Cena al buio con Abilnova
Dopo un paio d'ore la sensazione è quella di avere una memoria più forte, una maggiore attenzione ai suoni, quasi il coraggio di alzarsi e provare a camminare nell'ignoto. La quotidianità per ciechi ed ipovedenti, che mostrano una qualità che spesso dimentichiamo: fidarsi dell'altro. La "cena al buio" è un'esperienza che molti cercano di vivere, attratti dalla curiosità di una situazione non comune. Hanno prenotato in tanti le cene nella sala di Abilnova in via Malvasia a Trento, vicino al centro città. Uscendo dalla stazione di Trenitalia ci si arriva semplicemente seguendo i "binari" sul marciapiede segnalati per facilitare chi si orienta col bastone.
Abilnova è nata nel 2008 ed è una cooperativa che mette assieme alcune esperienze cooperative e societarie di sostegno alle disabilità visive e uditive, fra dipendenti e collaboratori il personale a fine 2021 arrivava a 170 unità. Appuntamento alle 19.45 con gli amici all'ingresso della struttura, niente fonti luminose e smartphone in guardaroba. Abbiamo un cameriere dedicato, Giuseppe, che dopo un po' ci guida nella sala. Mano nella mano altrimenti ci si perde. Tavolo da 6 persone. Non ho particolare paura, sono conscio che dovrò essere più bravo con altri sensi e sicuramente farò qualche figura di palta. I ragazzi ciechi ed ipovedenti che mangiano con noi ci raccomandano di tenere il volume della voce basso, altrimenti è difficile orientarsi. Il cameriere mi mette la mano sulla mia sedia e cerco di capire cosa ho davanti. Non c'è la forchetta per il dolce, magari l'ho spostata accidentalmente. Per versare l'acqua conviene farlo con un dito nel bicchiere, ma immagino che si possa fare anche senza con un po' di esercizio.
Si mangia un menù da 4 portate e a fine piatto la sfida è quella di capire cosa si è mangiato. Qualche ardito al tavolo prova a usare anche il coltello, ma quello oggi lo lasciamo riposare. La forchetta va a vuoto qualche volta, ci si aiuta con pane e dita. L'antipasto si lascia indovinare abbastanza: formaggio Casolet, dadi di Schüttelbrot, prosciutto, salsa di yogurt. Arriva anche il vino al tavolo, la bottiglia sembra cadere ma il cameriere la recupera con un movimento felino. Dalla serata emerge speranza e positività sugli sviluppi della tecnologia: la digitalizzazione del parlato, il "voice over" che interpreta ciò che passa sullo schermo, gli assistenti digitali. Chi non ci vede non ha solo come prospettiva quella di fare il centralinista, ma se l'organizzazione del lavoro si rende più inclusiva ed efficiente ci sono spazi in molti ambiti.
Ragazzi e ragazze ciechi ed ipovedenti rispondono alle domande e curiosità fra un piatto e l'altro. Il primo elemento a risultare chiaro è l'ostacolo psicologico: la disabilità visiva va accettata e non è la cosa più facile del mondo. Se il cieco è facilmente riconoscibile, perchè spesso ha il bastone e/o il cane guida, l'essere ipovedenti apre invece un universo di diverse sfumature. Una ragazza è albina e riesce a muoversi meglio nella semioscurità. Poi scherza dicendo che riesce a vedere da poche decine di metri il numero del bus, ma magari rischia di andare con la testa contro il palo. I pericoli maggiori infatti sono quelli ad altezza d'uomo o dall'alto. Il Braille ha ancora una sua utilità, soprattutto per imparare le lingue che non si leggono come si scrivono, come per esempio l'inglese. Ed un cieco/ipovedente può vivere da solo, anche se ognitanto le necessità possono creare dei litigi fra fidanzati. "Mi arrabbio con il mio fidanzato - ci spiega una ragazza - quando sistema i prodotti della spesa, perchè poi non trovo più niente".
Il primo è un risotto con radicchio, gorgonzola e noci. Abbiamo finito alcune bottiglie d'acqua senza fare danni ed i piatti probabilmente siamo riusciti a renderli lucidi anche al buio. In alcuni aeroporti stanno togliendo gli annunci sonori per garantire maggiore relax ai viaggiatori, ma questa non è una discriminazione per chi non ci vede? La risposta a questa domanda introduce il tema fondamentale della fiducia, perchè per viaggiare con aerei e treni chi non ci vede ha a disposizione un assistente, che viene allertato con preavviso.
Sul secondo, se ci avessero cucinato una bistecca saremmo stati in difficoltà. Ma cavolfiori, patate tonde arrostite e cubi di brasato sono passati senza troppe difficoltà. In un tavolo vicino qualche danno l'hanno fatto ed è affascinante notare come un po' alla volta si ha un'idea spaziale dei suoni. E ci si immagina cosa stia succedendo. Una skill che possiamo chiamare "Tutto il calcio minuto per minuto", costruirsi le immagini dai suoni come per una delle trasmissioni più iconiche della radiofonia italiana. Nel dolce sembra esserci della farina di grano saraceno, invece è farina di nocciole. Non sembra, ma sono passate quasi tre ore. Usciamo dalla sala buia sempre in fila indiana e la stretta linea di luce sotto la porta sembra un neon per la sua luminosità. Il ritorno alla luce dà un po' di spaesamento, ma l'esperienza ha dato grande soddisfazione.