Ambasciatori scrittori: una storia di famiglia

Maurizio Serra è già al lavoro ancora prima di presentare il suo atteso "Italo Svevo o l'antivita" al pubblico francese per le edizioni Grasset. Questa volta si gioca in casa con l'esplorazione poco battuta dei diplomatici che si sono versati nella vita di scrittori, o che almeno ci hanno provato. Noi possiamo indicare qualche sentiero di lettura già percorso, nella disordinata peregrinazione di due professioni che spesso hanno incrociato i loro destini. Ne nasce qualche suggestione che parte da esempi illustri come quelli di Alberto Pisani Dossi, oppure per citare un amico più vicino, il Sergio Romano impeccabile ambasciatore ma altrettanto eminente come storico e editorialista, sia per efficacia che per chiarezza espressiva.
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Glovo
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Chi ha letto "Confessioni di un conservatore" di Sergio Romano non può che essere rimasto colpito dalla schiettezza del ricordo storico e professionale che causò le dimissioni dell'ambasciatore (il contrasto insanabile con De Mita...) e che si trasformò di lì a poco in uno degli storici e degli editorialisti più puntuali e attendibili di cui disponiamo. L'esempio è emblematico per sottolineare un esempio felice di scrittura che si rivela pubblica durante una vita e non alla fine di essa, quando memorie, ricordi e rievocazioni segnano spesso l'esistenza di feluche più o meno significative. Eppure esempi degni di nota non sono mancati. Nobile e augusto quello di Alberto Pisani Dossi che fu davvero uno scrittore di primo rango (si leggano le "Note azzurre" ma non si tralascino lungo la linea lombarda che va da Manzoni a Gadda, le note auree di "L'altrieri" e "Desinenza in A"), oltre che un servitore dello Stato. Incisa di Camerana, Luigi Bolla ("Perché Salò" è un libro molto importante per capire il declino irreversibile del fascismo), Bova Scoppa, Brosio, Carandini, Ducci, Guariglia, Luciolli, Mazzolini, Ortona (i suoi diari americani pubblicati dal Mulino rivestono una freschezza di lettura rara), Taliani, Quaroni ( una delle figure più versatili e efficienti della nostra diplomazia anche sotto il profilo letterario), Paolo Vita-Finzi (esempio emblematico di scrittore prestato alla diplomazia verrebbe da dire, vista la pregnanza e la levità dei suoi scritti, ricordo un diario persiano-georgiano di eccellente fattura, oltre a altri scritti che furono lodati dal grande storico Delio Cantimori), sono i primi esempi che vengono alla mente. Poi c'è Pietro Gerbore, un ambasciatore monarchico che molla tutto quando il re fugge in esilio e si inventa poco dopo fluviale giornalista e scrittore per un Longanesi che lo temeva per il suo imbarazzante sapere, tanto da definirlo "pesce grosso", un complimento raro del grande Leopoldo, perito su un divanetto dopo un focoso amplesso con una rubacuori qualsiasi. Eppure altri nomi rimbalzano nella nostra mente: Bernardo Attolico, Zaccaria Oberti, Crespi, Pirelli, Schanzer, Volpi, non tutti ambasciatori ma alle prese con il commercio umano e le proprie ragioni, in qualche modo redicontate. Felice Guarnieri ci ha dato "Battaglie economiche fra le due guerre" che è uno spaccato di natura ministeriale vivo e agile per capire i flussi commerciali di quel periodo, delicato ma non troppo. Certo poi c'è il padre di Maurizio Enrico Serra, Enrico Serra, che ha scritto un pregevole "La diplomazia", dove si capisce che cultura e diplomazia sono parenti stretti nei casi più eminenti come il suo, con un figlio che si può tranquillamente considerare come uno dei maggiori saggisti europei (consultare la bibliografia ma soprattutto leggere e studiare...). Maurizio Serra ha curato tra l'altro anche le memorie di Harold Nicholson e di André Francois-Poncet, oltre che a segnalarci la qualità leggiadra di una altro ambasciatore- scrittore d'eccezione, quel Varè che come sempre accade è quasi straniero in patria e rinomato nelle lande anglosassoni. Solo percorrendo qualche sentiero, tra quelli accennati, è possibile compiere qualche scoperta ulteriore... il piacere della lettura.