichiamo mai di analizzare le condizioni e i contesti che formano la base su cui scegliere cosa fare.
Si sceglie veramente di arrivare al limite oltre al limite? Si sceglie veramente la tossicodipendenza? Scegliamo veramente ciò che facciamo nella nostra vita? Oppure contesti, situazioni, condizioni ci portano a decidere o a non decidere di fare o non fare, senza propriamente scegliere?
Resta il fatto che nella maggior parte degli articoli passa il solito messaggio, prostituta e tossico dipendente. Ergo "se l'è cercata" e questo a me disturba parecchio. Il focus è sempre sulla cosiddetta minoranza "per male"...
In risposta a Il bellissimo libro "Uomini di Nadia Mazzardis
Il problema sta d'un lato
Il problema sta d'un lato nella nostra società perbenista dove il tema della prostituzione rimane un tabù e guai ad essere favorevoli. Dall'altro nello Stato che continua a non essere presente, quando invece le cose potrebbero benissimo andare così http://www.corriere.it/cronache/14_maggio_12/mia-vita-segreta-frontalie… anche da noi.